mercoledì 30 marzo 2011

LA TOPPATA DI PIETRO.

Ho avuto da sempre una grande considerazione, un profondo rispetto per Ingrao, vero combattente della causa degli oppressi, uno degli ultimi comunisti veraci.
Però Nell'intervista rilasciata a l'Unità di oggi (qui), per il suo compleanno, poteva risparmiarci delle considerazioni piuttosto superficiali sulla crisi libica.

Il nostro padre virtuale della sinistra marxista dopo il PCI, ha giustificato l'intervento della NATO perché Gheddafi è un mascalzone... E via con accostamenti con la lotta al nazifascismo.

Solo due cose. La prima questo accostamento è del tutto fuorviante: gli alleati durante la seconda gueerra mondiale lottavano contro un nemico su scala planetaria: nazismo e imperialismo nipponico in primis con l'alleato fascista italiano, Mussolini. Gheddafi è un tiranno sanguinario del suo popolo, ma non sta certo mettendo a repentaglio il pianeta. Non ha attaccato i paesi europei, la Russia a est, non è sbarcato in Africa. Lì ci vive e lì ci resta. Quindi questo accostamento può essere forse di natura morale, non certo politica. Ma non è neppure morale, poiché USA e NATO non hanno in alcun modo una funzione progressista e democratica, soprattutto fuori casa.
Gli stessi regimi che ora crollano, sono quelli che i signori della guerra hanno sostenuto ben consapevoli dei totalitarismi con cui facevano grassi affari.

Quindi, seconda cosa. Ancora una volta, il pacifismo del no alla guerra senza se e senza ma, rappresenta la sola scelta strategica di una vera opposizione politica, di classe, sociale, in specifico di sinistra e marxista a questo sistema economico-sociale e alle sue forme politiche, che riproducono solo guerre e tensioni sociali. Per una cosa ben banale che Ingrao conosce molto bene: il profitto.

Pietro, stavolta hai toppato. Detto questo, tanti auguri, grande vecchio!

martedì 29 marzo 2011

NON SARA' PIU' COME PRIMA.


Provate a immaginarvi solo per un istante un paese in preda alle contaminazioni radioattive. Non una sola zona, perché le radiazioni vanno ovunque. Tumori nei dcenni a venire, l'incertezza su ogni cosa che si fa, su ogni cibo che si mangia, bevanda che si beve.

Una possibilità su un milione. Ma il Giappone, posto che questo calcolo sia vero e non lo è, quella possibilità l'ha beccata. Da uno tsunami per quanto potente possa essere ti puoi rialzare. Ma da un apocalisse strisciante che riduce Tokyo a una città terrorizzata, che ferma un'economia, che sposta il centro della politica, del commercio a Osaka, che sconvolge la vita di milioni di persone, riportare la situazione alla normalità sarà difficile se non impossibile.

E' questo il futuro che vogliamo? E' con questa incognita che vogliamo vivere il presente? I sostenitori del nucleare dicono che questo è il costo che le società più avanzate devono pagare per avere i loro tenori di vita, che le energie alternative sono insufficienti.
Posto che sia vero quello che dicono sull'energie solare ed eolica, e non lo è, se pensiamo che l'energia necessaria a far funzionare un sistema sociale può essere il mix di più procedure, non eslcuse il geotermico, le biomasse, l'idroelettrico insieme al solare e all'eolico, la questione è un'altra: può l'essere umano continuare a ritenersi il padrone del mondo in cui vive, un padrone dissennato e latore di una civiltà che di civile e naturale non ha più nulla? E' possibile in altre parole, continuare con questo modello economico-sociale? La risposta è no. E a chi dice che la politica è l'arte del possibile, rispondo cha la politica deve creare il possibile, un modo di vivere in questo pianeta possibile. Basta con l'alibi delle riforme sì, ma dopodomani.

La domanda a cui dare una risposta è questa. E in concreto nasce un'altra questione: è possibile e di vitale importanza realizzare un modello economico-sociale basato sull'eco-sostenibilità, passando dallo spreco al riuso, dalla crescita produttiva a una produzione-riproduzione, ritrasformazione delle risorse, delle materie?
La risposta è sì. E diventerà sempre più urgente andare verso questa direzione, prima che sia troppo tardi.

Primo punto su cui ragionare.
Ecosostenibile è una parola molto in voga. Ma ha un vero senso se TUTTO, se tutto il ciclo produzione e consumo diviene ecosostenibile. Altrimenti è solo un atteggiamento promozionale di qualche azienda e o pubblica amministrazione, una moda che non aiuta nulla e nessuno. La frase mortale è "iniziamo noi dal nostro piccolo". Non è vero nulla. Iniziamo noi, sì, ma imponiamolo a tutti coloro, multinazionali, paesi, sistemi sociali che sono di fatto nemici mortali della vita su questo pianeta.
Il primo punto è che la lotta contro la civiltà del nucleare e dell'idrocarburo, della rapina dell'acqua e dei beni della collettività è una lotta politica. E' una lotta rivoluzionaria, perché qui non si parla più di semplici e timide riforme, ma di una distruzione sistematica di ordine economico-sociale: quello in cui ci impongono di "vivere" e morire come topi in trappola. Ogni secondo di vita di un'azienda privata come la TEPCO è un insulto e un crimine contro l'umanità.

E qui veniamo al secondo punto.
Rivolto soprattutto a una sinistra vecchia, che ragiona ancora sullo sviluppo delle forze produttive, dei piani quinquennali. Molti plaudono alla Cina e agli elementi di socialismo di cui si fa portatrice. Cazzate.
Una certa sinistra radicale e gli eredi del PCI oggi nel PD, su questo hanno dei punti in comune. I primi con una visione obsoleta del socialismo, gli altri con un'accettazione del modello liberale e capitalistico. In pratica lo sviluppo del PIL come cartina di tornasole del benessere di una comunità. Appunto, cazzate.
Mai come oggi, la necessità di un processo rivoluzionario economico-sociale si è posto all'ordine del giorno. Neppure nel momento storico in cui Marx parlava di inconciliabilità tra classi e di comunismo come possibilità oltre il sistema capitalistico.
Ora l'inconciliabilità non è più solo tra classi, ma tra sistema sociale dominante, il capitalismo nella sua fase più matura e decadente e natura, ecosistema.
La visione di un'inevitabile passaggio al socialismo e al comunismo, poteva essere col senno di poi una forzatura nelle società del diciannovesimo e ventesimo secolo. Ma nel terzo millennio questo passaggio epocale è molto più radicale e profondo, perché tocca la categoria stessa di forze produttive in rapporto alla natura. Un aspetto che Marx non poteva prefigurare al suo tempo.
Dunque il secondo punto è il processo rivoluzionario che deve investire tutta la comunità umana mondiale nel suo insieme.

Il socialismo, ossia una società in cui la governance dei rapporti di produzione e del loro rapporto con le forze produttive e la natura in quanto madre terra, ambiente, ecosistema, è una gestione statale di default, così come di default è il diritto alla vita e il diritto di cittadinanza in ogni società civile, segna il futuro superamento delle attuali barbarie. Il politico, la democrazia stessa in quanto sistema regolatore degli interessi possibili entro questa governance che però è intangibile, non può, non deve toccare questo default.

Questo è il passaggio che si prefigura, Inevitabilmente rivoluzionario, perché pertiene l'abbattimento di un sistema di potere, quello capitalistico, l'annullamento di interessi economici ostili alla sfera stessa, ontologica, della vita umana e del pianeta. E' la nuova linea dell'inconciliabilità, non più di soli interessi economico-sociali, per dirla alla Marx, ma ben di più: inconciliabilità dell'esistenza della comunità umana per come si sta ponendo economicamente e socialmente ora e si è posta sin'ora, con la vita stessa del pianeta.

Fine del capitalismo può anche non significare necessariamente fine delle società mercantili. Ma comunque fine di un'appropriazione di lavoro altrui, di beni e risorse comuni a fine di profitto, questo sì. Perché la dominante del profitto è precisamente la premessa costante e perdurante di ogni rischio per la vita umana e per il pianeta, oltre a essere moralmente produttore di ingiustizia sociale. Il profitto crea inquinamento, guerre, è la potente leva e ragione di un'economia che si alimenta di fame per tre quarti della popolazione mondiale, di guerre, di spreco, di distruzione dell'ambiente.
Si può pensare a un ritorno a un'economia reale e non fittizia, monetarista, a soggetti economici locali, la cui attività è regolata dagli interessi generali della collettività, dal default.

Dopo Fukushima nulla può più essere come prima. Anche il mondo ecologista e antinucleare, anche la sinistra anticapitalista stessa deve avviare una fase di riflessione profonda e riformulare un progetto di trasformazione radicale di questa società, che non sarà certo rose e fiori.



sabato 26 marzo 2011

LE QUESTIONI SUL TAPPETO.


Cessate il fuoco e osservatori internazionali sul posto. Iniziative e pressioni per mettere attorno a un tavolo le parti. Queste sarebbero state le cose da fare sulla crisi libica, se non avessimo avuto una Francia alla ricerca di un protagonismo e di un controllo nel sud del Mediterraneo e il resto dell'Europa o complice o inerte o pilatesca.

Un'unità europea e una politica conseguente a livello internazionale che non esistono. Esiste solo l'Europa del monetarismo, che sostiene le politiche finanziarie di attacco alla spesa sociale e di sostegno ai potentati bancari e finanziari.
Esiste l'Europa di socialdemocrazie compromesse con questa politica, incapaci di un'iniziativa per il rilancio di politiche sociali a favore del lavoro e dell'economia reale: quella di chi produce e fa commercio di beni materiali, quelli che nutrono i cittadini, che creano case, infrastrutture, che valorizzano la cultura nei più diversi ambiti, e non l'economia immateriale che crea crisi dal nulla, da problematiche finanziarie e non dalla ricchezza reale e dall'attività concreta di un paese.

In Italia poi, la questione è ancora più drammatica. Interi pezzi del paese, di comparti economici sono nelle mani delle mafie e della criminalità organizzata. Il sistema sanitario lombardo è pieno di collusi con la 'ndrangheta, l'economia napoletana è controllata dai racket della camorra, dalla gestione dei rifiuti al pane, con il controllo criminale dei canali distributivi e una produzione di beni scadenti, senza controllo. Inquinamento (in certe zone sono aumentate le malformazioni ai feti), cibi avariati, ma il PD con le sue primarie pilotate dalla camorra non fa bella figura.

E proprio il PD si dimostra ancora una volta forza di alternanza a un regime asservito alle politiche di potenza, che calpesta l'art.11 e sostiene la guerra. Fu D'Alema, durante il suo governo, a coniare il termine di "missioni umanitarie" nel 1999. E da allora si è visto un Kossovo in mano a governi criminali con trafficanti d'orrgani umani, migliaia di vittime postbelliche da uranio impoverito e dobbiamo sentire ancora un Veltroni vantarsi da Santoro per i "successi" di quella missione.
Un partito per nulla pacifista, con mille ambiguità: dalla questione del lavoro (Fassino, Renzi e Chiamparino con la Fiat e non con la FIOM), al nucleare (c'è una componente nuclearista), all'acqua (Bersani sostiene la privatizzazione).

Le questioni sul tappeto, alla fine sono proprio queste. E a parte la sinistra radicale, i movimenti, che pure ci sono, non hanno una sponda istituzionale.
Il problema dunque non è quello di rifondare un essere comunisti. Sì, questo è un aspetto importante. La questione vera però è quella di rifondare la politica di fronte a un autoritarismo che si manifesta con un monopolio bipartisan dei media da Mediaset alla Rai lottizzata, con i comitati d'affari presenti in tutti partiti sino al PD che orientano le politiche antipopolari, le politiche di guerra, di appropriazione e gestione provatistica se non criminale del bene comune come l'acqua.

Non mi interessa avere ragione sulla questione di una prospettiva economico-sociale comunista. Mi interessa che anche soggettività e cittadini che si richiamano a un autentico socialismo e liberalismo possano tornare alla politica su principi condivisi. Lo si è visto che senza questi principi che ci dicono che la guerra non è mai uno strumento per dirimere i conflitti tra nazioni e popoli, che non si può cedere alla criminalità, che non si può consegnare il futuro dei lavoratori e dei giovani al solo punto di vista del capitale industriale e finanaziario, non esiste una morale politica.

E tutte le vacche in questa notte della ragione diventano nere. Dal piduismo berlusconiano al consociativismo (nei fatti) osceno del Pd.

domenica 20 marzo 2011

I CRETINI.


Ricapitoliamo. In Libia è in corso una guerra civile tra un rais totalitario e ribelli che si sono impadroniti di armi e mezzi militari.

L'occidente vede l'opportunità di rovesciare Gheddafi e togliere la sovranità economica ai libici, facendo diventare il loro paese un'immensa pompa di benzina per i paesi occidentali.

In particolare, Francia e Regno Unito, colgono l'occasione per modificare i rapporti influenza nel Mediterraneo, questo a discapito per esempio dell'Italia, anche se l'obiettivo principale è togliere la Cina dalle palle.

Quindi, iniziano le campagne media, che facendo leva sui morti tra la popolazione provocati dalla repressione di Gheddafi, iniziano a martellare le pubbliche opinioni, creando il nemico del momento. E' questo il primo bombardamento. In paesi come l'Italia, questo è un meccanismo ben collaudato, che arruola persino certe voci critiche (Mineo, Zucconi, ecc.).

Nel frattempo a livello di Nazioni Unite non viene fatto nulla per mettere le parti attorno a un tavolo. Grazie al mainstream mediatico, le potenze occidentali bloccano qualsiasi iniziativa diplomatica, facendo terra bruciata attorno a Gheddafi. Iniziative come quelle del Venezuela vengono del tutto ignorate dall'ONU. La preparazione dell'intervento prosegue.

Al di là delle propagande contrapposte (Gheddafi che parla di agenti di Al Qaeda e insorti e Occidente che mettono in rilievo la controparte come mera accozzaglia di truppe d'elite e mercenari), la guerra civile si connota di fatto come uno scontro armato tra due milizie con basi sociali reciproche che si combattono su tutto il territorio, qualcosa di ben diverso dalle rivolte civili in Tunisia e in Egitto, non violente, o comunque non con carattere di guerriglia.

A riprova di questo contesto, cambia lo scenario: gli insorti iniziano a perdere terreno. Qui, a questo punto scatta l'effetto che io definisco "Jo condor", dalla vecchia pubblictà della Ferrero, nella quale un "gigante buono" veniva chiamato da una comunità virtuosa per definizione (i buoni) per difenderla e punire il cattivo.

Ora, esistono tutte le condizioni perché l'ennesima operazione volta a sostenere certi interessi e non altri possa dispiegarsi come ragione suprema dei buoni contro i cattivi. Manca solo il placet della comunità internazionale, impersonificata da un ONU che ormai è un firma carte di decisioni prese altrove. Ma perché ci sia questo imprimatiur nel Consiglio di sicurezza, occorre l'astensione di Russia e Cina. Cosa che avviene a seguito, sicuramente, di contropartite. In futuro sapremo quali.

L'ONU approva e scatta l'operazione. Dopo la prima fase di bombardamenti, si vede subito che l'intento della coalizione va ben oltre la no-fly zone. L'obiettivo non è la difesa dei civili (che per altro iniziano a cadere a Tripoli sotto le bombe occidentali), ma la distruzione di tutte le infrastrutture militari dei lealisti a Gheddafi, con l'intento di sconfiggere il rais. Un'operazine che sul piano militare, se priva di forze di terra, apre a uno scenario di guerra civile prilungata, che produrrà nel tempo ancora più vittime civili, se non la scelta di trascinare in un nuovo Irak i paesi occodentali coivolti, Italia compresa.

In tutto questo l'Italia non ha avuto la capacità di assumere un'iniziativa che impedisse l'azione politico-militare di potenze alleate piuttosto golose di contratti e controllo economico del Mediterraneo. Una maggioranza screditata a livello internazionale, per le vicende ben note del suo premier e molto coinvolta nel business con il colonnello, ben più di altri paesi. Questa guerra, anche su un piano di "convenienza", penalizzerà l'Italia, ridimensionando il suo peso politico ed economico nel Mediterraneo. Ormai a dirlo sino parecchi esperti italiani, non certo pacifisti.

All'Italia non resta che ridurre a carta stracia il trattato con la Libia, fare da voltagabbana, concludere la brutta figura che stava già facendo da tempo (il biaciamani di Berlusconi al rais e altre faccenduole stravaganti) con i suoi alleati e accodarsi all'avventura dei "volonterosi". E sperare nella loro benevolenza, quando si tratterà di spartire il bottino.

In tutto questo, con il fallimento della politica estera italiana, con i rischi di una guerra sotto casa, cosa avrebbe potuto fare la "sinistra"? Fare finalmente una cosa di sinistra. Ossia non fare come il governo D'Alema fece nel 1999 con la crisi in Kossovo (lì era protagonista la NATO, ma la sostanza non cambia) e opporsi a questa ennesima operazione che di umanitario non ha nulla.

Bersani e soci non trovano di meglio che mettersi l'elemetto e contribuire a trascinare l'Italia in una guerra vergognosa, fatta solo per il petrolio e interessi di paesi altrui. Rispetto alla crisi balcanica, stavolta non si fanno garanti delle logiche di potenza della NATO. Questa volta fanno le mosche cocchiere della Francia e del Regno Unito, spacciando per orgoglio nazionale e dovere umanitario una totale assenza di elaborazione politica della situazione. Praticamente dei cretini. Con Napolitano completamente partito per la tangente, che nega l'evidenza: un uso delle forze armate per riportare il diritto (quale diritto? Cosa sarebbe succederebbe se i leghisti prendessero Milano con le armi?) non è guerra. Invece guerra lo è.

Conclusione: probabilmente persino la vecchia DC e i socialisti di Craxi (e sappiamo che razza di gente fosse), avrrebbero avuto più intelligenza politica di Berlusconi, Bersani, Di Pietro, Casini e di tutta questa classe politica che deve andarsene in blocco. Il "filorarabismo" andreottiano sarebbe stato capace di creare iniziative insieme ad altri paesi per avviare un dialogo tra le parti.

Invece, l'intera classe politica italiana ha sposato in blocco la logica del "crea il nemico per distruggerlo", del "con un mosto non si tratta", con cui le potenze occidentali vanno avanti per controllare intere aree del pianeta e far funzionare le proprie economie attraverso investimenti bellici, monetarismo selvaggio e guerre.

Nessuna di queste dirigenze di partito sa fare politica. Esprime solo gli interessi delle cricche multinazionali più potenti. Perché in questo caso, per esempio, Impregilo e l'Eni, che hanno investito milioni di euro in Libia, possono andarsene a quel paese. NESSUNO GOVERNANTE FRANCESE O INGLESE SI COMPORTEREBBE COSI'. Ecco perché sostengo che sono dei cretini.

Della pace ovviamente non se ne parla più, dell'art. 11 della nostra Costituzione neppure. Cosa aspettiamo a creare una coalizione politica che sostenga senza se e senza ma la pace, i diritti dei lavoratori, che difenda l'acqua come bene pubblico (il PD ha mandato al macero il sostegno ai lavoratori Fiat, ha posizioni privatistiche sull'acqua, ecc.). Bisogna essere per forza solo di Rifondazione?


sabato 19 marzo 2011

LIBIA. APPUNTI SPARSI.


La questione è che l'intervento della NATO, con o senza placet dell'ONU (ora
ce l'ha), non è la soluzione, ma l'epilogo del problema.
Vediamone il perché.
1. I fatti: una parte della popolazione si rivolta al regime e di fronte alla
reazione sanguinosa di Gheddafi (che comunque in Libia ha instaurato un
totalitarismo populista)..., prende le armi, parti dell'esercito disertano e
costituiscono una milizia popolare contro lo stato libico. In sintesi, è una
guerra civile. C'è popolo da una parte e popolo dall'altra.
2. Cosa avrebbe dovuto fare l'ONU: innanzi tutto le diplomazie avrebbero
dovuto muoversi per scongiurare il bagno di sangue, se fossero stati veramente
a cuore i civili libici che, come si sa, in ogni guerra civile ne fanno
pesantemente le spese. L'ONU avrebbe dovuto agire per una trattativa.
3. Cosa ha fatto invece la NATO: ha preparato le proprie opinioni pubbliche
all'intervento, il solito dittatore sanguinario che viene considerato un pazzo
(quando fino al giorno prima ci facevano buoni affari tutti). Ha lasciato
incancrenire la situazione. Ha quindi trattato con Cina e Russia la loro
astensione al Consiglio di sicurezza dell'ONU e si è garantita la possibilità
di intervenire. (Vedremo in futuro quali saranno le contropartite ottenute
dalle altre due potenze imperialiste per dare il placet a tutte le operazioni
necessarie a mantenere il Mediterraneo come zona di controllo NATO-Occidente).
Quindi, passata come al solito nell'opinione pubblica la nozione "noi buoni,
loro cattivi", non ascoltano, non trattano, vanno a bombardare, punto.
4. Cosa accadrà: con l'aviazione e le installazioni militari di Gheddafi, sarà
una guerra civile più lunga, che farà ancora più morti, dato che se gli insorti
hanno una base popolare, anche dall'altra parte c'è una parte di popolazione
che sostiene il rais; avremo ritorsioni terroristiche da parte di Gheddafi;
alla fine del conflitto avremo una Libia distrutta, in mano alle potenze
dominanti, i “volonterosi”, che ridisegneranno le influenze politiche nel sud
del Mediterraneo, controlleranno l'estrazione e i flussi di petrolio e gas
libico, ridimensionando il ruolo dell'Italia.

Entriamo nel merito delle argomentazioni "buoniste" di Napolitano, Bersani &
c, le stesse del governo D'Alema nella crisi dei balcani nell'era Clinton.
Davvero la NATO è titolata per intraprendere una simile operazione? Abbiamo
visto con la Ex Yugoslavia: civili bombardati, D'Alema porta ancora addosso il
sangue dei bambini dell'asilo di Surdulica, raso al suolo da uno dei tanti raid
"umanitari". Risultato: il Kossovo in mano alla più grande associazzione a
delinquere dell'area, traffico di droga, di organi, e chi più ne ha più ne
metta. Saltiamo l'Irak, nelle quali le posizioni del "tenero Giacomo" sono
state un po' diverse (non c'era l'imprimatur delle Nazioni Unite). Afhanistan:
le vediamo le operazioni NATO: bombardamenti sui civili, tanto che persino lo
stesso presidente Karzai, altro trafficante di eroina messo lì dall'Occidente,
ha protestato.

Alcune domandine:
Perché poi in LIbia sì e nel Bahrein (decine di morti tra i civili solo ieri)
no?
Se dei cittadini francesi avessero preso le armi e una parte dell'esercito
avesse occupato Lione, chi avrebbe potuto dire al governo francese di non
essere titolato per intervenire? Gheddafi non può perché non è democratico?

Io sto dalla parte degli insorti, ma non tollero un'aggressione militare
nell'area da parte di chi rapina e saccheggia metodicamente i popoli, da chi ha
come scopo essenziale il gas e il petrolio libici e non gliene fotte un cazzo,
diciamolo, dei civili. Come ha già dimostrato altrove.

Mi è piaciuto molto l'intervento di Marco
Revelli da Corradino Mineo, su Rainews24. Revelli in buona sostanza, diceva che
era prima che si dovevano fare i passi giusti, che l'ONU doveva intervenire per
mettere davanti a un tavolo le parti. Invece qui, la situazione è stata
lasciata incancrenire a bella posta. E' come il becchino che visita il malato e
interviene (poiché becchino) quando questi è morto.
La questione vera è che l'occidente non ha mai raccolto le possibilità di
mediazione, neppure quelle di Chavez. E non lo ha fatto perché ha deciso sin
dall'inizio di intervenire. Il suo problema è stato solo quello di preparare le
proprie opinioni pubbliche e trattare con gli altri veri e autorevoli
interlociutori: Cina e Russia.

Inoltre, può non piacere, ma quella è una guerra civile. Anch'io sono dalla
parte degli insorti e penso che Gheddafi sia uno dei tanti dittatori
sanguinari, oppressori del proprio popolo che andrebbe sconfitto e processato
per crimini. Ma una parte della popolazione libica è con lui. Solo questo fatto
avrebbe dovuto far agire diversamente un organismo internazionale come l'ONU,
che dovrebbe essere neutrale, ma che in realtà soggiace alle politiche
dominanti delle potenze imperialistiche.

Che fare? Adesso non c'è più nulla da fare, o molto poco, in un contesto in
cui abbiamo degli aggressori che si spacciano come umanitari, in una situazione
in cui anche personaggi come Zucconi e la Concita si sono messi gli elemetti.
Il mainstream guerrafondaio, con tutta la solita litania di menzogne e
falsificazioni, si è messo in moto e le poche voci fuori dal coro, c'è da
giurarci, verranno tacciate di anti-patriottismo e di filo-gheddafismo. Quando
poi avremo le prime bombe nelle nostre città (il rischio non è nei missili
libici, potenti come uno sputo, ma il terrorismo del perso per perso),
l'isteria crescerà. La questione vera è che non abbiamo una vera opposizione
pacifista, così come non l'abbiamo sul terreno del lavoro, dell'ecologismo e di
tanti altri temi fondamentali. Stiamo continuando a dare spazio a veri
mentecatti della politica come D'Alema e Bersani, che hanno creato lo stesso
schemino di oggi nell'attacco NATO alla ex-Yugoslavia e non si sono mai posti
il problema di quello che quei tragici eccidi e poi l'occupazione del Kossovo
hannom prodotto: classi dirigenti criminali, uranio impoverito nel territorio,
un odio sempiterno tra popolazioni... cdevo andare avanti? Siamo noi che
abbiamo un problema grande come una casa. Finché resteranno sulla scena
politica degli schifosi di questo tipo.

Che fare? La NATO è l'ultimo organismo che dovrebbe fare qualcosa. Si va la
non per i cibìvili libici, ma per qualcosa di molto meno nobile.

Infine, mi voglio mettere un attimo i panni di chi pensa all'Italia come
potenza politica dell'area. Anche da un punto di vista italiano, in questo
nuovo contesto conteremo come coppe quando briscola è bastoni. In questo
momento in cui scrivo, USA, UK e Francia stanno facendo un incontro ristretto.
Poi parteciperanno gli altri. potevamo frenare anche noi, come la Germania, ma
non l'abbiamo fatto, con la speranza che una partecipazione attiva (non
decideremo un cazzo) non dia troppo potere nel Mediterraneo poi a chi ci sta
inculando anche uno dei maggiori caseifici italiani come la Parmalat...
I nostri capitalisti e i nostri governanti, la nostra falsa opposizione sono
tutti un branco di cazzoni.

Oltetutto Bersani è anche deficiente sul piano politico, perché è ormai chiaro che Francia e UK, i più interventisti, possono agire così perché abbiamo un presidente del consiglio screditato a livello internazionale, che ha baciato la mano a Gheddafi, perché ora nella diplomazia internazionale l'Itaia conta come coppe quando briscola è bastoni. Questo intervento ci penalizzerà sul dopo Gheddafi: chi gestirà cosa? Altra bella guerra del cazzo, anche da un punto di vista imperialista, di influenza italiana nell'area.

Terza questione, la disinvoltura con cui ormai si fanno guerre a raglio. Abbiamo un paese in guerra civile sotto il culo e andiamo a buttare benzina sul fuoco. Sicuro che Gheddafi farà qualcosa anche sul nostro territorio. I morti civili nostri su chi peseranno, cari Frattini e Bersani?

Questo intervento non è una soluzione, non vanno là per questo, sono panzane. La NATO non è un'associazione benefica che tiene libero il mondo dai terroristi cattivoni. Vanno là per il petrolio e il gas, per una stabilità nel...l'area che se ne fotte dei popoli, come se ne fotteva prima quando questi signori facevano buoni affari con Ben Alì, Mubarak e lo stesso Gheddafi. Se ci mettiamo a calpestare tutte le volte l'art. 11 della nostra Costituzione accettando le ragioni di chi vuole fare "buoni affari", siamo dei pacifisti di m...

Perché i nostri santi difensori della democrazia non fanno qualcosa anche in Sudan, o nello Yemen, o nel Bahrein... perché fanno gli "umanitari" (te li raccomando i loro fuochi amici, andiamolo a chiedere agli afghani) solo quand...o gli interessa, punto. Fare qualcosa? Intanto chi. Poi che cosa. Non certo la NATO, perché tanto sappiamo già cosa farà e perché. Ribadisco, non possiamo fare i pacifisti a senso unico e solo quando lo riteniamo giusto. La guerra va aborrita, è una peste per tutti popoli. La resistenza libica deve lottare per la sua libertà, non per le nostre banche.


venerdì 18 marzo 2011

IL PD SI METTE L'ELMETTO.


"BERSANI, ALLA BUON'ORA LA DECISIONE DELL'ONU
«Alla buon'ora: la Comunità internazionale ha detto una cosa chiara, cioè che a una persona che riteniamo criminale e che vogliamo mandare al Tribunale dell'Aja non possiamo permettere di bombardare Bengasi»: lo ha detto il segretario del, Pd Pier Luigi Bersani, entrando al Teatro Regio di Torino, dove è in programma la cerimonia per i 150 anni dell'unità d'Italia con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. " (fonte: l'Unità online).

Dopo la decisione presa in sede ONU di dare il via libera all'intervento NATO per una no fly zone in Libia, il PD si mette l'elmetto e plaude all'iniziativa.
Senza rendersi conto che una simile decisione trascina il nostro paese e il resto d'Europa in una guerra nel Mediterraneo. Sarà difficile controllare l'escalation, la Libia è appena sotto il nostro territorio e non escluderei neppure azioni terroristiche nel nostro paese.

Una decisione sbagliata moralmente per la logica di aggressione imperialistica con la solita scusa della missione umanitaria (vanno a difendere i civili ... sic!), ma anche politicamente, perché oltre all'escalation pericolosissima, per l'Italia si andrà a ridefinire tutta l'area di influenze suille forniture di greggio e gas. Non credo infatti, che lo zelo di Francia e UK, insieme a quello USA, sia disinteressato.

Ma un'Italia già screditata dalla politica berlusconiana di affari e accondiscendenza verso il rais, ci spara fuori dallo scenario diplomatico internazionale. Contiamo come il due coppe quando briscola è bastoni.

Questo lo scenario. E in questo contesto,
si va ad aggiungere l'imbecillità dei "democratici". Dem evidentemente sta per dementi. Il PD diventa il cane da guardia degli interessi occidentali. Già mi immagino la canea bipartisan contro i pacifisti che, sebbene sostengano come me politicamente gli insorti anti-Gheddafi, saranno tacciati di fare il gioco del dittatore.
Già vedemmo sotto il governo D'Alema, Massimo il bombardiere, come la NATO difese i civili nella guerra contro la Yugoslavia.
Anche in questo frangente vedremo bombe "intelligenti" sugli abitati, scegliere tra buoni e cattivi, tra civili e militari. Un'intelligenza che conoscono bene dall'Irak all'Afghanistan, nei principali teatri di "peace keeping" occidentale.
Un film già visto. Schifoso e già visto.

mercoledì 16 marzo 2011

VALLO A RACCONTARE!


Vallo a raccontare agli elettori, ai tuoi elettori che dopo quanto sta accadendo in Giappone, vai avanti come se nulla fosse col nucleare. Vallo a raccontare ai tuoi compaesani, che ti hanno eletto governatore, che darai il placet per la costruzione di una bella centrale nucleare, anche di nuova generazione, proprio davanti alla finestra di casa, nel territorio dove vivono.
Vallo a raccontare.

E infatti, come volevasi dimostrare, dopo i primi epiteti di "sciacalli" tuonati da Il Giornale, da Libero e dalla Prestigiacomo agli ecologisti, che giustamente pongono la questione riguardo il programma nucleare italiano, il fronte nuclearista nel governo si sfalda. Dopo aver letto i primi sondaggi, che darebbero una batosta elettorale ai partiti di governo, se persistessero con questo proposito radioattivo, meno scaltri della Merkel e più cialtroni, sembra che i vari esponenti della maggioranza stiano discutendo tra loro sul che fare: meglio i voti e stare al governo o fissarsi su un nuclearismo destinato con tutta probabilità a morire con i referendum? Giugno è vicino.

Il primo a smarcarsi è stato Zaia, governatore del Veneto, che ha dichiarato che non permetterà mai che delle centrali vengano costruite nella sua cara e amata regione, ostrega. Figuriamoci se la Lega, sempre attenta alle scorregge di cane che potrebbero far perdere consenso, non si rivolterà come la merda al badile.

Poi entra in scena Angiolino Alfano a Ballarò, che arrampicandosi sugli specchi, dando un colpo al cerchio e uno alla botte, ha interpretato i primi dubbi di alcuni esponenti della maggioranza. I profitti di Enel e soci non valgono una messa.
E la posizione ufficiale è diventata: ci uniformeremo a quanto verrà deciso in sede europea. Come a dire: lo si decide tutti... inutile che le nostre lobbies nucleariste vengano poi a dirci che non abbiamo fatto il possibile.

Tra le tante dichiarazioni a raglio, alcune del tutto stravaganti se non fossero tragiche, tra cui spicca: faremo controlli sul territorio anche durante l'intero ciclo di vita delle centrali. Con un "anche" molto inquietante che ci rivela, come farebbero le cose alla cazzo di cane, all'italiana, se questo programma andasse avanti. I pulcinella si confessano e viene fuori che questi controlli, in aree a forte dissesto idrogeologico non li avevano preventivati. Nel tempo lo sviluppo della cementificazione e il conseguente rischio di alluvioni sarebbero stati una variabile non considerata.

Se le cose stanno così, con il nucleare all'italiana tutto finirà a tarallucci e vino, con qualche stornello romano alla mocheccefrega, mochecceimporta, simmo tutti figli 'e mammate.
L'importante sono i voti. E poi che cazzo, restano sempre il ponte sullo stretto di Messina, zona di maremoti e vulcani e l'alta velocità, dio fa.

martedì 15 marzo 2011

NO NUKE!


Quello che sta accadendo al Giappone è e deve essere un monito per la follia di chi ha costruito intere economie avanzate sul terrore nucleare.
Sto scrivendo mentre non sappiamo ancora a quale grado arriverà la fuga radioattiva dalla centrale di Fukushima. Augurandomi che possa restare contenuta (ma ahimè, ho seri dubbi), la migliore risposta che si possa dare al Ministro Prestigiacomo che definisce "macabro sciacallaggio" la voce di quanti in Italia riprendono la questione nucleare per bloccare il progetto del governo, è quella di dire che sciacalli sono coloro che trarranno profitti da questo stesso progetto.

Innnanzi tutto perché queste centrali nucleari non sono sicure e con le tecnologie fissili probabilemnte non lo saranno mai. L'argomentazione è che siamo arrivati a uno stoccaggio sicuro delle scorie, che le misure di sicurezza riducono al minimo i rischi. La prima argomentazione è una balla, la seconda pure e, anche fosse, quel "minimo" è un gioco che non vale la candela.

Poi sono sciacalli perché le centrali nucleari che hanno intenzione di costruire non soddisferanno che in minima parte il fabbisogno energetico del paese e non saranno così convenienti. Non saranno pronte che tra vent'anni e c'è da chiedersi quale sia quell'investitore che voglia anticipare miliardi di euro per avere un ritorno (forse) nel 2050.
La risposta è noi. Gli sciacalli ci spolperanno per bene, con i nostri soldi ci scaveranno la fossa, l'ara sepolcrale a nocciolo fissile dell'inciviltà consumistica.
Pagheremo noi contribuenti e le ditte appaltatrici, le aziende impegnate in questo progetto, da Enel ad Ansaldo, passeranno all'incasso, con ottime stock option per i manager e, c'è da giurarci, per Chicco Testa e Veronesi.

Questo è lo scenario. Mentre la Germania fa marcia indietro sul nucleare e la Merkel dichiara di voler dismettere due centrali obsolete, solo il nostro governo fascista nei fatti, vuole proseguire per non disattendere gli enormi interessi che ruotano attorno a questo affare.
Il parere di un nobel per la fisica come Rubbia (vedi qui) è molto importante. Il futuro energetico non è nel nucleare, ma in un mix di rinnovabili e biomasse, in un'energia pulita. Così come il modello economico, nell'era del canto del cigno delle riserve fossili, non può basarsi sul concetto di "crescita". Non sviluppo, ma progresso economico basato su produzione e consumo sostenibile, non sullo scempio dell'ambiente e sulla distruzione di risorse, ma sul riuso e il basso impatto ambientale.

Un tema, questo, che va al di là dell'ecologismo di maniera. Diviene questione politica centrale per tutte le società, da quelle tecnologicamente più avanzate, alle aree di sottosviluppo. Perché questo è il tema che si pone il problema di chi controlla l'economia, quindi la questione democratica: non c'è democrazia politica e sociale senza democrazia economica. E' il tema della redistribuzione della ricchezza sociale e delle risorse nelle specifiche società, ma anche nelle relazioni tra nord e sud del mondo.

Chi controlla il nucleare, controlla l'economia di un paese, che si fonda quasi interamente sulla produzione energetica a mezzo atomo. Mentre le rinnovabili rappresentano il decentramento della produzione energetica, il protagonismo delle comunità locali. Slow food, slow energy, slow life.
In questa partita, chi perde alla fine è anche chi ha una visione iperproduttiva. E' il toyotismo, sono le logiche produttive totali, che assolutizzano nella produzione e nel lavoro la vita dei cittadini, a entrare in crisi. Il disastro nucleare in Giappone ha un forte valore simbolico. Un monito non solo per la civiltà nucleare, ma anche per la civiltà della produzione parossistica, dominata dalla logica del profitto, per la civiltà dell'accumulazione e dello spreco consumistico.

La lotta vera è contro la centralità del profitto, e contro tutte le logiche che, come il nucleare, ne sono una conseguenza. A Nord come a sud, a est come nell'oriente del falso socialismo cinese, che celebra la morte di un comunismo novecentesco basato sul mito del lavoro, sullo stakanovismo, sul surplus monetario nel nome del partito e dei suoi satrapi privati, dei piani quinquennali che esigono centinaia di morti in miniera e zero diritti. Oggi a contraltare del consumismo occidentale, dei profitti selvaggi del neoliberimo, abbiamo il neoconsumismo di milioni di schiavi salariati e padroncini sul mercato sterminato della Cina post-maoista.

Il nucleare è l'emblema e l'elemento chiave di questa centralizzazione lucrosa di risorse, di processi produttivi, di logiche pervasive su tutti i corpi sociali sempre più devastati dall'alienazione. E alla fine di questa vita sociale insensata, dominata dai tempi, dai ritmi e dai valori del capitale, c'è la fine dei polli d'allevamento, tra morte lenta per elementi come cibo e aria inquinati, radioattivi e morte per guerra nelle zone di conflitto.

La soluzione è nello spezzare questa catena della sofferenza sociale prima che sia troppo tardi. Siamo in un'era di passaggio. Fatti come la catastrofe nucleare nipponica sono solo delle avvisaglie, così come i processi rivoluzionari nel nord Africa. Occorre assumersi le proprie responsabilità e affrontare un lungo e doloroso processo di lotte sociali. E' l'unica strada.

sabato 12 marzo 2011

LA "DEMOCRAZIA" DELL'OCCIDENTE, VA A PETROLIO E A TUTTO GAS


La Ue, gli USA, tutti hanno deciso di isolare Gheddafi e di appoggiare i rivoltosi libici, anche se non vengono ancora riconosciuti (dalla UE) come rappresentanti di un nuovo governo libico. La Francia, addirittura, sarebbe per intervenire bombardando Tripoli, senza aspettare l'ONU.

Se le guardiamo con un po' di distacco, non si può non ravvisare nelle posizioni occidentali sulla questione democrazia negli "altri paesi" un bel tasso di schizofrenia. Ma come, i regimi di Mubarak, Ben Alì e (ultimamente) Gheddafi andavano bene prima, erano comunque interlocutori e poi no! Scoprono in essi regimi sanguinari e li abbandonano come giochi rotti e inservibili. Vogliono deferire Gheddafi al tribunale internazionale per crimini contro l'umanità, come se prima della guerra civile non ci fossero carcere agli oppositori, tortura, profughi massacrati e lasciati a morire nel deserto.

Ma la cosa più assurda sono le motivazioni sulla conduzione ordinaria di questoi sistemi politico-sociali indubbiamente autoritari e totalitari. Regimi senza democrazia, diritti e così via. Giustissimo, ma vorrei ricordare a questi catoni della democrazia assoluta, Obama in testa, che tanto assoluta poi non è. Che dire degli alleati dell'Occidente come l'Arabia e gli Emirati Arabi? Sarebbe interessante andare a vedere i loro sistemi politici, quanta democrazia c'è. Sarebbe opportuno andare a visitare i loro carcere, caro Obama, o che so: provare a costruire una chiesa.

Cari G8 del piffero, gradirei più onestà morale e una minore offesa dell'intelligenza dei cittadini che governate e che diciate sinceramente: i nostri criteri sul tasso democratico di un paese si basano sugli interessi economici e geopolitici che abbiamo in comune con i loro governanti. La Francia che ora tuona contro i dittatori della sponda sud del Mediterraneo, aveva ministri che andavano in vacanza in quelle amene località per mezzo dei jet privati messi a disposizione dei medesimi dittatori.

Vorrei che diciate: andiamo in quei paesi con le truppe, manovriamo le nostre intelligence per il petrolio, per il gas, per contendere le risorse alle altre potenze come Cina e Russia. Non tirate in ballo una questione così nobile come la democrazia, non strumentalizzate il sangue che versano i popoli per liberarsi da quelle dittature che fino a ieri voi avete appoggiato per il petrolio, il gas e con cui avete fatto buoni affari.

venerdì 11 marzo 2011

UN PAESE DI CIALTRONI.

Un paese in ginocchio, ma composto, civile, organizzato. Il Giappone di queste ore sta dando prova della sua proverbiale capacità di reagire razionalmente, con spirito collettivo alle peggiori emergenze. Questo è senso della nazione. Tutto il contrario dell'Italia. Mi posso immaginare cosa sarebbe accaduto se al posto dei giapponesi ci fossimo stati noantri, che fottiamo e chiagnamo. Che rubiamo ai moribondi.

Lo abbiamo visto con il terremoto de L'Aquila, con la non ricostruzione, con l'uso strumentale da parte del sultano della tragedia abruzzese, nell'organizzazione del G8 in quei posti disastrati. Lo si è visto nelle ruberie degli amici infilati nella protezione civile, con i massaggi con la bocca fatti da avvenenti troioni a Bertolaso a compensazione di favori edilizi.

Ma davvero li vogliamo festeggiare i 150 anni dell'unità d'Italia? Io la voglia ce l'ho, ma solo per metterlo in culo a Bossi e ai suoi pezzi di merda padani. Perché poi di fatto ci siamo lasciati alle spalle, come statue del passato, i Silvio Pellico, i Bandiera, i Salvo d'Aquisto, i fratelli Cervi, le Irma Bandiera, i partigiani che morivano davanti ai plotoni repubblichini con la parola Italia tra le labbra.
Davvero vogliamo festeggiare questa Italia sempre più in mano a mafie e cavalieri pitreisti e fascisti?

giovedì 10 marzo 2011

DOMANI E' L'11 MARZO.


Uno studente che esce da un portone e si trova in mezzo ad altri giovani che scappano. Riconosce dei suoi amici, di Lotta Continua come lo è lui e altri ancora, del movimento. Qualcuno gli grida di scappare, ma fa solo in tempo a sentire queste poche voci concitate, a respirare l'odore acre dei lacrimogeni, perché poi seguono degli spari e questo studente viene colpito da un proiettile.
Francesco, questo era il suo nome, Francesco Lorusso cade. La corsa in auto all'ospedale, portato da alcuni suoi compagni sarà vana.

Francesco muore e la sua morte sarà l'inizio di una risposta rabbiosa da parte di un'intera generazione di ragazze e ragazzi di sinistra, che durerà una manciata di giorni. Ma soprattutto sarà l'inzio di un'occupazione militare della città di Bologna da parte della polizia e dei carabinieri, con il placet della dirigenza del PCI locale, sindaco Zangheri in testa. La repressione a bastonate e lacrimogeni su chiunque in centro passeggiasse o formasse capannelli, era un costo accettabile per liquidare un movimento che dava molto fastidio a livello nazionale. Era accettabile per Pecchioli, per lo stesso Berlinguer, che oggi viene osannato come il moralizzatore.

Il regime democristiano rispose con un picco di violenza molto alto, rispetto alla litania di morti ammazzati nelle manifestazioni del movimento e della sinistra exraparlamentare. E lo potè fare perché a "sinistra" ci fu chi glielo permise, ci fu chi appoggiò il clima di caccia alle streghe.

Ecco, il compito di chi visse quelle giornate e quei mesi in prima persona, nel fumo delle strade è molto semplice: ricordare.
Ricordare quando oggi ci vengono a dire che sulla questione FIAT-CGIL non ci si schiera, quando va in onda la pantomima di Cesare Battisti grande mostro, quando scende la lacrima per il carabiniere ucciso.

Se lo stato continua a essere quello di 34 anni fa, anzi se è peggiorato di fronte a un processo autoritario che compie il piano di "rinascita democratica" della P2, di fronte all'ignavia e all'opportunismo degli eredi della sinistra storica di quegli anni, le ragioni di un cambiamento rivoluzionario sono le stesse. Magari e possibilmente con strumenti politici diversi: presumo una maturità che ripudia la violenza da parte di chi si oppone sul serio a questo stato di cose presente. Ma le ragioni restano tutte.

Francesco è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai!


lunedì 7 marzo 2011

LA SOLIDARIETA' DEI SOLITI LADRONI E CRIMINALI.

E' di queste ore la minaccia al regime libico da parte del generale della NATO Anders Fog Rasmussen: «se Gheddafi e il suo regime continueranno ad attaccare sistematicamente la popolazione civile, non posso immaginare che la comunità internazionale e l'Onu rimangano a guardare».
Peccato però che questo difensore fuori tempo massimo dei diritti civili libici (dov'era la NATO, dov'erano i paesi occidentali quando Gheddafi massacrava l'opposizione libica, torturava e incarcerava? Chi faceva "buoni affari" col rais?), predichi bene (si fa per dire) e razzoli molto male. Molto, se consideriamo la litania di danni collaterali dei bombardamenti NATO prima in Irak e poi in Afghanistan. Quanti civili ha massacrato la NATO in tutti questi anni nei suoi teatri di guerra?

E' strano questo peso e due misure di noi occidentali: gli altri massacrano le popolazioni, aggrediscono, fanno guerre. Noi intraprendiamo solo missioni umanitarie, con qualche effetto collaterale del tutto trascurabile.

Questa difesa pelosa dei civili libici è ignoble per questa ragione che ho appena esposto, ma è anche pretestuosa nel non voler vedere che in Libia nei fatti è in atto una guerra civile, che ci sono parti belligeranti: Gheddafi con i suoi fedeli e con pagatissimi mercenari da una parte e colonnelli e insorti costituiti in milizia popolare dall'altra. E in mezzo come al solito ci sono i civili.

L'occidente confonde i combattenti anti-Gheddafi con i civili. Per schierarsi con gli insorti, li associa a cittadini in fuga, o tutt'al più a semplici manifestanti, come quelli tunisini o egiziani. Stronzate. Io lo dico chiaramente: sto dalla parte degli insorti contro il regime di Gheddafi, dei combattenti rivoluzionari che hanno deciso di aprire una nuova stagione di libertà nel loro paese. Ma non mi metto a piangere sulle cannonate e sui raid del rais. Cosa accadeva nella nostra Resistenza al nazifascismo? Cos'erano i partigiani: dei civili inermi?

Ogni lotta di liberazione esige il suo tributo di sangue, non raccontiamoci palle. I combattenti libici anti-Gheddafi, dal canto loro, non l'hanno mandato a dire ai governi del blocco NATO: fuori dai coglioni, questa guerra è faccenda nostra, interna alla Libia. E hanno già cacciato via a calci in culo degli esponenti dei servizi segreti britannici che, sbarcati all'inglese sulle coste libiche forse pensavano di fare come Montgomery a Tobruk.

La realtà è che la NATO e i paesi del centro imperialista ci hanno abituato a missioni e crociate "umanitarie" guarda caso nelle zone di interesse strategico e di controllo e possesso delle risorse primarie come il petrolio e il gas. Ci hanno scassato i coglioni con argomentazioni pretestuose per mettere le mani sui beni e le risorse dei popoli.
Non è demagogia: è un dato di fatto.

In particolare, sulla questione libica, i paesi a prevalenza anglosassone: una è un'isola, l'altro sta oltre l'Atlantico, due nomi a caso: UK e USA, che non hanno la patata bollente direttamente sotto il culo, ma sono interessati a ridefinire le proprietà, i flussi e gli usufrutti, ossia i proventi dela rapina ai danno del popolo libico a discapito per esempio dell'Italia, spingono per una soluzione militare diretta, o di appoggio sostanzioso agli insorti o di presenza militare, tanto ci hanno fatto il callo (le popolazioni UK e USA un po' meno).

Per questo, nella contesa tra ladroni, secondo il ragionamento leniniano che i tedeschi avevano meno torto degli anglo-francesi nella prima guerra mondiale, capisco le remore di Frattini. Ma ovviamente non le giustifico. Qui da noi il patto d'amicizia con Gheddafi l'hanno approvato tutti. Anche il caro Veltroni che oggi vorrebbe mettere l'elmetto per aiutare Obama zio Sam. Dormiva quel giorno in aula? No, semplicemente non c'era. Perché a lui si sa, stanno a cuore i diritti dei popoli. A scoppio ritardato.

Detto questo, la posizione migliore che la sinistra (quella che sembra essere tale) e il pacifismo possano avere è manifestare contro qualsiasi ingerenza bellica della NATO nella guerra civile libica e, nel contempo, mobilitarsi per aiutare la popolazione civile sul serio, come si faceva nei tempi di un ponte per Baghdad e con la ex-Jugoslavia. Cibo, vestiti, medicine, sanitari come quelli di Emergency. Magari a Bengasi e non a Tripoli. Senza sognare come starà facendo qualcuno duro e puro a brigate internazionali. I resistenti libici non sappiamo ancora bene chi siano. Soprattutto non sono come il governo repubblicano spagnolo degli anni '30.

martedì 1 marzo 2011

UN MINUTO DI MINZOMERDA.


Stamattina ho provato a guardare il TG1 di Minzolini. Alla fne, quando ci sono le rubriche, ce ne è una che in un minuto racconta un fatto accaduto quel giorno di tot anni fa.
1° marzo, una voce fuori campo fa vedere la storica manifestazione del '68 a Roma, passata alla storia col nome di "Valle Giulia". Studenti che spaccano vetrine, automezzi bruciati. Ovviamente nulla sui contenuti di quelle proteste. Andiamo avanti. Ovviamente l'accenno a Pierpaolo Pasolini, che in quell'episodio si schierò coi poliziotti, figli di proletari e braccianti e stigmatitizzò gli studenti figli di papà. Altra scontatezza, zero contenuti.

Ma il segno il minuto di minzomerda, lo passa quando parla delle contestazioni a Trento. Da lì, di chi inizia a parlare? Dio Curcio, Francescini, della Cagol, quindi le Brigate Rosse, il sequestro Sossi e altre vicende terroristiche che con il movimento del '68, per data (le Bierre nascono 3/4 anni dopo) e per tipologia (un movimento eterogeneo dove c'erano tanti giovani e si faceva di tutto e un'organizzazione armata, chiusa nella sua logica), non c'entrano nulla.

Visto che il giornalista è partito da Valle Giulia per parlare di Trento, per parlare di B.R., poteva proseguire e parlare che so di Hamas o di Osama Bin Laden, arrivare ai giorni nostri, seguendo il metodo del "saltare da palo in frasca" per far passare nella testa del pubblico: lotte del '68=terrorismo.

L'operazione è talmente schifosa per mancanza di onestà intellettuale e faziosità, da commentarsi da sola. Care amebe del TG1, perché allora, se parlate di Trento nel '68 non parlate di Mauro Rostagno, ucciso anni dopo dalla mafia per la sua opera di giornalismo denuncia? Mestiere che voi certo fate male e senza un briciolo di onestà.