domenica 24 giugno 2012

UNA LIBBRA DI CARNE UMANA



D come debito, è anche D come dominio. Così come R come riappropriazione è anche R come rivoluzione.
La corrispondenza logica è diretta, è perfetta. Perché se il debito è un dispositivo di dominio di circoli ristretti della finanza anglo-americana sul resto del sistema capitalistico finanziario, di egemonia dei paesi esportatori come la Germania e a moneta sovrana come il Regno Unito sui paesi maiali e importatori come Grecia, Spagna e Italia, di comando del capitale sul lavoro vivo, di autoritarismo politico delle élite di borghesia finanziaria sui sistemi a democrazia rappresentativa, di rapina delle risorse pubbliche e private dei cittadini a favore degli speculatori, la riappropriazione è l'unica risposta, forte, violenta se è il caso, che le masse popolari organizzate possono, anzi devono mettere in atto per riportare a una soglia di benessere e di qualità della vita apprezzabile milioni di esistenze devastate. Dunque, è rivoluzione. Una strada inevitabile, giunti a questo punto, nell'era del dominio assoluto del capitale neoliberista. Nell'era in cui il capitalismo, con il neoliberismo, assume l'unica forma e sostanza che può assumenre di fronte ai fallimenti del welfare, di uno stato piano che rappresentava fino agli anni '70 il punto di mediazione tra salari, rigidità del lavoro da una parte e governance unitaria dei ceti capitalisti dominanti di fronte a una metà del mondo diretta sulla strada della pianificazione socialista e all'altra metà attraversata da forti e sindacalizzati movimenti operai e da movimenti di liberazione nel terzo e quarto mondo.

Ma il debito, se è politica pura, nasce tuttavia dalla crisi stessa del capitale, strutturale di sovraproduzione di capitali e di merci. Evidenzia il punto di conflitto intercapitalista, tra poli economici sovranazionali, USA, Europa in primo luogo, di contrasto all'avanzata delle economie emergenti, vedi la Cina, che, come grandi esportatrici diventano, creditrici di gran parte delle economie occidentali.
Con il debito si sono alimentati i mercati, il debito al consumo delle famiglie e quello alle imprese. Il che in questo secondo caso ha creato una dovaricazione tra il capitale da investimento produttivo e quello finanziario, dovo il primo è stato sempre più assoggettato al secondo. E' così che le élite finanziarie e le multinazionali finanziarizzate, hanno modificato strutturalmente l'organizzazione del lavoro, la divisione sociale del lavoro a livello internazionale e in ogni singolo paese.
Sono sparite via via le politiche nazionali. E oggi gli establishment sono legati a filo doppio a decisioni strategiche prese a Wall Street. Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan and Stanley: sono questi alcuni dei nomi di chi detta le politiche dei paesi, di chi impone con le agenzie di rating all'assalto chi deve vivere e chi morire. Il debito è un fatto politico, ma è reale nella necessità della sua solvibilità. Perché dietro il debito c'è il trasferimento sul piano finanziario della lotta per la captazione dei profitti sempre più esigui nella sovraproduzione generale.

L'analisi di Gattei sulla genesi di questa crisi internazionale, di sistema, e che trovate qui (il video dura due ore, ma ne vale la pena...), rivela che le decisioni prese da 8-9 persone in rappresentanza delle banche d'affari più potenti e dei consorzi dei gruppi capitalisti più influenti (Trilateral, Bilderberg), sono nate dalla scadenza di parte del debito pubblico e privato mondiale, stimabile in 100 mld $. Il debito pubblico statunitense e quello delle principali banche mondiali è stato salvato dalla Casa Bianca con un'operazione di ricapitalizzazione da parte della Federal Reserve. La patata billente è passata all'Europa, che non è un'entità statuale, non ha moneta sovrana, ma ogni stato emette titoli soggetti all'andamento dei mercati finanziari. 
L'attacco all'Eurozona è stato il passaggio successivo. Ma in questo spazio economico, non tutti i paesi membri sono uguali: il polo imperialista europeo è a dominanza tedesca, il maggior paese esportatore, che con i profitti in euro (non più in monete nazionali, svalutabili!) diviene il paese con la bilancia di pagamenti più equilibrata, diviene creditore di titoli sovrani degli altri paesi, proprio come Grecia, Spagna e Italia.

Per cui il peso del debito da solvere in tempi brevi è ricaduto sulla Grecia e sta ricandendo sui paesi dell'area sud dell'Europa, che poveri non sono e neanche più indebitati di un Regno Unito, di una Francia o di un Belgio.
Nella guerra economica interimperialista, giocata sul tavolo della finanza, l'attacco ai paesi mediterranei è ormai chiaro: saremo noi a dover pagare la caduta tendenziale del saggio di profitto del modo di produzione capitalistico, del sistema capitale a livello planetario. Paesi non poveri, ma impoveriti in questi ultimi anni, depredati attraverso i meccanismi amorfi e asettici della finanza.

Ma siamo all'inizio. Manca il convitato di pietra: la lotta di classe.

Di comune accordo, decisori anglo-americani e centri di potere europei a dominanza franco-tedesca, hanno deciso di esautorare i sistemi democratici di Grecia e Italia. Zapatero ha pensato bene di tirarsi fuori dalla governance della Spagna e Rajoy, così come Monti e il nuovo governo greco sono uomini e governi fantoccio. Monti è un uomo della Goldman Sachs e deve chiudere la partita all'interno con politiche che trasferiscono ricchezza sociale alle casse delle banche d'affari creditrici, deve aumentare il comando sul lavoro vivo. Ciò significa peggioamente dei rapporti tra capitale e lavoro, imbestialimento delle condizioni di lavoro, precarizzazione totale: anche i ceti capitalisti nostrani vogliono la loro parte nel surplus di valore estorto nei cicli di produzione e che con le tasse vanno in massima parte ale élite creditrici.

Questo coupe d'etat ha trasferito il conflitto intercapitalistico verso la Germania, perché la Francia sta entrando nei PIIGS, a causa del calo delle esportazioni, mentre i paesi esportatori e creditori fuori dall'Euro vedono la caduta dei mercti europei come fonte della futura crisi economica in casa loro. E' questo il succo dell'ultimo G20, con i paesi dell'area BRIC che hanno elargito prestiti astronomici al FMI per l'Europa e un Obama all'attacco contro la Germania della Merkel: la stabilità economica dell'impero, dopo aver risolto i propri problemi di casa, nati proprio negli USA con i mutui sub-prime, passa per la ripartizione degli oneri a tutti i pesi membri dell'Eurozona. Che tradotto in soldoni significa che la Germania in primis deve finanziare gli eurobond e i dispositivi di transizione a una moneta europea sovrana e a una riforma del sistema bancario europeo.

La libbra di carne. A differenza però del mercante Shyloch, che dietro il calcolo degli interessi agitava la sua passione, il riscatto ebraico dalla discriminazione, la libbra di carne che i 9 di Wall Street e la Merkel esigono, è molto più materiale, ama altrettanto indiscutibile.
L'indiscutibilità del debito cela l'intangibilità del sistema di realizzazione a tutti i costi dei profitti. E' dunque questione di classe, riguarda in primo luogo i popoli e le classo proletarie che subiscono il peso delle politiche macellaie del debito.
E' questo l'unico valore unifivante dello spazio europeo. Non ne esistono altri. Non una lingua, non un ambito culturale comune. L'Europa non è una koiné, ma un campo di battaglia in cui i poteri economici forti hanno messo in campo dispositivi di potere, attraverso i quali, comunemente saccheggiano, sfruttano le popolazioni, si organizzano per fronteggiare gli speculatori d'oltre oceano, o per allearsi con questi a seconda delle convenienze.
Attualmente l'asse antitedesco Monti (Goldman Sachs) Obama passa per Londra, trova in Hollande un alleato (i francesi maializzandosi, si rifiutano di pagare soldi alla Germania), verso un'Eurpa più equa e solidale... nel pagare i debiti di tutta la finanza mondiale!

Questa geografia dello scontro interimperialista deve essere chiara. Parlare di europeismo oggi significa non capire che Europa è nata da Maastricht. Significa non comprendere che con quel sodalizio osceno l'Europa è morta perché è rimasta l'Europa dei banchieri e degli esecutivi europei non eletti da alcun parlamento europeo.

L'Europa è solo un terreno del nostro conflitto sociale contro il capitale e i suoi poteri forti. Solo questo ci accomuna ai tedeschi, ai francesi, agli spagnoli, ai greci. La solidarietà di classe e l'antagonismo anticapitalistico.
Un terreno e non il solo. Perché le lotte devono internazionalizzarsi, i conflitti sociali nei singoli paesi devono saldarsi in un fronte anticapitalista unico. La riappropriazione di ricchezza sociale, la sovranità economica, alimentare, ecologica, il potere di classe sulla produzione, il potere costituente delle classi popolari in movimento rivoluzionario, la comune rivoluzionaria, o sono lungo tutta la catena imperialista, o non sono.
La sconfitta elettorale di Syriza in Grecia, dimostra che se marciamo divisi, se lasciamo alle élite dominanti la gestione di un attacco esterno e l'influenza autoritaria sulla vita politica dei singoli paesi, non arriveremo mai al punto di rottura che segnerà la rovima sociale de sistema capitale.

L'Europa oggi è un epicentro fondamentale. Ma senza il salto di qualità dell'internazionalizzazione del conflitto, senza una ricomposizione delle soggettività di classe da Oakland ad Atene, punti focali di conflitto come la Grecia, saranno destinati ad altre batute d'arresto.

Siamo solo agli inizi e occorre capire che, se le frazioni di borghesia imperialista sono divise in una lotta mortale per la governance mondiale della produzione e del debito, sono unite più che mai contro il loro comune e mortale nemico: la lotta di classe.
Già nel 2010, il Consiglio Europeo, come da questo documento, individuava nella radicalizzazione dei conflitti sociali, un nemico da colpire con opere di prevenzione.
Il documento è agghiacciante perché accosta il dissenso, le lotte autonome e l'antagonismo sociale al terrorismo.
Questa opera di discriminazione l'abbiamo già vista applicare in tante occasioni. In particolare proprio in Italia, dove le forze di polizia agiscono con violenza e brutalità contro ogni espressione di dissenso civile.

Solo con la forza di massa organizzata possiamo vincere il muro della repressione. Le proteste e l'organizzazione di classe greca, le moltitudini spagnole e statunitensi, così come la mobilitazione permanente del popolo egiziano, sono a dimostrarlo.
Non ci sono scorciatoie: solo la lotta vince.
Di fronte alle due D del debito e del dominio, a cui se ne aggiunge una terza: quella della devastazione sociale e delle nostre vite, ci sono solo le due R della rivoluzione e della riappropriazione globale dei nostri beni, dei nostri territori, delle nostre attività, dei nostri saperi, delle nostre vite.

L'esito del conflitto sul debito tra forze capitaliste neoliberali, europee e angloamericane, pò avere due risvolti: o un'Europa a due velocità, dove quella meno veloce del sud paga per quella più veloce del nord, o il default delle economie e degli stati colpiti dalle politiche finanziarie.
Entrambe non saranno prive di conseguenze tragiche le classi popolari, tuttavia la seconda opzione è quella che ha maggiori prospettive positive per un'avanzata delle sinistre anticapitalistiche, se l'exit strategy non si ferma al ripristino di una moneta sovrana, ma è accompagnata una profonda trasformazione del sistema economico-sociale dei paesi che escono dall'Euro e una riaffermazione ancora più forte della sovranità democratica e popolare.

Il programma che va posto oggi in agenda, deve toccare il tema forte della sovranità svenduta ai poteri forti del capitale internazionale dal ceto politico, in modo bipartisan.
Non c'è separatezza tra politico e misure economico-sociali, perché il punto è che la traduzione politica della sovranità risiede nel ribaltamento dei rapporti sociali e di forza tra classi, e la sua traduzione economico-sociale, che informa il programma di cambiamento, è nell'autogestione popolare della produzione, del mercato, è nella nazionalizzazione delle banche, è nella dichiarazione di insolvenza e nell'avvio di un audit sul debito. E' nella messa al centro dela qualità della vita a partiore dai settori sociali meno abbienti, con il passaggio al reddito universale di cittadinanza.

Si entra in un'era dove l'esistenza di ognuno non dipende più dalle sue condizioni economiche di proprietario di beni, di titoli o dalle condizioni di lavoratore, a un dato livello di gerarchia o di produttività.
L'esistenza di ognuno non dipende da nulla, o se si vuole, dal fatto di essere cittadini, persone, esseri umani e sociali. Il che è la stessa cosa, poiché non ci sono condizioni poste per recepire il necessario in reddito, assistenza, istruzione, cultura, divertimento.

Questa è l'essenza del programma rivoluzionario.
E l'inizio è il default, la rottura della pace sociale imposta, ormai priva di quel consenso vasto che il regime del capitale godeva in altri tempi. E' tempo di rivoluzione.