sabato 3 settembre 2011

ALLA DERIVA


Dopo il golpe economico d'agosto, in cui la BCE e gli organismi sovranazionali controllati dalla grande finanza e dall'asse franco-tedesco, hanno dettato la linea all'Italia, è tutta una corsa a trovare i danari da buttare nel calderoni della finanza mondiale.
Con un governo allo sfascio, in preda a guerre interne alla stessa maggioranza, dove ogni consorteria difende i suoi e attacca la manovra che cambia così di giorno in giorno.
Con un paese in preda a poteri forti che si ritrovano a fare i conti dopo decenni di debito pubblico sempre più grande e che ora dettano legge di fronte a un'opposizione che non è opposizione, ma parte interna allo scontro interborghese.


Questo è lo scenario della politica italiana. E c'è da scommeterci che il blocco sociale che domina le politiche da sempre, trovera "la quadra", facendo pagare a chi non ha entrature nelle stanze del potere: i ceti sociali popolari, i lavoratori, i piccoli autonomi privi di commesse e clientele.


E' un'Italia che affonda nell'inerzia e nell'ingiustizia. E' un paese privo di speranze per il futuro dei giovani, di sopravvivenza per le famiglie, tarato a misura di benestanti che mettono in gioco i risparmi e i beni di generazioni o che si arricchiscono ulteriormente proprio "grazie" alla crisi.
Ma di contro, la risposta dello sciopero genrale del 6 settembre è una contromisura debole, che disturba il manovratore, ma non gli toglie spazio di manovra. L'autoritarismo si misura anche nell'intolleranza ad accettare forme di critica sociale e politica estese e organizzate contro il grumo purulento di interessi del capitale e della speculazione, dei cartelli e delle consorterie che dominano il paese. La cancrena non si tocca, a costo di adare oltre i 30 anni di patto sociale su cui si è retto il potere democristiano prima e il patto scellerato e criminale tra berlusconismo e mafie e malaffare poi.

L'autoritarismo si rivela nell'arroganza di un Sacconi nell'attaccare la FIOM e le lotte operaie e sociali, nelle dichiarazioni della Marcegaglia che ritiene suparata la lotta dio classe, quando coloro i quali la stanno facendo con più protervia sono proprio i padroni e Confindustria.


Per il dopo Berlusconi si prefigura un direttorio confindustriale, fatto di thik tank alla Monti, che darà maggiore razionalità alle misure di lacrime e sangue. Con appoggio da parte del PD.
E questa sarebbe la cosa peggiore. Sarebbe il vuoto incolmabile della politica italiana, la dittatura dei poteri forti, un termidoro senza rivoluzione, senza un vero cambiamento.
Occorre pertanto fare molto di più di un semplice sciopero genela. Quello è il "minimo sindacale". Ma poi le forze più vive della sinistra devono lavorare alla conposizione di un fronte di lotta esteso, dal mondo del lavoro ai diritti di cittadinanza e di difesa del bene comune. Un'entità a cui dare veste e riconoscibilità politica, che diventi punto di riferimento stabile per la battaglia sociale imminente.
L'errore più grave sarebbe quello di procedere in ordine sparso.