sabato 23 aprile 2011

GARANTISMO E GIUSTIZIALISMO


L'attacco eversivo che Berlusconi fa ai magistrati per non pagar dazio e non essere processato, le sue leggi ad personam, trovano giustamente una risposta di difesa democratica e costituzionale della giustizia, da parte della società civile. Del resto il garantismo di Berlusconi si chiama impunità, è un garantismo a senso unico e la difesa delle prerogative della magistratura è sacrosanta. Ma detto questo, non mi piace che questa difesa si trasformi in esaltazione del ruolo del magistrato, in un'epica dell'azione inquirente, dove il giudice ha sempre ragione ed esiste una legge con la elle maiuscola, come il "culto dell'essere supremo" di giacobina memoria. Anche questo è un rischio per una democrazia laica, laicamente garantista. Personaggi come Saviano e Travaglio alimentano il culto del carabiniere e del magistrato, contrapponendo all'extralegalità berlusconiana una legalità indiscutibile. Un giustizialismo cieco che rappresenta a sua volta l'anticamera di una democrazia autoritaria, pronta a scagliarsi contro chiunque delinqua, anche lavoratori che lottano occupando la fabbrica, o un Gandhi che infrange la legge o una Rosa Parks che si siede dove non dovrebbe. Il giustizialismo è la faccia pedantesca, da contabilità carceraria del cretinismo legalitario. Va contrastato riproponendo per esempio la legittimazione dei movimenti come quelli degli anni '70 e il diritto a esercitare democrazia diretta non sempre con strumenti da "bravi bambini".

venerdì 22 aprile 2011

PER UN 25 APRILE DI LOTTA


Ogni anno è sempre peggio. E' degli ultimi giorni l'uscita estemporanea di un tal Ceroni, peones parlamentare del PdL per cambiare l'art. 1 della Costituzione. Vuole inserire la formula in cui il Parlamento è al di sopra di qualsiasi altro potere costituzionale.
Ovviamente non è che la prima parte della Costituzione si possa cambiare così come se si trattasse di una normale legge in esame. Questo lo sa anche chi manovra e orchestra questa sequela di uscite bizzarre: come i manifesti a Milano "fuori le br dalle procure" di un altro mentecatto berlusconiano candidato nella lista Moratti, tal Lassini.

Sembrani appunto uscite estemporanee. In realtà fanno parte di un piano volto a stravolgere la Costituzione, instaurando un regime populista che controlla col potere del Parlamento tutti gli altri poteri. Che col quinto potere, quello dei media, si assicura la maggioranza nel paese, che col sistema maggioritario può controllare le camere con il solo 20-25% dell'elettorato, che con la porcata elettorale di Calderoli, può decidere chi va in Parlamento e chi no, al posto dei cittadini italiani.
E' il volto che assume il fascismo in una società occidentale all'inizio del terzo millennio.

Ma tutto questo non sembra preoccupare un'opposizione inesistente, che invece di fare di tutto per far saltare un governo che non è più il risultato di elezioni, ma di un rimaneggiamento, di un mercato delle vacche, preferisce starsene lì, sui banchi, a servire da contorno a tutte le leggi che stanno approvando. Tutti colpi, come il processo breve, che riducono la nostra Repubblica a un banana republic. Bersani, Di Pietro e compagnia cantante se ne dovrebbero andare, dovrebbero delegittimare la fossa dei peones, ma non lo fanno.

Ecco perché ogni anno è peggio. E questo 25 aprile ha il sapore di una Resistenza al processo autoritario in atto, ancora più degli anni passati.
Nel teatrino dei pupi si inseriscono personaggi come i vendoliani, che vorrebbero fare un patto di pre-consultazione con il PD e IdV. Qualcuno, come Giordano, anche di più: vorrebbe costruire un nuovo soggetto politico. Invece di costruirlo nella società, tra i movimenti, nel mondo del lavoro e del precariato, tra le forze della sinistra di classe e radicale. Perché questo è ciò che si dovrebbe fare.

Gli attori di questo teatro della politica autoreferenziale, sono tutti cani morti, che non rendono onore al patrimonio storico della Resistenza e dell'antifascismo. Vendola dovrebbe guardare alla sua sinistra, invece, con un gesto di arroganza taglia fuori una parte politica che è essenziale allo sviluppo di un processo di ricostruzione di un soggetto alternativo.
Al di là delle parole e delle appartenenze, la Resistenza la si celebra nell'essere autenticamente una spina nel fianco del golpismo strisciante berlusconiano.

martedì 19 aprile 2011

LA LEGGE TRUFFA SUL NUCLEARE.


(Da Liberazione)
"Il governo ha deciso di dare uno stop al programma nucleare ed ha inserito nella moratoria, già prevista nel decreto legge omnibus all'esame dell'aula del Senato, l'abrogazione di tutte le norme previste per la realizzazione di impianti nucleari nel Paese. Con la proposta di modifica, il governo propone «l'abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari» e di non procedere «alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». Il via libera a questa modifica potrebbe portare a un superamento del referendum del prossimo 12-13 giugno."

La manovra è chiara: evitare il referendum sul nucleare, che avrebbe portato a una sconfitta definitiva dell'opzione nuclearista in Italia, avrebbe dato sicurezza al raggiungimento del quorum con conseguente abrogazione della legge sul legittimo impedimento, ma, soprattutto avrebbe portato a una conta sul sostegno o meno dei cittadini italiani al governo Berlusconi.
La truffa dove sta? Nel fatto che questo governo di delinquenti potrà riproporre il nucleare dopo qualche mese, una volta passato l'effetto terrore provocato dall'incidente nucleare di Fukushima.

Infatti, sempre da Liberazione: "«entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge» il consiglio dei ministri «adotta la strategia energetica nazionale» nella definizione della quale «il consiglio dei ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione Europea e a livello internazionale» in materia «di scenari energetici e ambientali». Di fatto, si sposta di un anno la valutazione - alla luce anche degli stress test che fra breve saranno effettuati in Europa - della praticabilità del ricorso a varie fonti energetiche, dalle quali non è esplicitamente esclusa quella nucleare."

Ovviamente Bersani canta vittoria, pensando che dopo le verifiche anti-stress sugli impianti nucleari europei, dispoti dalla Comunità Europea ai paesi membri, il nucleare verrà soppiantato e l'Italia si accoderà. Ma non hanno ancora capito, gli oppositori da operetta, che questo governo è una variabile impazzita? Bersani ragiona con il suo metro, non con quello di un criminale di stato che reimporrà con qualche stronzo cavillo il nucleare, poiché i gruppi finanziari e industriali che compongono la golosa cordata di pescecani ciechi non possono rinunciare ai lauti profitti. Il banchetto del capitale privato e misto, delle cricche di Enel, Sogim, Edison, Tecnimont, GDF SVEZ, Techint, Westinghouse e altri sui soldi dei contribuenti italiani, secondo lo schema ormai consolidato: plusvalenze private, stock option ai boiardi e costi alla collettività.

Per questo, è importante mantenere la pressione e la mobilitazione antinucleare nel tempo. Andare a votare gli altri referendum: quello sull'acqua e sul legittimo impedimento, comunque importanti e per dare un segnale forte di delegittimazione del governo.
Ma soprattutto occorre costruire una resistenza civile, ferma e risoluta a questo autoritarismo che sta smantellando le istituzioni democratiche. Con l'obiettivo di far cadere il governo Berlusconi sotto i colpi di lotte sociali incontrollabili.









lunedì 18 aprile 2011

QUESTIONE DEMOCRATICA ED EUROPA.


Come ho avuto modo di sostenere a più riprese in questo blog, la questione democratica è sempre più all'ordine del giorno. Si configura sempre più come conflitto interno ai poteri dello stato, come delegittimazione della sovranità popolare con la legge elettorale che priva di preferenze sui candidati i cittadini, come bipolarismo che anichilisce ogni pluralismo che provenga dalla società civile, infine come pervasione della vita politica di un populismo reazionario di stampo criminale e razzista, con alla testa un boss che se non ha la maggioranza, ricatta e compra i deputati. Con un Parlamento ridotto a un mercato delle vacche. Berlusconi compra gli "onorevoli" e attacca frontalmente la magistratura, uno dei poteri dello Stato, e ogni protesta sociale civile o fortemente conflittuale, si scontra con un muro di gomma, mentre le opposizioni poco o nulla fanno di fronte a una situazione che scivola tragicamente verso lo stravolgimento del nostro sistema politico e costituzionale. L'approvazione del processo breve è solo un ultimo dei tanti passaggi politici. In un paese civile e democratico, un premier con così tanti procedimenti penali in corso, con accuse infamanti come lo sfruttamento della prostituzione, la corruzione, non saebbe rimasto al suo posto cinque minuti di più. Ma in Italia ormai sono saltati i limiti della decenza e i poteri forti di appartenenza pitreista e mafiosa, si concentrano attorno al premier per far saltare il banco della democrazia e invadere il paese con la logica del puro arbitrio dei potenti. E' il concetto stesso di citoyen per come si è configurato dalla rivoluzione francese in poi, che viene rottamato. E la Repubblica Italiana diviene territorio dichiaratamente in balia alle forze sociali dominanti, alle cricche e ai comitati d'affari più sordidi. Ecco lo scenario attuale, a cui si aggiunge la strada obbligata per restare in Europa, che chi governerà nei prossimi anni deve far percorrere agli italiani: ridurre il debito pubblico con misure di tagli alla spesa che provocheranno rivolte sociali, perché sulla spesa pubblica ci campano milioni di famiglie. Solo un regime che va al di là del consenso espresso elettoralmente può varare misure così impopolari. Questa è la posta in gioco, in un Europa che si è rivelata poco solidale con i paesi in crisi, e con i migranti che vengono, come dice giustamente il cardinale Tettamanzi, a condividere il benessere che l'occidente stesso ha "grazie" alle rapine su queti popoli. Vien quasi da pensare che neppure l'opposizione ha tanta voglia di prendere tra le mani questa patata bollente e che la situazione va sempre più imputridendo proprio anche per questo. Europa o non Europa, la questione democratica e la questione del lavoro, arriveranno nei prossimi mesi a un conflitto sociale di vasta portata, a cui le forze di regime possono rispondere con violenza e con la soppressione di diritti fondamentali. Ci sono tutte le condizioni. Più in generale, l'Italia, porta d'accesso dell'area sud del Mediterraneo, incarnerà per prima l'epoca in cui le contraddizioni di classe, sociali, salteranno anche nei paesi dell'Eurozona. Anche in questo senso va letta la reazione francese alla politica italiana sui migranti. Un pretesto elettorale di Sarkozy, certo, ma anche qualcosa di più. E' dall'Italia che l'Europa inizierà a franare. Sin'ora, paesi periferici come Grecia, Irlanda e Portogallo, hanno solo portato una pressione economica di cui farsi carico come comunità europea, ma nulla di più. Anche le tensioni sociali greche sono state ricondotte a problema di ordine pubblico in un contesto ancora troppo poco omogeno per crisi sociale internazionale. Non sarà così per l'Italia. Già nel Nord Europa sono in atto risposte anti-europee, come in Finlandia, dove ha vinto la destra e ha fatto un balzo il partito di estrema destra "Veri finlandesi". E già la comunità trema per la rottura dell'unanimità per l'appoggio al Portogallo. Il preludio di una frantumazione di cui non conosco i tempi, ma di cui vedo già ben chiara la tendenza. E' in Italia che le forze democratiche e di sinistra devono assumersi in via obbligatoria e non più rinviabile, la responsabilità di gestire il conflitto politico verso la sconfitta dele forze reazionarie delle destre, anticostituzionali ed eversive nei fatti. Una lotta senza quartiere per la democrazia e per uscire dalla crisi con una ricetta diversa da quella che ci vuole far assumere la cricca delle banche centrali europee. Paradossalmente il migliore europeismo è proprio questo. Non l'Europa delle banche, ma l'Europa dell'emancipazione sociale e del lavoro, delle tasse sui redditi parassitari e sulle speculazioni e della redistribuzione della ricchezza sociale e di risorse a favore di cittadini e imprese.

sabato 16 aprile 2011

VITTORIO ARRIGONI, UN EROE GIGANTESCO.


http://www.youtube.com/watch?v=NBgI_QWgXaI

Vittorio Arrigoni, attivista dell'International Solidarity Movement a Gaza City, è stato rapito e assassinato da un presunto gruppo estremista islamico salafita. Vittorio era un punto di riferimento nella narrazione quotidiana dei crimini che il governo sionista di Tel Aviv perpetra nei confronti della popolazione palestinese della West Bank. Note a tutti coloro che seguono con occhio critico il conflitto israelo-palestinese, erano i suoi post dal suo blog http://guerrillaradio.iobloggo.com/ e i suoi articoli dalle pagine del Manifesto. Più di resoconti: lucide analisi della politica di apartheid dei nazisionisti israeliani e delle politiche complici dei paesi occidentali, USA ed Europa in primis. Vittorio era la voce della Resistenza palestinese popolare, al di là delle sue connotazioni politiche specifiche. Grande la rabbia degli amici e della comunità palestinesi, cordoglio dalle principali forze politiche di Gaza City, Hamas in testa, con manifestazioni sentite e la bandiera italiana sul suo feretro. La condanna del suo assassinio da parte della comunità palestinese è unanime, così come ambigua è la paternità del gesto criminale. Persino le forze salafite anti-Hamas più accreditate hanno preso le distanze. Il video del gruppuscolo salafita filo Al Qaida che propagandava il rapimento spiegava che Vittorio come infedele propagava nel popolo palestinesi abitudini occidentali. I salafiti armati del resto, sono oggetto di una particolare e più che giustificata repressione da parte delle forze di Hamas. I salafiti hanno tentato di instaurare un emirato a Gaza. Ma persino questi ambienti non spiegano le ragioni di questo atto. Arrigoni rapito per liberare il solito sceicco fanatico, ma poi ucciso senza aspettare l'ultimatum. A chi giova questa morte? Certamente ai nazisionisti israeliani. Vittorio era sin dai tempi dell'operazione "piombo fuso", quell'immane e criminale massacro a Gaza dei terroristi di stato israeliani, un obiettivo dichiarato per l'esercito e l'intelligence di Tel Aviv. Che non facevano mistero della cosa, esplicitandola su siti internet vicini al Mossad. Non si può dirlo con certezza, ma va sottolineato che non sarebbe la prima volta che infiltrati dei servizi israeliani, così come quelli USA, s'infilano nei gruppi di Al Qaida per favorire azioni convenienti. Una tattica che spiega anche uno scenario come quello che ha portato all'11 settembre. Resta il fatto che Israele ha potuto avere la sua testa senza prendersi direttamente la responsabilità, anzi: potendo sostenere tranquillamente che Arrigoni è vittima del poco affidabile e sanguinario terrorismo palestinese. Un punto a favore di un paese che si spaccia per democratico, ma che democratico non è. Un modo per giustificare le nefandezze di questo regime sanguinario al pari di quello di Gheddafi e Assad, potendo così dire: visto? I palestinesi sono nel caos, non è possibile considerarli un'entità nazionale, trattare con loro. La strada aperta da Vittorio, questo è certo, verrà percorsa da altri militanti pacifisti. Vittorio sognava un mondo senza confini, barriere, bandiere. Vittorio ha saputo coniugare sostegno attivo alla popolazione, ai contadini, ai pescatori, nei campi, in mafre negli ospedali, ad appoggio maturo e consapevole alla Resistenza popolare palestinese senza rinunciare al pacifismo, con maturità e autonomia di giudizio. Restiamo umani, Vik. Umani insieme a te.

lunedì 11 aprile 2011

FAI DIRE ALL'ONU QUEL CA...O CHE TI PARE!


Gheddafi è un mostro criminale e bisogna difendere i civili. Risluzione ONU e via con i bombardamenti, che colpiscono anche civili e piuttosto pesantemente.
Gbagbo in Costa d'Avorio non vuole lasciare il potere si asserraglia in un bunker. Beh, bisogna pur difendere i civili dalle sue cannonate (gli eccidi dell'altra parte? Non contano, che diamine!). Così interviene la Francia su mandato di chi? Ma dell'ONU! E via con i bombardamenti del bunker, che avrà, pensiamo noi, cannoni di lunghissima gittata per colpire civili anche a Cape Town. E poi, alla fine, si consegna l'ex-presidente al rivale Qattara.
E via di lungo, se ne potrebbero fare molti altri di esempi.

Qui non è in discussione, ovviamente, la logica sanguinaria del despota di turno, satrapo fino a ieri di qualche superpotenza, o comunque in buoni affari con essa Qui si tratta di capire che l'ONU è sempre meno credibile come organismo super partes. Perché è sempre di più un firma carte per gli interventi che interessano le superpotenze occidentali, quelle del blocco NATO per intenderci.

Va molto di moda la "protezione di civili", come motivazione che mette subito in moto il polso firmaiolo dei burocrati di New York. Una protezione che non è dai raggi UVA, ma neppure da quelli radioattivi fattore uranio impoverito. Perché i bombadamenti NATO e USA, sin dai tempi del Kossovo, e oggi anche in Libia, sono fatti con missili e proiettili radioattivi, che rendono radioattive le zone bombardate. E ci viene da dire che i civili libici saranno sicuramente contenti di morire di leucemia, ma in un paese liberato dai gloriosi aviateurs a sostegno delle marsigliesi altrui.

Aveva più senso la soluzione di Arnaud Amaury, abate di Citeaux, nello sterminio dei Catari in Linguadoca nel 1209 da parte dei papisti, quando a chi gli chiese come fare a riconoscere i nostri dai loro, rispose:"Uccideteli tutti. Dio li riconoscerà". Era un cinismo chiaro e aperto, frutto di un fanatismo messianico, ma almeno parlava chiaro.
Qui invece ci pigliano per il culo, ci fanno credere che missili ed incursioni sono per il bene della popolazione non belligerante che, detto come va detto, è a Bengasi come a Tripoli. Ma tant'è.
Comunque, sempre di fanatismo egocentrico (noi siamo i buoni) si tratta. Ora come allora. Nulla di nuovo sotto i cieli cristiani.

Ma l'ONU non fa una grinza. Come il palo nella via della canzone di Iannacci, nicchia e non interviene neppure per dire "cattivoni esagerati". Carta bianca. Una delega in bianco a un Occidente che sta imponendo la sua visione del mondo a tutti. Peggio, o quasi, dell'integralismo islamista di Bin Laden. Ma non il cristianesimo come dogma. Solo il profitto e la moneta.

Cos'è il pensiero integralista? Per esempio, un Occidente che riconosce nei fatti più la dottrina di Karl Schmitt, uno dei pensatori tedeschi tra i padri del pensiero nazista, che una politica fatta di dialogo, di trattativa, di riconoscimento reciproco delle parti per una soluzione la meno indolore.
Schmitt in "Teoria del patigiano" teorizzava l'inimicizia assoluta. Lo stesso delirio di onnipotenza ed egocentrismo delle potenze neocoloniali sotto l'ombrello NATO.
Con buona pace per un pensiero laico, aperto, dialogico, che vede la guerra come qualcosa di avulso dalla strumentazione politica che deve avere uno stato moderno, consapevole delle esperienze tragiche del Novecento: due conflitti mondiali e una litanie di guerre limitate, ma sempre più orientate a colpire l'avversario attraverso il terrore sui civili. Vedi le bombe anti-uomo di cui a Brescia vanno molto fieri, pensate proprio per i civili ed i bambini, che seguono proprio questa filosofia militarista terroristica.

E qui parte la seconda mistificazione, ben congetturata fin dai tempi dei bombardamenti di Clinton sulla Ex Yugoslavia: la missione umanitaria. E' singolare che sia stata proprio la sinistra ad averla inaugurata. Già nel governo D'Alema andava molto forte, mentre piovevano bombe all'uranio impoverito sui balcani. Ed è di questi giorni l'argomento clou di Napolitano dopo l'osanna generale del 150° dell'unità d'Italia. Tutti uniti nella missione umanitaria. E giorni dopo civili libici fatti a pezzi, con una NATO che non si scusa, poi si scusa ma si giustifica.
La diplomazia lasciamola all'Unione Africana e alla Lega Araba. Noi abbiamo altro da fare. Salvare i civili. Sarà la storia a riconoscere i nostri.


sabato 9 aprile 2011

ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA


Berlusconi, pericolo per la democrazia, non solo italiana.
«Per avere una vera democrazia, dobbiamo cambiare l'architettura istituzionale». Le ultime esternazioni di Berlusconi sulla Costituzione e su una strana concezione di libertà, danno la misura del pericolo per le nostre istituzioni, che rischiano uno stravolgimento senza precedenti nella storia repubblicana. Ma anche del pericolo per le democrazie europee, perché l’Italia rappresenta da anni un laboratorio per le destre eversive del nostro continente. E se questa battaglia in atto verrà vinta da Berlusconi, si aprirà un pericoloso precedente per l’intera Europa comunitaria e per i sistemi democratici in genere.

Libertà a senso unico.
Berlusconi parla di libertà. Libertà di avere una privacy, quindi attacca le intercettazioni e i controlli di polizia giudiziaria che, peraltro, con la scusa della lotta al terrorismo, continuerebbero nei confronti di chi viene considerato eversore dell’ordinamento costituito, leggi: i movimenti antagonistici e le loro realtà organizzate. E la libertà di vivere un vita dignitosa, di lavorare, di non morire sul lavoro, di non trascinarsi in un’esistenza precaria priva di prospettive? Questa libertà ovviamente non rientra nella concezione della libertà di Berlusconi. Così come non rientra la libertà di manifestare il proprio dissenso alle iniziative del premier e di un bel numenro di personalità dello Stato e dei partiti. Ogni giorno, infatti, assistiamo a una litania di bastonate e arresti verso chi urla slogan, chi srotola uno striscione nei luoghi dove il regime si autocelebra.

Il laboratorio reazionario italiano.
Dalla proposta di abolire il reato di ricostituzione del partito fascista alla costituzione della guardia nazionale sul modello statunitense ma in chiave anti-immigrati, dall’attacco alla laicità dello stato, della ricerca scientifica e della scienza medica alle misure contro i migranti, al tentativo di stravolgere gli equilibri tra poteri dello stato, vedi l’attacco alll’autonomia di organi dello Stato come la magistratura, l’Italia rappresenta da anni un laboratorio per le destre più reazionarie e xenofobe. Fino a che punto si può arrivare a concepire un regime autoritario in un paese interno a un’area di sistemi democratici moderni ed evoluti? è quello che sicuramente si stanno chiedendo nel resto dell’Europa le più diverse forze politiche. Con interesse le destre estreme, con preoccupazione le forze democratiche soprattutto della sinistra.

Il disarmo dell’opposizione e il piano autoritario neopiduista.
Questo dunque è lo scenario italiano, con tutte le sue ricadute oltre i nostri confini. Ma chi dovrebbe fare opposizione, in realtà non ha minimamente la misura, il polso di ciò che sta accadendo. Non ne comprende la posta in gioco. Perché quando un Bersani dice che Berlusconi vuole cambiare la Costituzione per non essere processato, significa che il PD non ha compreso o sottovaluta il fatto che Berlusconi è parte di un disegno reazionario che è nato con le stragi del ’92 a Falcone e Borsellino. Un progetto che altro non è che la prosecuzione del piano di rinascita democratica della P2. Con le stesse forze che hanno manovrato negli anni più bui del golpismo e della strategia della tensione sin dagli anni ’60 del secolo scorso.

L’ignavia e gli anticorpi.
Di fronte alla politica vergognosa di un’opposizione inesistente, che con la sua ignavia può favorire un fine legislatura berlusconiano che stravolgerà le istituzioni repubblicane, che ci darà una democrazia autoritaria e populista, il paese ha pur tuttavia degli anticorpi. Ha una società civile spesso criminalizzata dai media dei poteri forti. Di fatto non difesa e sostenuta dal PD stesso.
La barriera al piano autoritario in atto è la piazza, sono le mobilitazioni ancora frammentarie, ma pur vaste di milioni di cittadini che tornano all’azione politica e alla lotta. La parola è quindi alla democrazia diretta nelle sue forme di autorganizzazione dal basso. Un’autonomia politica che può sembrare apolitica, ma che invece ha una forte valenza democratica, in quanto controtendenza operante alla devastazione sociale, economica, culturale e istituzionale delle destre reazionarie di regime.

Democrazia e socialismo.
Su questa autonomia che basa la propria identità sulla Costituzione formale e reale, sulla storia democratica del nostro paese, si fonda il futuro del paese stesso.
Alle forze democratiche spetta il compito di rimettere al centro lo stato di diritto, i diritti e l’esercizio della democrazia reale. Alla sinistra di classe invece, il ruolo di spingere il paese, nel solco di questa resistenza democratica all’involuzione autoritaria, verso forme più avanzate di democrazia economica e di uguaglianza sociale, di diritto al benessere per tutti e al lavoro, di tutela dell’ambiente e delle risorse della collettività.

lunedì 4 aprile 2011

GIU' LE MANI DALLE RIVOLUZIONI ARABE!


Alcune brevi osservazioni sulla politica USA ed Europea riguardo le rivoluzioni arabe in atto.

Uno. L'iniziativa di guerra con la scusa del placet dell'ONU, rappresenta un tentativo di un blocco NATO in difficoltà di riprendere il controllo di una situazione internazionale che ormai vede USA ed Europa in declino. Altri attori stanno emergendo: Cina, Russia, Brasile, India... Se nella crisi libica, per esempio, l'intenzione fosse stata veramente quella di proteggere i civili e di favorire una transizione alla democrazia, una pressione diplomatica su Gheddafi da parte di questi ultimi paesi insieme a quelli NATO, avrebbe portato a risultati rapidi e positivi.
Ma l'obiettivo evidentemente è un altro. Soprattutto dopo la crisi nucleare, che non è solo giapponese, il protagonismo di Francia e Spagna e d altri paesi come l'Italia per il controllo delle risorse energetiche del bacino Mediterraneo e del Nord Africa è un must.

Due. Dicono di muoversi a favore delle masse popolari arabe in rivolta contro i loro regimi, ma in realtà l'intenzione è quella di disattivare con altri regimi magari più subdoli queste rivoluzioni sociali. La ragione? Molto semplice: è nel punto uno prima descritto: il controlio di petrolio e gas. Infatti delle vere democrazie arabe e non delle pseudo fantoccio volute dall'Europa-NATO-USA, farebbero valere la sovranità popolare anche sul bene comune presente in quei paesi. Pagheremmo così a caro prezzo (in realtà a prezzo equo e giusto) risorse energetiche e manodopera del Nord Africa.

Per questo, (Tre) il miglior modo per appoggiare le lotte sociali e democratiche arabe, è quello di contrastare l'aggressione militarista in quelle aree, ammantata di umanitarismo, ma in realtà operazione neocoloniale schifosa.

sabato 2 aprile 2011

BOMBARDAMENTI VOLONTEROSI: "AVETE UCCISO 15 DEI NOSTRI"...


Sembrerò cattivo, ma ai rivoltosi libici dico: vi sta bene, così imparate a reclamare gli aiuti armati delle potenze occidentali, a sventolare bandiere francesi nelle vostre piazze. I veri rivoluzionari sono sempre antimperialisti.

Detto questo, la vera natura dei processi rivoluzionari popolari e democratici nei paesi arabi si sta manifestando anche nell'internazionalizzazione delle lotte. Ma non per l'intervento dell'Occidente, bensì per tutto il nord Africa in fiamme: per esempio sono molti gli egiziani che arrivano in Libia per sostenere il fronte anti-Gheddafi.

Ma questa non è solo una lotta locale. Il conflitto sociale arabo si raccorda con le lotte operaie e di classe dell'Europa, dalla Grecia alla Francia, alla stessa Italia. Sarkozy ha dispensato violenza e repressione verso i casseurs, la comunità nordafricana nelle banlieu parigine e di tutte le metropoli francesi. E oggi è in prima fila nel condurre un'iniziativa di guerra che meglio rappresenta la politica delle potenze imperialiste dell'area. Della democrazia in Egitto, Tunisia e Libia non gliene frega nulla. Sostengono le forze sociali arabi, il proletariato nordafricano per controllarli politicamente e militarmente. Se queste fallissero, tornerebbero a sostenere i vecchi dittatori o altri despoti sanguinari. Tutto va bene per controllare le risorse energetiche, la forza lavoro dell'area, i flussi migratori.
In gioco c'è l'organizzazione del lavoro dal Mediteraneo al nord Europa. Petrolio per posti del lavoro, per ricchezza sociale e salari più alti per il proletariato arabo? Giammai! Ecco perché si sono levati in volo gli aerei.

Di contro, le classi popolari maghrebine, egiziane, tunisine, rivendicano insieme al benessere e al lavoro, libertà e democrazia. Queste ultime, che ultime non sono, non possono fermarsi alla sola riformulazione di un sistema politico nazionale, ma che devono significare sgretolamento degli ultimi muri, quelli mai caduti dopo quello di Berlino: quelli che dividono il nord avanzato dal sud del mondo indigente, affamato, rapinato, oppresso.

Ecco perché c'è oggettivamente un filo rosso tra le lotte nei bacini di manodopera a basso costo per l'occidente e le lotte sociali ed economiche del proletariato industriale e postfordista, frantumato, precario e polverizzato nel territorio, delle metropoli europee, da Atene a Parigi, da Madrid a Napoli.
Un'oggettività che delle avanguardie sganciate da qualsiasi opzione socialdemocratica basata sulla concertazione economica di sempre, devono riproporre sulla costruzione di un soggetto internazionale.

Di un nuovo internazionalismo proletario sto parlando. Con la consapevolezza che ormai da oltre 120 anni, dall'integrazione della seconda internazionale nelle politiche borghesi agli inizi del '900, esiste nella sinistra europea (e non solo), la tendenza a sostenere nel nome di non meglio precisati "interessi nazionali", i sistemi economico-sociali capitalistici, dal fordismo al migliorismo keynesiano. Ed esiste una tendenza all'entrismo, all'assimilazione di forze comuniste, della sinistra radicale dentro questo ventre molle del socialismo democratico. Lo si è visto con il PCI-PDS-DS-PD, ma lo si vede anche con il protagonismo a parole, ma in realtà di servizio alle opzioni di centrosinistra più antipopolari e di sostegno ai poteri forti, casta politica in primis, dei nuovi soloni alla Vendola.

La svolta di una politica di classe, comunista e rivoluzionaria è un'esigenza improcrastinabile. Occorre essere interni alla classe e alle sue istanze, e non essere sodali di alleanze oscene con la scusa dell'antiberlusconismo.