martedì 29 dicembre 2009

LA BAGARRE BARESE.

Le "truppe vendoliane" avrebbero mandato a monte una superdemocratica assemblea del PD, che doveva decidere la candidatura a governatore della Puglia a Michele Emiliano, sindaco di Bari, non certo Emiliano come Zapata, ma portatore del progetto della segreteria nazionale del PD di alleanza con i clericali centristi del'UDC, di mandare a culo l'esperienza della primavera pugliese, dopo che gli scandali alla sanità avevano visti coinvolti proprio esponenti del PD stesso (sic!).
Nel "cuore della patria" di D'Alema, questo e altro. Ma prima di dare valutazioni sull'accaduto e sul contesto, suggerisco, quando si ha un po' di tempo di ascoltare il lucido resoconto di Marco Travaglio sul personaggio D'Alema e sul dalemismo che da anni affligge la politica di quella che sulla carta dovrebbe essere la maggioranza dell'opposizione alle destre, il partito riformista italiano per eccellenza: prima i DS e poi il Pd:



CONSIDERAZIONE POLITICA.
In  realtà, dopo la politica veltroniana che ha trombato Prodi, che con la logica "corriamo da soli", ha portato al suicidio il centro-sinistra e all'avvento del regime berlusconiano piduista e mafioso, questi proseguono con il dalemismo: il corriamo da soli, che poi significa "non con la sinistra radicale", diventa ce ne fottiamo dell'esperienza positiva del governo della Regione Puglia, anzi ce ne approfittiamo della medesima, per coalizzarci con l'UDC e l'IDV (che nonostante gli sbraiti dipietristi sempre partito tendente al centro è...) e sceglierci un altro candidato. Emiliano appunto. L'esito è scontato: con la sinistra spaccata, una disfatta sicura alle elezioni. Ma al dalemismo frega meno di nulla, lo si è già visto con il meno dalemiano Veltroni. Evidentemente contano altri aspetti. Chi fa inciuci con Berlusconi, chi lo ha tenuto in piedi, lui e le sue reti televisive (vedi il discorso rivelatore del risentito Violante al Parlamento) in tutti questi anni, è più legato ai vari comitati d'affari e contesti di scambio di cariche, finanziamenti, e merda varia, che all'impegno democratico e civile di costruire un'alternativa politica, economica e sociale seria alla destra reazionaria.

CONSIDERAZIONE DI METODO DEMOCRATICO.
Ancora una volta, dibattito tra iscritti Pd, condivisione con la base uguale a zero. Le primarie si fanno solo quando ci sono unanimismi bulgari. In realtà al comunismo reale dei vari tromboni ex-PCI è sovravvissuto solo il "centralismo democratico", ovvero: l'esercizio della democrazia nel partito si ferma dentro le stanze della segreteria.
Le "truppe cammellate vendoliane", erano in realtà molto composite: contavano anche molti iscritti del Pd e i Giovani Democratici. Se la situazione fosse stata qualsiasi altra, la ratificazione venuta dal diktat di segreteria, l'assembleona passacarte, sarebbe stata normale, come sempre. In gioco però c'era una delle poche esperienze politiche positive che il nostro paese abbia avuto negli ultimi anni (guarda caso con protagonista anche la vituperata "sinistra radicale"), un'esperienza toccata con mano dalla gente, vissuta con il cuore e la passione civile, la testa, il tempo dedicato, da parte di migliaia di militanti, dal popolo di sinistra pugliese. Quindi non poteva non esserci che questo esito. La colpa? Interamente del gruppo dirigente romano del Pd e del suo dalemismo, ratificato poche settimane fa dall'elezione di Bersani. E degli esimi tirapiedi più o meno periferici, che in Puglia o altrove ci sono da sempre. Centri di clientelismo e nepotismo dentro la pubblica amministrazione e terreno naturale, quindi fecondo proprio di malversazioni e corruttele (e torniamo a quello della sanità pugliese).

CHE ALTRO DIRE?
Che la pratica dell"invasione di campo" in questi consessi di falsa democrazia, dovrebbe divenire pratica comune e costante in ogni situazione locale. Da parte di iscritti scontenti e non interpellati del Pd e da parte della sinistra tutta. Perché se i vertici del Pd si arrogano una linea politica inciuciara e non condivisa con tutto il partito, lo fa sulla pelle di tutti: anche di chi del Pd non è, ma è di sinistra, è un lavoratore in cassa integrazione, una famiglia che perde la casa, un migrante a cui scade il permesso di soggiorno, o che viene messo in un centro-lager di prima e seconda e terza e quarta e quinta e sesta accoglienza. Occorre iniziare da qui, dai contesti a noi più vicini, perché un contesto di destra, clerico-UDC o P2dL sai cos'è: è qualcosa d'altro. Il pericolo per la costruzione di una realtà politica di sinistra e democratica, pluralista ed espressione delle classi popolari e dei movimenti di lotta, viene da chi ha la pretesa di rappresentare la sinistra e azzera, annulla, non considera tutto quello che si muove alla sua sinistra. Il Pd non è più un partito di classe (anzi sì: delle altre classi, quelle a cui sono legate le burocrazie di stato e parastato per fare un esempio...), non è un partito dei lavoratori, non è un partito laico. Che cazzo è? Ricordiamoglielo un po' più spesso che questi signori hanno un debito politico e morale con milioni di cittadini che vorrebbero una vera alternativa. Ricordiamoglielo irrompendo a vox populi nei loro teatrini dei pupi, rompendo le uova nel paniere dalemiano.

martedì 22 dicembre 2009

lunedì 21 dicembre 2009

MA IL PD CHE CAZZO FA?


Non è un qualche "esagitato di estrema sinistra" a sostenerlo. E' Eugenio Scalfari da La Repubblica di domenica: "Il centro dello scontro l' ha indicato Verdini, sarà sullo smantellamento della Costituzione. Sul passaggio dallo Stato di diritto allo Stato autoritario."
Scalfari giunge a questa conclusione riprendendo le parole di uno dei colonnelli di Berlusconi:  "...smontare la Costituzione e adeguarla alla Costituzione materiale; cambiare il sistema di elezione del Csm e quello della Corte costituzionale; riformare la giustizia separando le carriere dei magistrati inquirenti da quelle dei giudicanti; concentrare nella figura del premier tutti i poteri dell' Esecutivo e sancire che tutti gli altri poteri siano tenuti a collaborare lealmente con lui perché lui solo è l' eletto del popolo e quindi investito della sovranità che dal popolo emana."
Un programma da colpo di stato, effettivo o strisciante, o a puntate che sia. E allora qui si pone un problema: ma che razza di opposizione abbiamo con il PD? Non è Di Pietro a essere estremista. E' la dirigenza dei Democratici a non praticare un'opposizione forte, adeguata ai pericoli seri che sta correndo la democrazia in Italia. La dirigenza PD raccoglie la palla di Berlusconi e gioca di rimessa. Si rapporta con lo sfascista delle istituzioni come se fosse elemento di una destra democratica e moderna, come ce ne sono in Europa. Gioca una partita di calcio con le regole di una partita di calcio, mentre dall'altra parte ci sono avversari con tirapugni, mazze e coltelli.
Uno dei suoi esponenti di punta, Massimo D'Alema, gioca agli inciuci, con la malafede o la miopia politica di chi pensa dii trarre vantaggio da chissà quale compromesso o contropartita. Non sfasci il sistema giuridico con leggi sul processo breve e noi cosa gli concediamo? La repubblica presidenziale?
A questo punto i casi sono due: o la dirigenza del PD sottovaluta l'enorme gravità per il sistema democratico del governo Berlusconi, o cinicamente accetta questo sfascio costituzionale per inserirsi quale parte attiva di una democrazia plebiscitaria e autoritaria.
Il secondo caso bene fotograferebbe lo stato del PD come partito che rappresenta comunque interessi di potere, consorterie che non possono rinunciare alle proprie posizioni nella geografia del potere politico, statale, industriale e finanziario. E sicuramente D'Alema bene incarna l'anima spregiudicata del PD.
L'analisi di Scalfari nell'editoriale di ieri non fa una grinza: "Berlusconi chiede: la legge sul legittimo impedimento come strumento-ponte che lo metta al riparo fino al lodo Alfano attuato con legge costituzionale; rottura immediata tra Pd e Di Pietro; riforme costituzionali e istituzionali secondo lo schema Verdini. In contropartita Berlusconi promette di parcheggiare su un binario morto la legge sul processo breve e di "riconoscere" il Pd come la sola forma di opposizione. Va aggiunto che Berlusconi non pretende che il Pd voti a favore della legge sul legittimo impedimento; vuole soltanto che essa non sia considerata dal Pd come un ostacolo all' accordo sulle riforme. Vi sembra un disarmo bilaterale? Chiaramente non lo è. Chiaramente sarebbe un inciucio di pessimo odore. In una Repubblica parlamentare il dialogo si svolge quotidianamente in Parlamento. Le forze politiche presentano progetti di legge, il governo presenta i propri, il Capo dello Stato vigila sulla loro costituzionalità, i presidenti delle Camere sulla ricevibilità di procedure ed emendamenti nonché sul calendario dei lavori badando che anche i progetti di legge formulati dall' opposizione approdino all' esame parlamentare. Non si tratta dunque di un dialogo al riparo di occhi indiscreti ma d' un confronto aperto e pubblico, con tanto di verbalizzazione. Quanto alla richiesta politica di rompere con Di Pietro, non può essere una condizione in vista di una legittimazione di cui il Pd non ha alcun bisogno e che la maggioranza non ha alcun titolo ad offrire. Come risponderebbe Berlusconi se Bersani gli chiedesse di rompere con la Lega? Che non è meno indigesta di Di Pietro ad un palato democraticamente sensibile ed anzi lo è ancora di più? La conclusione non può dunque essere che l' appuntamento in Parlamento. Il punto sensibile è l' assalto alla Costituzione repubblicana."
Un assalto dichiarato, che oggi non ha alcun argine politico. La gente va in piazza spontaneamente, come lo scorso 5 dicembre. E il PD dov'è?

domenica 20 dicembre 2009

IlL PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA


Cinquant'anni di governi democristiani, sornioni, gattopardeschi, ci hanno insegnato che il gioco di questi esecutivi era quello di mantenere una soglia di libertà democratiche, intervenendo sulle questioni che potevano mettere a rischio il potere degli esecutivi stessi, di chi governava. I misteri sulle stragi venivano posti, le connivenze con chi gestiva i servizi deviati, Gladio, c'erano.
Ma c'erano anche uomini politici e correnti più aperte alle realtà sociali, il Veneto bianco, personaggi come Zaccagnini, veri democratici.
Nella balena bianca convivevano capibastone mafiosi e Acli. Con un gioco di equilibri che alla fine confermava e riproduceva lo stato di cose. I DC hanno convissuto anche con decenni di lotte sociali aspre, fortemente ideologizzate, anni di sinistra extra-parlamentare organizzata, di scontri di piazza, in un clima di tensione determinato da fattori interni: il partito comunista più grande dell'Europa occidentale, una sinistra egemone sul piano culturale, il fermento di mille laboratori di sperimentazione politica e sociale, lo sviluppo di una critica socio-culturale, non solo operaia e di classe, su grandi temi come il divorzio, l'aborto, il femminismo. Poi persino con la lotta armata delle organizzazioni combattenti comuniste come le Brigate Rosse, Prima Linea e altri corpi impazziti della galassia dell'estrema sinistra, che avevano un seguito e in rosario di omicidi politici.
E con tutti i fattori esterni in azione: gli USA tramite la CIA e i loro referenti dentro lo stato e tra i gruppi neofascisti, pronti al colpo di mano in caso di vittoria elettorale delle sinistre, con lo scopo di non perdere costi quel che costi un bastione essenziale nell'area mediterranea, della linea che divideva il mondo in due.
Ecco, i democristiani hanno mantenuto al centro la barra della navigazione. Inossidabili. Ogni caso oscuro veniva ricondotto nella normalità. Hanno metabolizzato tutto.
Poi sappiamo come, venute meno le condizioni di un confronto strategico tra NATO e Patto di Varsavia, caduto il muro di Berlino, anche i decenni di malversazioni, ruberie, tangenti e finanziamento illegale ai partiti, è poi emerso grazie al lavoro di giudici imparziali, diciamolo: che hanno fatto quello che ci si aspetta dal loro lavoro. La DC e i suoi alleati, il sistema di potere e alleanze, i legami con il mondo finanziario e industriale, sono finiti lì.

Oggi però, non ci sono più i fattori interni ed esterni che creavano tensioni sociali vaste. La snistra non è più egemone culturalmente. Oggi la cultura è quella dei nani e delle ballerine di Canale 5. Viene sgravato di tasse perché considerato prodotto culturale dal governo il cinepanettone cìdi Neri Parenti con De Sica e la Hunzicker. Oggi il fronte laico è frammentato, non c'è storia su questioni come la ricerca scientifica, la fecondazione assistita, il testamento biologico, le coppie gay. La chiesa cattolica impera. Oggi la sinistra extra-parlamentare non esiste. I movimenti politici, sociali e studenteschi come l'onda non hanno un altro profilo politico-progettuale, non ci sono organizzazioni strutturate radicate nelle lotte sociali. I comunisti sono gruppetti di nostalgici del salotto buono della TV. Non hanno neppure la statura di opposizione organizzata, unitaria come la Linke tedesca. Il terrorismo, narchico o brigatista, è un fenomeno sporadico, di pochi attivisti, più ad uso e consumo dei telegiornali e probabilmente quasi del tutto manovrato, che una realtà radicata in certe zone dell'antagonismo politico. Non c'è più il partito comunista più grande dell'occidente, ma c'è un agglomerato di vecchie forze dei partiti della prima repubblica che va dai democristiani di sinistra agli ex-pci, che si propone come forza di alternanza di un medesimo quadro politico-istituzionale viziato da leggi come il porcellum di Calderoli, dove i cittadini non possono più eleggere i propri rappresentanti e sono le segreterie dei partiti a scegliere i candidati ai seggi. C'è quindi un'opposizione molto morbida, che riconosce come interlocutori anche i mafiosi e i piduisti per spartirsi con questi pezzi dello stato. Una forza senza forti connotati sociali che si candida ad alternarsi a rappresentare i potentati finanziari e industriali esattamente come il PdL.
Oggi, dunque, in Parlamento, la sola a fare uno straccio di vera opposizione cè una forza politica borghese: l'Italia dei Valori, che viene demonizzata esattamente come la sinistra antagonista degli anni '70. Criminalizzata sempre con la complicità ambigua della medesima classe politica che guidava il PCI, che si distingue, che si vuole evidenziare come "dialogante", che accetta i clima di "amorevole confronto" dettato dal cavaliere.
Oggi non ci sono le condizioni politiche degli anni '70. Ma il disegno eversivo di Berlusconi e soci non è la politica dello status quo democristiano. I DC non si sarebbero mai sognati di attaccare il diritto di espressione sancito dalla Costituzione, non avrebbero mai parlato di censurare la rete, non avrebbero mai cercato di mettere il bavaglio al giornalismo scomodo.
Gli eredi della P2 di Gelli, senza cortina di ferro, senza Brigate Rosse e Lotta Continua, senza movimenti laici per i diritti civili ben rappresentati in Parlamento, senza egemonia culturale della sinistra, attaccano come tori qualsiasi forma di dissenso. L'epilogo è una società italiana più vicina alla Cecoslovacchia prima del crollo del muro. E' un campionario giuridico del peggio che la comunità mondiale abbia avuto nel Novecento in esercizio del potere e possibilità di esprimersi: dalla Stasi a qualche desaparecidos argentino. Da internet manipolato come in Cina. Sicuramente uno stato di polizia.
Tutto questo perché chi ha fatto nascere la seconda repubblica a suon di bombe nel '92, accordandosi con le cupole mafiose dell'epoca, non vuole un'altra tangentopoli, ha paura del lavoro dei magistrati. Ed è disposto ad affermare forme di controllo autoritario sui poteri dello stato e sulla stampa "scomoda", per completare del resto il piano che è stato da premessa costitutiva di Forza Italia.
Proprio per questo Berlusconi e soci sono pericolosi. Perché al contrario della DC, non devono difendere un potere costituito, ma devono sovvertirlo per instaurare un potere che insabbi tutto, che sostenga e renda definitivamente dominanti le clientele, le consorterie, i gruppi politici ed economici, massonici e clericofascisti che oggi hanno il governo. Sottolineo: solo il governo. Non il potere. C'è differenza. La stessa differenza che intercorre tra cittadini e sudditi, tra democrazia garantita da differenti poteri costituzionali, così come è stata studiata mirabilmente dai nostri padri che scrissero la Costituzione, e controllo di un esecutivo con mandato plebiscitario su tutti i poteri dello stato.
Quest'ultima è la nuova forma di totalitarismo in salsa reality show che si sta prefigurando. Con la stupida se non compartecipe ignavia di settori dell'opposizione PD, che stanno consegnando a nome nostro, con il loro immobilismo, questo potere di fatto agli eversori.
Questi eversori, i veri eversori della democrazia, della società civile e della civile convivenza, sono coloro che reprimono le espressioni di dissenso e chiudono spazi di democrazia senza pensarci due volte. Sono i veri provocatori perché con il loro operato fascista provocheranno risposte violente e pericolosi ritorni al passato. Direi di più: li auspicano per meglio colpire l'opposizione poi. Tutto studiato, tutto predisposto. Con l'imbecillità di un'opposizione inesistente.

sabato 19 dicembre 2009

UN AMOREVOLE REGIME CHE PRODUCE TARGET



E tutto d'un tratto diventano tutti amorevoli. Il governo amorevole, si arroga però il diritto di seminare odio e veleno contro chi dice la verità: che Forza Italia è nata con i soldi e gli uomini della mafia, che Berlusconi va processato come qualsiasi cittadino italiano. L'opposizione amorevole, e paracula, ci tiene a prendere le distanze con "chi fomenta l'odio", a fare dei distinguo con l'opposizione dei "cattivi" (adesso non hanno più il movimento degli anni '70, ma lo schemino del cazzo è uguale). E tutti insieme appassionatamente, questi signori si amano e si autoalimentano, si puntellano a vicenda mentre il paese va a rotoli. E le dichiarazioni di Bersani e compari sulla priorità del lavoro non servono a nulla, non si tradurrano in politica. Perché? E' molto semplice: perché la "politica amorevole", il loro cosiddetto dibattito civile, non è una questione di forma. E' una questione di sostanza. E che sostanza. E' la rappresentazione più schifosa di un teatrino dei pupi che serve solo a mantenere lo status quo. Dietro i politici di regime, ci sono i comitati d'affari di regime.
Oggi, al contrario, l'unica politica civile e democratica percorribile, è una lotta intransigente per mandare a casa il governo più reazionario, fascista, razzista, piduista, mafioso, oscurantista, che la storia dell'Italia abbia mai avuto. Senza se, senza ma.
Chi parla di "amore", ha già venduto la nostra pelle. Amore il cazzo. Io ho amore per la gente che soffre, che non arriva a fine mese, per le coppie che per avere un figlio grazie alla scienza sono costrette ad andare all'estero, a strapagare degli spagnoli o degli americani per una sega e tre ovociti. Ho amore per i migranti che fuggono da guerre civili, torture, fame e miseria per finire nei centri di prima accoglienza, veri lager di stato. Ho amore per i cassaintegrati, per chi perde la casa, il lavoro, per chi vive nell'ansia da debiti. Ho amore per le coppie gay, costrette all'anonimato, a non avere diritti e doveri nel rapporto d'amore con il proprio compagno. Ho amore per tutti coloro che come Cucchi, Bianzino e Aldrovandi sono stati pestati a morte da uomini dell'"ordine" dalla vocazione criminale e fascista e non hanno giustizia da questo stato che copre e assolve chi dovrebbe difenderci e invece assassina i nostri figli e i nostri genitori.
Non ho invece amore per Berlusconi, per Casini, per La Russa e Gasparri, per quel guerrafondaio padano di Bossi e i suoi bravi in camicia verde (cambia il colore, ma non la sostanza della merda), gli scherani leghisti. Non ho amore neppure per i politici di "sinistra", che impestano come classe politica le istituzioni da decenni. Che parlavano di polizia internazionale e facevano la guerra durante il governo D'Alema, che ce la vendevano come azione giusta, mentre gli aerei NATO andavano a bombardare i civili nella ex-Yugoslavia. Amore. Amore il cazzo. Fate tutti schifo.
Con un aggravante. Che i governanti che parlano d'amore e dicono che Di Pietro e Travaglio istigano all'odio e sono dietro l'azione di Tartaglia e la bomba "anarchica", istigano a delinquere dal Parlamento, con le frasi da mafioso del tesserato P2 Cicchitto.
L'amore è solo nel loro contesto. Si vogliono tutte bene le merde. L'amore descrive l'ambito oltre il quale la critica politica, civile o meno, non è ammessa. Vogliono fare i loro giochini, farli per i cazzi loro e avere il consenso da noi.
Sarà meglio invece che si riaffermi nei contesti sociali del paese una sana critica politica a questo inciucio devastante, un diritto di cronaca senza bavagli. Amore e odio sono categorie non della politica, ma del loro teatrino, dei loro salotti, della loro share.
Il paese reale è un'altra cosa.

ANARCHIA CAPITALISTICA



SIAMO AL CAPOLINEA
Altro che i petardi di quattro imbecilli "anarchici", più in odore di servizi segreti che altro. La vera bomba che farà esplodere l'intera comunità mondiale si chiama anarchia capitalista. Formale e informale. Il vertice di Copenaghen si è chiuso con un fallimento totale. Con uno stato di polizia che ha censurato e represso ogni voce di dissenso, neanche sto consesso di mentecatti fosse stato fatto a Pechino.
La risposta che i grandi interessi dei rappresentanti del capitale finanziario e delle multimazionali hanno dato al pianeta è "in culo al futuro delle prossime generazioni, ciò che conta sono i profitti immediati di pochi pescecani".
Nei giochi e negli equilibri da potenze mondiali si è sacrificato l'eco-sistema, la salvezza di intere parti del pianeta.  Questo sistema di relazioni economico-sociali basato sul mercato selvaggio, a cui fanno parte anche i paesi "emergenti" o quelli pseudocomunisti come la Cina, ha dimostrato di non avere in sé neppure l'istinto di specie.
Chi da sempre sacrifica i posti di lavoro nel nome della borsa e di strategie di riallocazione dei cicli produttivi in aree dove il costo del lavoro costa meno, chi da sempre gonfia ad arte i flussi di denaro e del credito con speculazioni che esulano dall'economia reale, mettendo quest'ultima in crisi con bolle che arricchiscono solo gli establishment bancari e broker criminali, è il diretto responsabile di quanto avverrà nei prossimi anni. Chi è da sempre così disinvolto a tenersi i profitti e a scaricare i costi sociali e ambientali delle sue scelte sull'intera collettività, va fermato prima che sia troppo tardi.
Questo sistema è un'anarchia totale, dove ogni consorteria, lobby, esecutivo di potere gioca la sua partita sul'orlo della fine della civiltà. Ormai senza ritegno. I media ci parlano di un nulla di fatto, come se si trattasse di una pura discussione su trattati commerciali. In realtà in ballo c'era e c'è molto di più.
Questi signori, che abbiano 50 stelle sulla bandiera come gli USA o 5 come la Cina, vivono della stessa logica, e hanno dimostrato di essere darwinianamente involuti.

CARTHAGO DELENDA EST
Tutti i movimenti di opposizione contadini e nelle metropoli, così come i paesi realmente indipendenti (come quelli presenti in America Latina, per fare un ottimo esempio), dovranno d'ora in poi come Catone il censore ripetere e ripetersi in un "Carthago delenda est" quello che deve essere un programma di vitale importanza per l'umanità: attaccare e distruggere quelli che ormai sono gli impulsi economici e politici all'autodistruzione del pianeta e dell'umanità che pervadono le nostre società, con le mafie al controllo delle istituzioni, le concentrazioni finanziarie sempre più criminali nel contesto in cui si pongono. E con governi che sono veri e propri organi di rappresentanza, anche quelli di "sinistra" di questi grumi di potere incancrenito.
Questo è il nuovo senso delle lotte popolari e di classe. Deve essere una lotta senza quartiere, democratica, civile e non-violenta laddove esistono sistemi con una soglia minima di democrazia elettorale e parlamentare, ma intransigente e radicale. La non violenza può essere esercitata anche con forme di lotta ben incisive come il boicottaggio, la riappropriazione, la disobbedienza e il sabotaggio di massa come ai tempi della prima guerra del Golfo. Come le lotte degli indiani contro il colonialismo britannico ai tempi di Gandhi. Se ci sono i presupposti, come forza di massa della società civile. Per questo occorre che nasca un fronte unitario della sinistra anticapitalistica, per una direzione politica dei movimenti che sorgeranno nei prossimi mesi e anni. Evitando le degenerazioni sempre in agguato.
Questi signori si sono arrogati il diritto di non decidere per continuare a sostenere i miopi interessi di pochi. Dovranno capire che questa responsabilità ha dei costi da pagare. In consenso, in gestione del loro ordine costituito, in difesa dei bottini delle loro rapine, ossia dei beni e risorse che hanno espropriato alle proprie comunità di appartenenza e svenduto agli interessi rapaci degli speculatori, nel nome dell'efficientismo (vedi la posizione bipartisan di PdL e PD sull'acqua).
Con le bolle speculative e un'organizzazione internazionale del lavoro, dove i paesi come Cina e India diventano le grandi fabbriche dell'Occidente, hanno ridotto milioni di persone nelle società a capitalismo avanzato nella disoccupazione più nera, i ceti medi si stanno avviando alla povertà e alla precarizzazione, le formulette alla Darendhorf sulla società dei due terzi non reggono più. La crisi è ormai è endemica.
Per dirla alla Lenin, si stanno realizzando tutte le condizioni per una gestione rivoluzionaria dei conflitti sociali. Per saldare le lotte delle masse contadine del terzo mondo e del proletariato urbano dei paesi della cintura periferica del capitalismo avanzato con i movimenti d'opposizione metropolitani e le lotte operaie che vanno crescendo in occidente. Rendiamoci conto che ormai le azioni di protesta operaie in tutto il paese-Italia non si contano più. Che urge un coordinamento e un'organizzazione operaia unitaria che vada oltre una ormai frantumata e inadeguata organizzazione sindacale. La CGIL è una risorsa importante per le lotte, ma non basta.
E' questa la direzione politica che mi aspetto dalle forze comuniste come Rifondazione, da quella ambientaliste come i Verdi, da una sinistra post-diesse. Non chiacchiere e salotti.





giovedì 17 dicembre 2009

LA REALTA' DEL PAESE: E' CHE SI VA VERSO L'AUTORITARISMO


La realtà del paese è quella di milioni di famiglie che non arrivano alla fine del mese e fanno fatica o non riescono a pagare l'affitto. A Bologna, per Natale sono in arrivo tremila sfratti. Le aziende che chiudono, piccole, medie in primo luogo, ma anche grandi, non si contano più. Milioni senza lavoro, con la cassa integrazione che sta finendo. Il rischio di una bancarotta dello Stato, sulla strada dello stato greco, è sempre più concreto.
La realtà del paese è questa, mentre piovono souvenir sulla faccia del cavaliere e il clima da rissa si sta trasformando in un un gioco al massacro. Ci sono tutti gli elementi per una stretta autoritaria che azzeri ogni forma di opposizione. E' dell'altro giorno la dichiarazione del coordinatore dei giovani berlusconiani di Treviso, che reclama (cito): "Una legge per abolire Rifondazione e l'Italia dei Valori".

Quello che però tutti si dimenticano è che le democrazie occidentali si reggono su una classe media maggioritaria, che alimenta con il consenso i ceti economico-finanziari e quelli politico-burocratici che detengono il potere effettivo, il tutto basato su un patto sociale con le principali associazioni sindacali, che bene o male rappresentano milioni di lavoratori del pubblico impiego e del privato. Burocrazie e banche, capitale e corporazioni, che regolano con i media e nelle istitiuzioni le relazioni sociali, economiche e così via.
Ma il problema oggi, è che la classe media e le classi più popolari si stanno precarizzando in una caduta verticale di potere d'acquisto, in sempre meno capacità di consumo e di risparmio, in aumento del debito pro famiglia. Tutto questo alla faccia della teoria dei "due terzi" dei vari economisti "riformisti". I due terzi oggi sono cittadini che non ce la fanno più.
Ecco perché, venendo meno le condizioni economiche tipiche dei patti sociali che hanno caratterizzato il dopoguerra e il resto del Novecento nei paesi dell'occidente capitalistico, viene meno anche la soglia di democrazia, pur condizionata dai gruppi finanziari chi detengono il controllo dei media, che regolava la vita politica e sociale del paese. A questo si aggiunge una tara tutta interna al sistema politico italiano: i mai sopiti germi, o tendenze alla cancrena autoritaria, che ci trasciniamo dietro dal fascismo e da ancor prima.
Queste condizioni portano l'Italia a una situazione esplosiva.

In condizioni normali, una classe dirigente è in grado di ricambiarsi secondo una dialettica democratica. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti, dove la politica neocom neoliberista, petroliera e guerrafondaia di Bush, fallimentare su tutti i fronti, ha dato vita a una controtendenza rappresentata da Obama. Pur con tutti i limiti.
In Italia questo è possibile, ma molto difficile, a ben guardare lo scenario che si sta prefigurando.

Di Pietro non ha la statura di un Giacomo Matteotti. L'opposizione non ha la cifra dei partiti socialista, comunista, dei popolari degli anni '20, all'inizio del fascismo. E la Repubblica non è l'Avanti di quegli anni. Ma il linciaggio a cui sono sottoposti, il clima di caccia alle streghe, dovrebbe portare la sinistra e quella parte di centro legato ai valori della Costituzione repubblicana, a gestire questa situazione di eccezionalità con più coesione. Senza quei distinguo "pro domo mea" che caratterizzano le politiche ambigue e inciuciste del PD, tanto per fare un esempio. Un'opposizione ferma, democratica, civile, che non ripeta gli errori degli anni della strategia golpista e della tensione. Ossia: il PCI ebbe una grave responsabilità nel lasciare che forze politiche alla sua sinistra intraprendessero cammini suicidi, fino al terrorismo. Finché non si riconoscerà che il brigatismo è figlio degenere di un'epoca storica della sinistra, questi errori possono essere ripetuti.
Oggi manca la forza di coesione di una forza unitaria socialista, comunista, della sinistra, in grado di intercettare i conflitti sociali, operai, dei lavoratori, del mondo del precariato e dei migranti, delle identità attaccate nei diritti (gay per esempio). Di riassumere e rappresentare dentro e fuori le istituzioni quanto si muove nel paese, la larga opinione laica e di sinistra che oggi non ha sponde e si autorappresenta da sé senza politiche e strategie di lungo respiro.
Ancora non si è capito che la questione democratica, intrecciata a quella morale, è la quistione (per dirla alla Gramsci, ma con i concetti di Berlinguer) fondamentale in questa tragica fase politica.
L'autoritarismo è dietro l'angolo. Qualcuno faccia qualcosa per evitarlo, please.


martedì 15 dicembre 2009

IL DIRITTO ALL'ODIO


Il gesto di uno squilibrato, tal Tartaglia Massimo, contro Berlusconi è stato preso al balzo da tutta la canea mediatica filo-governativa per cianciare  di clima d'odio creato ad arte, di mandanti morali, di legame politico tra l'atto contro Berlusconi e certi ambienti dell'opposizione. Colpevoli? Un nome a caso: Di Pietro. L'obiettivo è chiaro: giustificare la prossime misure censorie su internet, nelle piazze, che limiteranno ancora di più il diritto e la libertà di esprimersi e manifestare. E' un piano lucido e, fatti estemporanei ed occasionali come il souvenir milanese al premier, vengono subito usati con calcolo e metodo. C'è un legame tra le prossime misure e la discrezionalità data al governo di decidere quali giornali saranno finanziati e quali no. Tutto corrisponde, tutto fila liscio per questa compagine di regime. Con una capacità di ribaltare la questione: sarebbe la sinistra a creare un clima d'odio, quando approva l'operato della magistratura, quando denuncia collusioni tra Berlusconi e la mafia, quando sottolinea l'inadattezza a governare di un premier che va con le minorenni e con le puttane, (che le scopi poi, è un'altra questione...) oltretutto nelle stessi sedi deputate alla rappresentanza istituzionale. Non è Brunetta con i suoi "devono morire", i fucili padani di Bossi, gli insulti di Berlusconi ("coglioni") a quella parte di italiani che non lo votano. Questo, no, non sono istigazioni all'odio, non avvelenano il clima. Sono orazioni da frati in convento.
Tutto viene coperto. Anche le responsabilità riguardo la sicurezza tuttabuchi. Responsabilità che è di Berlusconi. E' colpa sua, quella della sua sicurezza, che fa acqua da tutte le parti. Negli altri paesi, quelli civili, non quelli dove il re si fa scarrozzare in portantina e sventolare palme dal popolo suddito, sono i capi scorta che decidono dove può andare e cosa può fare il Presidente degli USA Obama, quello francese Sarkozy, quello tedesco Angela Merkel. Non i tiramenti di culo di un istrione a cui piace pavoneggiarsi tra le folle dei suoi fans, organizzate ad arte, ma non fino al punto di evitare appunto la presenza di pazzoidi con istinti omicidi.
Per cui, mi frega 'na sega se qualcuno ha tirato un souvenir a Berlusconi. Hanno ragione la Bindi e Di Pietro: se l'è cercata. Nel merito: il clima velenoso di attacchi ai giornalisti non asserviti, all'opposizione, ai magistrati, persino al Capo dello Stato. E nel metodo: la corte dei miracoli che si stringe attorno a lui, nel teatrino patrizio e plebeo del redivivo Caligola. Un cavallo pazzo, purtroppo, è inevitabile.
Io non odio nessuno, ma lascio alle persone il diritto ad esprimere i propri sentimenti. Perché tutti devono amare, o non odiare qualcuno? Perché tutti devono amare o non odiare questo governo, le sue personalità politiche? Credo che chiunque abbia il diritto di dire: io odio qualcun altro. I sentimenti non si possono orientare. ma conrollare sì. E questo è un dovere per per tutti. Il sentimento deve restare alle parole. Se diventa violenza, questo è sbagliato. La violenza va condannata e perseguita sempre. E scendere su questo terreno non ha giustificazioni di sorta.
Allora, se la questione è questa, dovremmo dire che c'è un odio giusto e odio sbagliato. L'odio leghista per Roma ladrona è giusto. L'odio nei confronti dell'ennesimo imprenditore truffatore, da parte del lavoratore dell'Eutelia che perde il posto, è sbagliato. Il primo è utile a mantenere lo status quo. Il secondo lo mette in discussione.
E poi, i sentimenti sono una cosa, la politica è un'altra. Berlusconi, politicamente è latore di interessi molto discutibili. Legalmente è stato inquisito e come tutti i cittadini italiani deve rispondere alla giustizia di questo paese dei reati a lui ascritti. Mi spiace per il suo viso da "bel fieu" (come ama definirsi). Ma va sconfitto politicamente, con gli strumenti della democrazia e va processato (visto che è inquisito), con gli strumenti della giustizia.
L'azione politica in generale non deve essere mossa dall'odio, dai sentimenti, ma da una visione di ciò che è giusto o ingiusto fare, dalla giustezza degli obietti prefissati. Se di violenza si tratta, e sappiamo che in certe circostanze storiche come la Resistenza al nazi-fascismo nel '43-45 ci sta ed è giusta, deve rientrare in questa visione, nel campo della politica. Von Clausevitz diceva che la guerra è la prosecuzione della politica con mezzi violenti. Il suo, ritengo fosse un giudizio anche morale. Perché altrimenti è la barbarie sanguinaria tra un sovrano che vuole essere amato e sopprime con odio chi presume che lo odi e un popolo che manifesta in atrocità liberatorie i propri sentimenti e risentimenti contro l'oppressore. Destra e sinistra, oppressori e oppressi, hanno al proprio interno questa tendenza pericolosissima.
Apprezzo Von Clausevitz sul piano metodologico e morale, ma come uomo di pace, pongo i confini tra azione di critica civile e violenza politica in situazioni del tutto straordinarie come fu la lotta partigiana nel '43. Dove il totalitarismo non lascia altre strade per l'affermazione di una società democratica e pluralista.


lunedì 14 dicembre 2009

I CRETINI


I cretini non capiscono quando un fatto che li compiace, si ritorce contro di loro. Il lancio di una statuetta del Duomo a Berlusconi, fatto da un squilibrato, era l'ultima cosa che doveva capitare. Perché ora la destra dà fiato alle trombe e, diventando "vittima" di un clima "d'odio", fa tabula rasa di ogni forma d'opposizione. Già si parla di oscurare siti internet, si attacca Di Pietro e qualsiasi cosa si muova per criticare gli attacchi di Berlusconi ai magistrati e alla sinistra. Si sta preparando qualcosa di brutto. Di veramente brutto.

domenica 13 dicembre 2009

RIPRENDERSI LA PIAZZA E LA MEMORIA





I manifestanti si riprendono la piazza. Come è giusto che sia. Cosa c'entrano la Moratti, Formigoni, la generazione politica che non ha voluto andare a fondo a queste cose, che ha accettato, che ha confuso, che ha coperto? Dobbiamo riprenderci le piazze, il diritto a manifestare la nostra rabbia. Dobbiamo ripercorrere il filo della memoria che ci lega al nostro passato. Perché il passato è la chiave di lettura del presente. Il rischio nel '69 era un colpo di stato come quello dei colonnelli greci, come quello cileno. Un golpe che aveva bene descritto in un pamphlet (credo s'intitolasse "Strategia del colpo di stato") uno dei sommi teorici del golpismo, uno che oggi strapagano e che fa l'ospite fisso come opinionista e stratega nelle trasmissioni televisive, commentando le mappe di Vespa, ogni volta che la NATO e gli USA operano come "polizia internazionale". Il suo nome è Edward Luttwak. Quel signore sa tante cose, era una think tank del Centro Studi Strategici negli USA, un riferimento per la C.I.A. Ha descritto in modo minuzioso come condizionare la politica di un paese come l'Italia (lo prendeva d'esempio), disattivare i sindacati, impadronirsi dei media (ma guarda un po'!). Un piano fatto di bombe e squadrismo fascista e poliziesco, descritto con altrettanta maestria da Licio Gelli, il gran maestro della loggia massonica segreta P2, alla quale appartenevano militari, politici di governo, giornalisti. Una modalità sperimentata in Argentina, con il colpo di stato dei generali Videla e Massera, nel quale la filiale argentina della P2, la Loggia Pro Patria ebbe un ruolo fondamentale. 
Anche nell'Italia degli anni '60 e '70 ci sarebbe stata una politica di sterminio degli oppositori, di torture, di desaparecidos. Successivamente questo non sarebbe stato più possibile, con la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda. Ce l'hanno risparmiata perché l'establishment d'oltreoceano a quel punto non l'avrebbe permesso. Non certo per filantropia: lo sviluppo dell'Europa comunitaria, il mutamento degli equilibri internazionali, presupponevano altri scenari.
Ma nel '69, queste furono le premesse e l'humus politico in cui nacque la strage di Piazza Fontana. I fascisti Freda, Ventura e soci, furono solo manovalanza. Ma ci sono alte cariche dello stato, ci sono uomini dei servizi che sono implicati, questo lo si sa.  E nulla di tutto questo è diventato verità storica e politica. Dopo quella strage è rimasto un buco nero per decenni. Un buco che c'è tutt'ora e che ha fagocitato tutte le stragi successive, le connivenze tra mafia e politica, tra governanti e corpi occulti dentro lo stato. Chi doveva pagare non solo non ha pagato. I mandanti sono rimasti impuniti e hanno completato l'opera nel corso degli anni, facendo nascere un partito dalle ceneri della P2: Forza Italia. Basta solo guardare a che razza di repubblica delle banane siamo diventati, al di là delle foglie di fico che tira fuori Napolitano. Per l'Italia, il piano di "rinascita democratica" di Gelli in alcuni punti (conquista dei media e spicconamento della Costituzione) sembra la copia carbone dell'ascesa di Forza Italia e della sua politica. 
Solo con la forza popolare, civile democratica, non violenta ma che si autodifende, che ritorna nelle piazze, che occupa i luoghi del potere che sulla carta sono nostri, di noi cittadini, sarà possibile portare il paese a una normale situazione di democrazia. Non dobbiamo più essere disposti ad accettare. Ad accettare il potere delle mafie, il potere della grande industria e del capitale finanziario responsabili dell'impoverimento del paese con le loro speculazioni. Ad accettare la svendita delle risorse e del bene pubblico come l'acqua a privati rapaci.
Arriverà il giorno in cui tutti questi conti verranno saldati. Con la galera per chi ha cospirato, per chi ha trasformato l'Italia in un paese di conquista per la criminalità organizzata, per chi l'ha trasformata in una pattumiera inquinata, per chi ha stravolto le regole del mercato del lavoro a uso e consumo del profitto e della speculazione più bieche. Verrà questo momento, stiamone certi. Verrà.

SCONTRO INTERBORGHESE, CON TOTALE ASSENZA DELLA SINISTRA


Casini lancia un'apertura a Fini e Di Pietro per creare un fronte anti-Berlusconi. In pratica sta accadendo quello vado sostenendo da tempo. I ceti borghesi insofferenti al dirigismo para-fascista di Berlusconi, puntano a ricostruire una classe dirigente decente, che sia credibile nel contesto dell'Europa comunitaria e a livello internazionale. Sanno che dal Berlusconismo si uscirà con un forte scontro politico e chiamano a raccolta le consorterie non-golpiste o meno golpiste, per uscirne "bene", da destra. E la sinistra? Langue amorfa e inesistente sul piano politico. Il PD farà da grande ammortizzatore, il pontiere con il sindacato, che farà accettare politiche liberiste nel nome di un'uscita dalla crisi che, come al solito, pagheranno i lavoratori e i settori più disagiati della società. All'opinone pubblica anti-berlusconiana tutto questo andrà bene, pur di uscire dal cul de sac di un paese sempre più allo sfascio e privo di valori etici, di diritti e di legalità. In Italia stiamo vivendo uno scontro politico inter-borghese in un contesto di scontro sociale di classe sempre più esteso. Dove i ceti popolari del lavoro salariato e precario, della disoccupazione e sotto-occupazione, non hanno rappresentanza. Dove c'è una totale assenza di protagonisti politici anti-capitalistici che siano realmente credibili.
Questo lo scenario. I progettini rabberciati della federazione della sinistra di Rifondazione, Comunisti Italiani e Salvi, così come la politica satellitare al PD dei transfughi vendoliani e di Sinistra e Libertà, sono del tutto inadeguati alla situazione straordinaria, di emergenza politica. Saranno ancora una volta attori secondari sulla scena politica.

Nel vedere il video dell'assemblea generale emiliano-romagnola della Federazione della Sinistra, mi viene già l'orchite: cose già viste che si ripetono, con le dirigenze che si contano i posti e i seggi, le anime candide che non contano un cazzo, le correnti di ernesti e contro-ernesti che manovrano come se fossero al comitato centrale del PCUS, gli entristi che ci stanno finché conviene e poi ne escono per fare nuovi partitini rivoluzionari... il falò dell'imbecillità, le sfilate autocelebrative prive di legami seri con il mondo del lavoro, lavoro politico vero del tutto assente. Paradossalmente quella che non è capace di rinnovarsi nella politica è proprio la sinistra radicale e antagonista.
Quindi, la piazza è consegnata ai Travaglio, ai Beppe Grillo, ai Di Pietro. A una CGIL onnicomprensiva che è di "estrema sinistra" solo perché il quadro politico si è spostato ancora più a destra. E lei è rimasta lì. Lodevolmente, ben s'intende.

Che fare? Se lo domandava qualcuno a noi comunisti molto caro, un po' di anni fa. A chi non crede agli inciuci parocchiali rossi, posso solo dire di stare dentro il movimento democratico che si va formando nel paese. Di fare le anime candide che non contano un cazzo nei contesti di dibattito e di organizzazione della sinistra radicale e di classe.
Certo è che l'assenza di una sinistra democratica, classista, che sappia inserirsi nelle contraddizioni sociali, che proponga una piattaforma di programma immediata, di diritti e tutele, di proposta economica che riguardi tutti i ceti produttivi toccati dalla crisi, per una prospettiva più generale di alternativa anti-liberista, ecologista, che dia un impulso nuovo, socialista e collettivista a una società di mercato, nell'ipotesi di un suo superamento epocale, è proprio quello che manca.
Manca la grandiosità del bolscevismo leniniano, capace di intervenire nelle contraddizioni delle classi dirigenti, di allearsi con la parte democratica della borghesia, con il menscevismo, per poi superarlo con un'alleanza rivoluzionaria della classi popolari, operai e contadini, soldati.
Assistiamo invece ai pipponi mentali autoreferenziali e utopistici di pochi capetti rossi, incapaci di leggere la realtà, la situazione politica, se non con le spesse lenti del marxismo dottrinario ossificato. Quanto di meno  marxista, sul metodo e sull'analisi, sulla visione della realtà e sull'azione politica, ci possa essere oggi. Perché non sono tedesco o venezuelano?
Un'ultima cosa: chi ci capisce qualcosa di questo logo che riporto qui sopra? Vogliono starci dentro tutti e tutti vogliono la loro sigletta. Penoso...

sabato 12 dicembre 2009

PIAZZA FONTANA


Fu storia infinita per decenni e, alla fine, non si giunse alla verità e alla condanna dei colpevoli. Non furono mai individuati i mandanti, per precise volontà politiche. E' la storia di una strage, la prima grande strage di stato dopo Portella della Ginestra. E si può dire che sia una puntuale allegoria della storia del nostro paese: una democrazia condizionata da poteri forti, costellata di tentativi di colpi di stato, bombe, squadrismo fascista, servizi deviati, logge massoniche eversive. Ancora oggi si sa chi c'era dietro. Ma non si sa. Segreti di stato, coperture di stato, depistaggi di stato. Uno stato ambiguo, percorso da potenti spregiudicati e boiardi compiacenti.


Lo stragismo era l'espressione dei poteri dominanti sovranazionali, che puntavano a condizionare la vita politica italiana col fine di mantenere l'equilibrio internazionale tra USA e URSS, NATO E Patto di Varsavia.  Ma anche oggi, che è caduta la cortina che divideva sistema capitalista e socialismo reale, resta e prende piede una nuova generazione di eversori dentro lo stato. Una compagine continuista, fatta di consorterie fasciste, che ora agiscono in forma autonoma, o meno condizionata dai servizi e dai personaggi politici d'oltreoceano, ma non per questo meno pericolose ed eversive: si è visto come la seconda repubblica sia nata sulle bombe e sul sangue versato da parte di servitori dello Stato, Falcone Borsellino. Bombe mafiose con fiumi di soldi e complicità di coloro che oggi sono al governo e che vogliono cambiare la Costituzione stessa. 


L’epilogo processuale della strage di piazza Fontana, riassume l’epilogo di tanti altri casi come Ustica e altre stragi ancora. Finché il paese è in mano a queste classi dominanti, a questi gruppi di potere, il testimone dei segreti, delle coperture, delle complicità, continuerà a essere passato da mani ad altre. E l’impunità avrà il solo scopo di preparare la strada ad altre manovre ocure, sordide, sanguinose.

Finché avremo un’opposizione ignobile, piena di lati ambigui, dove non sai quando finisce l’onestà e inizia la connivenza basata su dei do ut des mentecatti, fatti sulla nostra pelle, c’è ben poco da sperare. Il PCI di allora e il PD di oggi. Anche questo è continuismo della peggior specie.


Oggi ci vorrebbe un movimento d’opposizione con la stessa intransigenza della sinistra extraparlamentare di quegli anni (che pur nel massimalismo dottrinario e dogmatico, aveva ragione su tutti i fronti), ma con più intelligenza politica. E soprattutto con un senso della Costituzione e dello Stato dei cittadini e della gente molto profondo. Un movimento non violento, democratico e civile, che riassumesse le aspettative di ceti medi sani, democratici e onesti e le istanze di giustizia sociale emergenti nelle classi popolari soprattutto in questa fase di crisi economica forte e devastante.

L’ho già detto in altri post: la questione fondamentale oggi è la questione democratica. L’attacco di Berlusconi ai poteri fondativi dello Stato, ai giudici, al Presidente della Repubblica, è il peggior attacco alla democrazia mai avuto dal dopoguerra ad oggi. È un evento sottovalutato dalle opposizioni parlamentari. È un altro passaggio di un lucido piano iniziato con le bombe siciliane del ’92, di Firenze e di Milano. Gelli sorriderà: ha avuto buoni allievi.

Sulla questione democratica, che deve vedere alleate forze politiche democratiche trasversali, deve innestarsi la forza propulsiva di una sinistra organizzata che indirizzi la ben auspicabile uscita dal berlusconismo piduista in una fase di ricostruzione sociale del paese. Di riaffermazione di diritti e di condizioni di vita adeguate per tutti. Di nuove forme di produzione e di rapporti nel lavoro. Di liberazione di energie sociali e della conoscenza per una ricerca e un’imprenditorialità virtuose. Per un controllo della collettività sul mercato e sull’economia privata che tuteli la collettività stessa, come sancisce l’Art. 4 della nostra Costituzione.


Lo stragismo che oggi viene perpetrato sui diritti e sulle tutele, ha una storia lunga. Le stragi di allora e le politiche di oggi hanno un filo nero che le lega. Piazza Fontana ne è un pezzo.

giovedì 10 dicembre 2009

NOBEL... IGNOBEL


Non c'è male: un aumento di 30 mila effettivi in Afghanistan e un pippone retorico a Oslo sulla necessità della guerra in certi casi storico-politici. E' la performance del presidente degli USA Barak Obama, che dopo essere stato sostenuto dagli elettori statunitensi progressisti, ora ascolta le lobbies che fanno affari con la guerra. Come Bush, la scusa è sempre quella della lotta al terrorismo e la difesa del popolo degli states. Le ragioni, in questo caso, sono piuttosto singolari: pur guardando all'esempio di personaggi come Martin Luther King e Gandhi, costoro non avrebbero potuto sconfiggere Hitler con la sola forza del pacifismo. Militarmente il ragionamento è inoppugnabile. Ma sul piano etico? E su quello politico? Perché se ragioniamo di guerre giuste e guerre ingiuste, ci sarebbe molto da dire sulla condotta degli Stati Uniti nel loro sviluppo nel mondo. Dal massacro delle tribù indiane in poi, è stato un florilegio di interventi sempre volti a sostenere interessi di una parte: quella degli industrali e finanzieri e poi delle multinazionali. Non starò a elencare i golpe e gli interventi armati, dal Centro e Sud America all'Asia, passando per il Vietnam e i colonnelli greci. E neppure le guerre spacciate per keep peacing. Il marito della signora che guida l'attuale politica estera statunitense è un'autorità in materia in merito, con gli "ottimi lavori" fatti nei Balcani negli anni '90 del secolo scorso. Ricordo ancora Surdulica, località serba dove è stato raso al suolo un asilo, con i bambini dentro. Piloti clintoniani e basi dalemiane. Grande "sinistra"... da urlare vendetta. Uno dei tanti episodi di una delle pagine più luride e vergognose scritte dalla NATO. Più in specifico, il caro Barack considera guerra giusta una guerra contro Al Qaeda: e che vada arginato l'integralismo islamista terroristico siamo tutti d'accordo. Ma la cosa mi suona male, perché sappiamo che interessi ci sono in ballo in quell'area. Perché alleato dell'occidente dell'alleanza atlantica è Karzhai: uno dei peggiori delinquenti mafiosi della storia del suo, paese, uno che ha appena preso il potere con brogli elettorali plateali, non certo un campione di democrazia. Ma lasciamo stare i delinquenti mafiosi al governo. Ci sarebbe molto da dire anche qui.

Barack, caro premio Nobel, hai mai sentito parlare dell'ONU? E se si mettessero il caschetto blu forze di varie nazioni, senza il solo casco da marine della volpe per eccellenza (e dei vari volpini alleati di convenienza), che come narra una vecchia storia, va a indagare nel pollaio... Via barack sono posizioni che fanno acqua le tue. E che offendono l'intelligenza di chi sa benissimo, tra l'altro, che dall'Afghanistan non se ne esce manu militari. Che lì si sono scraniati anche i russi, quando avevano una bella stella rossa sul colbacco e rappresentavano uno degli eserciti più potenti ed efficienti del pianeta. Proprio tu vuoi completare l'opera di Dabliu Bush e farti un bel Vietnam con tanto di sterminati cimiteri in Pennsylvania?

Se parliamo di guerre giuste e guerre ingiuste, forse ci sono altre guerre ad avere questo diritto a definirsi tali. Sono le guerre che gli oppressi fanno contro gli oppressori, gli invasori, gli sfruttatori, i regimi dittatoriali retti dai paesi potenti che devono mantenere un gaudente stile di vita per una bella massa di propri ceti medi e alti. Di solito queste guerre si chiamano rivoluzioni sociali o lotte di liberazione nazionali. Di solito non sono portate avanti da eserciti ipermoderni e da mercenari, ma da popolazioni che non possono vivere decentemente a causa di presidenti mentecatti di grandi paesi che decidono di pompare di quattrini i propri complessi militari industriali. Ti ricorda niente, caro Obama?
Il terrorismo è uno dei prodotti DOP della miseria. Miseria alimentata proprio dall'occidente capitalistico. L'integralismo ci trova terreno fertile. La lotta al terrorismo la si fa con più giustizia sociale, dando decenti prospettive di vita a popoli di cui Obama i tuoi concittadini, prima, non sapevano neppure l'esistenza sulla mappa geografica. E qui arriviamo ai Gandhi e ai Martin Luther King, dei cui esempi, Barack, ti riempi la bocca, facendoli rivoltare nella tomba.

Questa visione così ben espressa da Obama, rappresenta il limite di una politica falsamente progressista che sta impestando l'occidente negli ultimi decenni. E' la politica di chi pensa di poter conciliare interessi di potere, di lobbies, di circoli finanziari e di settori trainanti del industria, delle multinazionali, con una parvenza di giustizia sociale. Impossibile. Gli interessi degli uni sono la causa dell'inesistenza dell'altra. Ecco perché le politiche del PD, dei Toni Blair, degli Zapatero, anche se "popolari" in certi contesti politici e momenti storici, hanno le gambe corte e procedono ingannando popoli e classi sociali lungo il solco del pensiero unico.
Un vero riformismo dovrebbe essere rivoluzionario. Perché dovrebbe andare realmente contro determinati interessi. Anche per realizzare un po' di equità sociale in una società di mercato occorre un grande coraggio. Coraggio che tutta questa gente non ha. Che caro Barack non hai neppure tu. Prenditi il Nobel, ormai screditato come una statuetta holliwoodiana. E poi raccontaci che Cristo è morto dal freddo.