domenica 29 novembre 2009
QUATTRO VETRINE? E CHI SE NE FOTTE!
sabato 28 novembre 2009
CODA DI PAGLIA, TESTA DI PIOVRA...
Mafia: Berlusconi non è indagato, titolano i giornali. La procura di Firenze non ha iscritto nel registro degli indagati il premier Silvio Berlusconi. Ma è una notizia questa? Non so, potremmo allora dire che a Rovigo non è piovuto, che nel cantiere di Lerici della ditta Sbalughetti Ugo non è caduto alcun muratore da un’impalcatura. O che ne so: che l’A1 non ha lavori all’altezza di Barberino, che Cristo è morto dal freddo... E si potrebbe continuare. Vi rendete conto come siamo ridotti? È una notizia dire che il nostro presidente del consiglio, quello che ci governa, non è indagato per mafia!!! Beh, sono contento: anch’io non ho i carabinieri sotto casa. Forse. Per come sta diventando l’Italia...
Però è una notizia anche: la Lega vuole ridurre la cassa integrazione agli immigrati. Perché? Perché prima vengono gli italiani. Magari mafiosi, con la pensione d’invalidità falsa da decenni, o teste di cazzo razzisti come quelli della giunta di Coccaglio, come i leghisti in generale. Ai più coglioni di loro spetta la cassa integrazione normale. Gli altri, ora che sono al governo e nelle amministrazioni del nord spetta molto di più. Ma torniamo a Berlusconi. Le sue dichiarazioni sembrano uscite dall’ufficio stampa di “cosa nostra”: “Strozzerei chi fa libri e film come la Piovra” (sic!). Perché? Perché guastano l’immagine dell’Italia. E beh, certo, ha ragione: l’immagine è più importante. Poi c’è chi guasta proprio l’Italia, con stragi, assassinii, bambini sciolti nell’acido, estorsioni, supersfruttamento criminale per le griffe alla moda, droga, tratta esseri umani... Ma basta nascondere tutto sotto il tappeto e l’immagine è salva. Non sarà perché, tutto sommato, un boss mafioso, tal Graviano FORSE, sottolineo FORSE... ha messo un po’ di soldini in Fininvest? E si torna all’inchiesta. Ma Bruto è uomo d’onore, ma Berlusconi non è indagato... E poi lo stesso Graviano, evidentemente “uomo d’onore” per Il Giornale del presidente (d’onore? Non dice il falso!), ha smentito.
Insomma, siamo alla farsa. Peccato che sia sulla pelle dei cittadini. Peccato che sia un attacco ai fondamenti della democrazia, delle sue istituzioni, come la legge sullo scudo fiscale che legalizza i capitali della criminalità organizzata, come la vendita dei beni sequestrati ai mafiosi, che solo chi ha grandi liquidità come i mafiosi può acquistare, come il processo breve che lascia migliaia di cittadini senza giustizia.
Sembra un disegno precostituito: ti faccio saltare in aria i giudici antimafia per farti capire che si può trattare per convivere e fare affari insieme. E poi ti attacco qualsiasi cosa che denuncia la mafia, con la scusa che rovina l’immagine del bel paese. E se la magisratura fa il suo dovere? È eversiva! Questo è un passaggio su cui fare attenzione. Non è una cosa detta a caso. Il portavoce del PdL Capezzone, quel venduto, lo sostiene insinuando che ci siano toghe comuniste all’attacco del premier. Stanno preparando il terreno per rispondere, questo sì, in modo eversivo e totalitario, a una probabile istruttoria su Berlusconi, alla giusta indignazione di piazza. Berlusconi non è Craxi e ha imparato la lezione. Vi lascio immaginare come risponderà al lancio di monetine. Sempre metallo sarà...
domenica 22 novembre 2009
IL FASCISMO IN PUBBLICITA'
Vorrei inaugurare in questa sede una sorta di rubrica sulla comunicazione. E inizio con la pubblicità. Il titolo può sembrare forte, e in effetti è un po’ una forzatura, perché il fascismo è un fenomeno storico ben definito epocalemente e per le sue caratteristiche ideologico-politiche.
Parlerò quindi di fascismo inteso come estensione culturale in senso lato, per valori e per estetica del “ventennio”. In una fase della vita politica del nostro paese, in cui si vanno affermando più che valori, disvalori, in tempi di sdoganamento dell’esperienza fascista, di equiparazione per esempio tra Repubblica Sociale Italiana e Resistenza, il ruolo degli operatori della comunicazione non è esente da queste influenze culturali di fondo. Purtroppo, devo dirlo, la pubblicità è un insieme di pratiche che agisce nell’immaginario collettivo riducendo questioni profonde a linguaggi e messaggi di superficie. Registra le tendenze etico-morali, gli stili, i comportamenti sociali utili per la persuasione e la vendita e li amplifica acriticamente.
Detto questo, vorrei prendere due spot in particolare, che stanno andando in Tv in queste ultime settimane: TIM della Leo Burnett con De Sica e la Belen Rodriguez e lo spot Campari di D’Adda, Lorenzini, Vigorelli, Bbdo.
Il primo, quello della TIM, è portatore di una carica violenta e discriminatoria: Cristian De Sica che fa il butta fuori, fa passare gli accreditati in gessato e scaraventa via un “diverso”, migherlino con camicietta a fiori stile anni ‘70 (notare come sia importante il contrasto tra i look differenti), intento a ballare alla “Provaci ancora Sam” di Woody Allen. La meta-narrazione è descrittiva di una scontatezza comportamentale nelle discoteche e nei party, che dividono con arroganza un mondo di eletti dalla massa. Non solo: tutto quello che non è image correct deve restare fuori da un contesto socio-culturale normato. Più estensivamente questa è la logica “a gironi” che pervade la società italiana odierna. Con binomi idiosincratici affermati costantemente dai media: immigrato/italiano, etero/omosessuale, vip/nullità e così via. Questa rappresentazione del mondo ha una forte carica fascista perché basata sull’esclusione violenta delle diversità. È uno degli aspetti costitutivi della gestione dei conflitti sociali e interpersonali. La gravità dell’operazione in questo tipo di pubblicità risiede nel fatto che la pubblicità stessa ha una duplice funzione sociale: confermativa di valori ed emulativa nei comportamenti.
Il secondo, lo spot Campari, rappresenta un’operazione squisitamente estetica sul “ventennio” attraverso la ripresa di uno stilema musicale in voga in quegli anni, che è inequivocabile. Poco conta il fatto che Campari abbia uno storico che attraversa più epoche, anche come fatto culturale, e quindi anche l’epoca fascista. La rievocazione è forte e voluta, soprattutto notando il contrasto con il contesto scenografico, di piena contemporaneità.
Tutte queste non sono operazioni che nascono per caso. I pubblicitari “fiutano l’aria” e si adeguano. Ovviamente, lungi da me l’associare l’identità politica dei creatori di queste adv dai loro prodotti. C’è da scommeterci che se, ragionando per paradosso, avremo in Italia un nuovo ’68, De Sica un po’ fricchettone porterà Belen a un rave pieno di figli dei fiori. Del resto la pubblicità ha sempre legato il somaro dove vuole il “padrone”, ossia: i valori dominanti del momento.
sabato 21 novembre 2009
STRONZI
giovedì 19 novembre 2009
NO ALL’ESTRADIZIONE DI CESARE BATTISTI
Nei post precedenti le mie posizioni sul terrorismo sono molto chiare. È un fenomeno criminale che va perseguito secondo le leggi dello stato di diritto.
Ma l’affaire di Cesare Battisti è un po’ diverso. Dobbiamo tornare indietro nel tempo, fino agli anni ’70. Le nuove generazioni non possono saperlo, ma in quegli anni checché ne dicano anche personaggi che dovrebbero essere garantisti e non lo sono mai stati (vedi i D’Alema, gli ex-PCI), lo Stato attaccò la lotta armata delle organizzazioni di estrema sinistra con provvedimenti emergenziali che violarono lo stato di diritto. Le nuove generazioni non sanno delle torture che subirono esponenti dell’autonomia milanese, i compagni della Barona, sigarette spente sulla pelle, testicoli schiacciati nei cassetti delle scrivanie. Con medici e magistrati “di sinistra” compiacenti (su questi ultimi meglio non fare nomi). E che dire delle torture ai bierre carcerieri di Dozier, all’acqua e sale, ai timpani rotti e alle finte esecuzioni a Cesare Di Lenardo? E alle esecuzioni sommarie, come l’irruzione a Genova nella base bierre di via Fracchia? E sono solo alcuni esempi del florilegio di azioni sporche che le forze dell’ordine misero in essere contro il terrorismo brigatista e la galassia del movimento antagonista. Un clima di caccia alle streghe, anni di carcerazione preventiva, arresti di massa, tanta gente finita dentro e non c’entrava un cazzo. Era comunista rivoluzionaria, antagonista e questo bastava.
Fu in quegli anni di terrorismo di stato, che ricordiamo era accompagnato da fatti oscuri come la strategia della tensione, delle bombe dei servizi deviati e dei fascisti nelle piazze e sui treni, in cui si inaugurò il pentitismo, che prende corpo la vicenda di Cesare Battisti. Allora bastava che un pentito, magari per avere ulteriori sconti sulla pena, ti indicasse, ed eri fatto. Se poi c’entravi qualcosa, ti davano tutto. Con il concorso morale davano secoli di carcere per omicidio a imputati colpevoli di semplice associazione sovversiva o banda armata o di reati minori. Trattamenti così non li ha mai avuti certo la mafia o la camorra. Per loro lo stato di diritto è un orologio svizzero. Per il PCI di allora tutto questo era normalità.
Rimando i dettagli del caso Battisti a www.carmillaonline.com, in cui esiste un dossier ben eloquente sul caso. Io posso solo dire che Battisti non ha avuto processi equi perché contumace e quindi nell’impossibilità di difendersi. Che è stato incriminato di omicidi avvenuti contemporanemente a centinaia di km di distanza, che è stato condannato sulla parola di pentiti inattendibili e personaggi allora minorenni e psicolabili.
Ma soprattutto che ci sono personaggi ben vicini a gruppi che orchestravano omicidi e stragi, però a destra, che oggi siedono sui banchi del Parlamento e stanno in questo Governo. Chi vuole intendere, intenda.
Io dico che Cesare Battisti ha pagato abbastanza per le sue scellerate scelte giovanili. Anni di fuga, nascondigli, polizia dietro al culo, calunnie, isterie forcaiole. Certamente non deve pagare per cose che non ha commesso. Certamente non deve essere il capro espiatorio di un delirio collettivo, di una ritrovata ignobile pseudo-unità nazionale basata sul consenso acritico a questa casta di parassiti. Ci parlino un po’ della strage del 2 agosto, di Ustica, di Piazza Fontana che vede i parenti delle vittime risarcire lo Stato!!! Ci parlino un po’ dei segreti di Stato. Battisti non deve essere estradato.
mercoledì 18 novembre 2009
MERDY CHRISTMAS.
domenica 15 novembre 2009
A VOLTE RITORNANO
sabato 14 novembre 2009
NEL TROIAIO ITALIA, DEVE NASCERE LA NUOVA RESISTENZA TRASVERSALE
giovedì 12 novembre 2009
EMBE'? LA CRIMINALITA' SPUDORATA DEL REGIME
martedì 10 novembre 2009
IO VOGLIO CREDERE
lunedì 9 novembre 2009
ANNIVERSARIO
Oggi è l’anniversario della caduta del Muro di Berlino. Non c’è dubbio che il “socialismo reale” abbia rappresentato nel secolo scorso un sistema politico e sociale totalitario, basato sull’oppressione e sulla repressione di qualsiasi forma di dissenso.
Non c’è altrettanto dubbio che una grande parte delle forze politiche comuniste sino ad allora non si sia resa conto o non abbia voluto vedere quanto accadeva al di là di quel muro. E se oggi assistiamo a una cancellazione dalla vita politica in molti paesi (non ultimo l’Italia) delle soggettività che si richiamano agli ideali del comunismo, ciò è dovuto a questo buco nero nella storia del movimento comunista, con il quale non si è saputo fare i conti.
C’è un’incapacità tutt’ora perdurante, da parte dei comunisti, di fare i conti con la loro stessa storia. Che è la storia della sinistra in Italia, che aveva il più grande partito comunista dell’Europa Occidentale.
Poco serve chiamasi fuori nel nome di un mai realizzato “comunismo eretico”, operaista, o di quello di derivazione “quartinternazionalista”, solo per fare alcuni esempi di soggettività politiche “altre” dal mainsteam storico del PCI. La responsabilità è collettiva e la riflessione deve andare sul perché un processo rivoluzionario che punta a una reale democrazia economica e sociale, involve poi in forme di dittatura di pochi sulle moltitudini.
Io faccio molto fatica a definirmi comunista. Perché al di là di anacronistiche nolstalgie, non vedo una progettualità epocale che vada al di là di quella classica, basata sulla “dittatura del proletariato”. Rifondazione in primis. Puro resistenzialismo ammantato da vecchie icone.
Cosa sono io oggi? Cosa sono io nel pensare a un cambiamento epocale che porti i cittadini della comunità-mondo a riappropriarsi del bene comune oggi rapinato dai poteri forti del capitale finanziario? Nel non rinunciare a progettare una società dove vige la forma più alta di libertà e democrazia, basata sull’abolizione delle classi sociali e di un sistema iniquo di appropriazione del lavoro altrui, del tempo, delle vite, delle risorse?
Non sono interrogativi facili. La definizione di “comunista” mi serve a poco o a nulla. Perché comunque i miei riferimenti di cittadino che riconosce la Costituzione e lo Stato risiedono in un ambito più vasto ideologicamente e che hanno una genesi ben precisa: la Resistenza al nazi-fascismo e la nascita della Repubblica Italiana. I miei padri sono Parri, Calamandrei, Terracini. Posso fare dei distinguo ideologici, come uomo di sinistra, posso ancora oggi interpretare in chiave socialista una Costituzione che ha una sua attualità di fondo e che ritengo sia tra le migliori sul pianeta. Ma senza progettazione, senza politica seria, senza unità delle sinistre, non mi piace etichettarmi come comunista. Non sono disposto a sacrificare questo processo unitario, oggi sempre più doveroso, sull’altare di un leninismo di maniera e residuale. Voglio costruire altro. Perché sono convinto che gli stessi problemi che nella quotidianeità sto vivendo io, li vivano lavoratori salariati e stipendiati, precari, disoccupati, donne, trans, gay, migranti, piccoli imprenditori e lavoratori autonomi. In una parola: CITTADINI.
Ecco, il mio spazio è quello del “citoyen”. La Rivoluzione d’Ottobre non mi dice nulla senza quella francese. In un paese che sta incancrenendo le istituzioni, dove i cittadini sono sempre più sudditi, dove esiste un muro, invisibile “grazie” a milioni di tubi catodici, la nuova Resistenza non può avere ristretti connotati ideologici.
Ma non è un caso che io abbia detto: faccio fatica a essere comunista. Fatica, sì, ma lo sono. Se essere comunisti fosse pensare che la dittatura del proletariato sia la strada giusta, e all’ordine del giorno, non sarei comunista. Perché lo Stato non è un’entità che sta dalla parte delle classi dominanti per definizione. Certo, in buona parte è espressione del dominio del capitale finanziario e monopolista sulle altri classi sociali. Ma è anche qualcosa di più complesso. Soprattutto è un terreno che per Costituzione abbiamo la possibilità di conquistare attraverso il voto, con la partecipazione nelle istituzioni. Il che non è in inconciliabile contraddizione con la lotta di classe. Ne è un momento. Ne deve essere un momento.
Oggi sovversivo è chi attacca la Costituzione cartacea e sostanziale del paese. Sono i potentati che col signoraggio e il loro sistema di potere negano l’esercizio della democrazia economica, sancita dal’art. 41 della nostra carta costituzionale. È l’autoritarismo di Berlusconi e soci, la violazione di tre diritti fondamentali: alla vita, alla difesa e alle ispezioni in luogo carcerario da parte di un eletto dal popolo che ne ha facoltà, esercitata da corpi corrotti e fascisti dello Stato.
Io, comunista, purtroppo senza progetto, ma con un’utopia che mi scalda il cuore, non sono sovversivo. Valorizzo la storia del mio paese, le sue istituzioni. Perché queste appartengono alla gente, come le risorse, il tempo, la vita.
Un muro è crollato vent’anni fa. Io vidi quelle rovine e piansi sulla tomba di Brecht. Ma la mia rabbia di oggi, trae linfa dalla consapevolezza che altri muri, più potenti, spesso invisibili, albergano nel mondo e nella vita dei popoli. Che la nostra parte, quella che ha “vinto” si è tenuta la voracità di potenti che non ascoltano neppure il richiamo della specie, in questa crisi di civiltà, in un mondo in cui prima del finire del primo secolo vedrà il mare sommergere terre emerse, città, fabbriche, culture, il benessere di pochi. E con esso la nostra arretratezza. Una civiltà decandente non come le altre succedutesi, perché definitivamente decadente.
Siamo al capolinea e il peggio era ed è di qua. Se non comprendiamo questo, senza riabilitazioni o nostalgie, non potremo iniziare la nuova Resistenza, l’ultima. In difesa della vita stessa.
domenica 8 novembre 2009
"Caro Saviano, scusa se insisto. Questa è la nuova Resistenza"
sabato 7 novembre 2009
INFAMI
SOCIALISMO
Questo contributo di Sandro Pertini, spiega bene cosa sia il socialismo, ma direi anche il comunismo: una società dove vigono l'uguaglianza e la libertà.
venerdì 6 novembre 2009
7 NOVEMBRE 1917
giovedì 5 novembre 2009
PROVE DI TOTALITARISMO
mercoledì 4 novembre 2009
ROSA LUXEMBURG: ''LE RIVOLUZIONI E' PIU' FACILE PERDERLE CHE VINCERLE''
Intervento di Giulietto Chiesa a Genova. Teatro Documento. Una stagione del Teatro Stabile: “Rosa Luxemburg” di Vico Faggi e Luigi Squarzina. Avvertenza (valida per tutti, anche nel 2009) : le rivoluzioni è più facile perderle che vincerle. |