venerdì 24 agosto 2012

35 ANNI DALLA PARTE DEL POTERE E CONTRO I MOVIMENTI ANTAGONISTI.

Bologna, 11 marzo 1977, l'assassinio di Francesco Lorusso nasce da una provocazione di mazzieri di Cielle alla facoltà di Anatomia, i quali aggrediscono alcuni compagni del Movimento (nella foto Vestrucci di Cielle con una spranga in mano). Molti compagni giungono successivamente e si radunano davanti ad Anatomia per protestare, arrivano anche polizia e carabinieri. Da lì le cariche e i proiettili assassini a Francesco.


''C'e' il sospetto che a Rimini si applauda non per cio' che viene detto. Ma solo perche' chi rappresenta il potere e' li', a rendere omaggio al popolo di Comunione e Liberazione. Non ci sembra garanzia di senso critico, ma di omologazione. Quell'omologazione da cui dovrebbe rifuggere ogni giovane. E che rischia di trasformare il Meeting di Rimini in una vetrina: attraente, ma pur sempre autoreferenziale''.
Non lo dice un comunista o un esponente della sinistra radicale: questa frase è i un articolo dell'ultimo numero di Famiglia Cristiana, che rappresenta i paolini, una parte del mondo cattolico (vasta) che vede l'intreccio tra politica, affari e cattolicesimo con non poca preoccupazione.
E ne ha ben donde dall'essere preoccupata perché il potere della CdO, Compagnie delle Opere, il grande sistema economico di Comunione e Liberazione, è vera e propria holding parla con le cifre: 70 miliardi di euro, 35 mila aziende e professionisti, una crescita del 10% ogni anno, principali partner sono Bombardier, Finmeccanica, Sai e Intesa Sanpaolo, con "amicizie" nei poteri forti come quella con Corrado Passera, spesso impresentabili come Cesare Geronzi, Corrado Passera, Ettore Gotti Tedeschi, solo per citarne alcuni.
Questa idra che poco profuma di santità e molto di affari, appalti, clientele, da anni è al centro della gran parte delle transazioni clientelari in tutta Italia. Ha accumulato un potere e appoggi in tutti i centri di potere che fanno l'economia nel nostro paese.
Questo potere viene usato per orientare politicamente il paese, ma in particolare il mondo cattolico su temi fondamentali come l'etica scientifica e i diritti della persona, tra cui il diritto all'eutanasia, la sperimentazione con le staminali, la fecondazione assistita, le unioni gay.
Proprio su quest'ultimo tema e proprio in questi giorni, hanno tuonato i ciellini dagli spalti del Meeting di Rimini:"Le unioni gay sono un male per l'umanità".

è di fronte a questo colosso reazionario e oscurantista che sinistra e forze laiche avrebbero dovuto concentrare la critica politica, che un sindacato come la CGIL avrebbe dovuto contrastare le condizioni contrattuali vergognose dei lavoratori, la loro precarizzazione, i loro salari talvolta addirittura di 5 o 6 euro all'ora, frutto della privatizzazione selvaggia dei servizi nei principali centri metropolitani del centro e del nord Italia, degli appalti concessi da amministrazione spesso anche di centrosinistra alle imprese voraci della CdO. In questi anni il centro sinistra da una parte attaccava il berlusconismo perché ostacolava la possibilità di un'andata al governo del PD, ma dall'altra non si toccavano i poteri forti della reazione. Anzi ci si facevano e ci si fanno tutt'ora ottimi affari.

“Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare”. A parlare così è Pierluigi Bersani. E’ l’agosto del 2003, quando l’attuale segretario del Pd è responsabile economico dei Ds e viene accolto con scrosci d’applausi dal popolo di Cl al Meeting di Rimini.
(il Fatto Quotidiano)
Oggi questo signore è a capo del maggiore partito di opposizione. I risultati di questi ultimi anni?
Sempre dal Fatto Quotidiano:
Se poi si vuol trovare l’atto fondativo di un patto tra mondo ciellino e sinistra, il primo passo di un lungo cammino insieme, si deve risalire ancora più indietro nel tempo: al luglio 1997, quando nasce Obiettivo Lavoro, agenzia per fornire lavoro temporaneo. A fondarla sono, insieme, la Lega delle cooperative e la Compagnia delle opere, coop rosse e ciellini. Ne diventa presidente Pino Cova, ex segretario della Cgil Lombardia e della Camera del lavoro di Milano, amministratore delegato è Marco Sogaro, della Cdo.Ma sono gli affari a dare sostanza concreta ai progetti “alti”. Coop rosse e imprese della Cdo si spartiscono ormai tranquillamente molti appalti pubblici. A Milano, il nuovo ospedale di Niguarda nascerà con le strutture realizzate dalla coop Cmb di Carpi e i servizi gestiti da aziende della Compagnia delle opere. I motori delle due centrali, quella bianca e quella rossa, si stanno già scaldando anche per i lavori dell’Expo 2015: già pronte le coop Cmb, Unieco e Ccc. Anche il monumento al formigonismo, il nuovo grattacielo sede della giunta lombarda, è nato dalla stessa alleanza: Infrastrutture lombarde, la potentissima stazione appaltante controllata dalla Regione di Roberto Formigoni, per Palazzo Lombardia ha assegnato appalti anche a Cmb di Carpi e a Ccc di Bologna, oltre che all’Impregilo di Massimo Ponzellini, a Pessina, a Cile e a Montagna Costruzioni, azienda socia della Cdo e presente nel suo consiglio direttivo.Le coop sono ben piazzate anche negli appalti del nuovo polo fieristico di Rho Pero (Cmb di Carpi) e del Portello (Cmc di Ravenna). Ma il sistema è pervasivo e nazionale, se è vero che funziona, per esempio, anche a Vicenza: il nuovo ospedale di Santorso sarà tirato su da Summano Sanità, società formata insieme da coop (anche qui Cmb) e Cdo.
Un vero proprio grumo di interessi, spartizioni, clientele, appalti pilotati, con soldi pubblici, quindi nostri.

Si comprende allora il perché il PD guardi al centro come asse portante della sua politica. Molti interessi da parte delle sue cricche economiche, cooperative in primis. Si capisce la sua politica sul lavoro. è notorio che la politica contrattuale e salariale delle cooperative "rosse" non è diversa da quella accennata prima delle coop bianche e delle aziende dellla CdO.
Due sistemi che si spartiscono il welafre che va a pezzi, che "ha bisogno" di tagli. Tutto questo ci nostri soldi e a discapito dei lavpratori e dei citadini. Perché vi sarete accorti di come i servizi alla persona, per esempio, siano sempre più indecenti.
Si comprende il perché in Italia non vi sia una politica di opposizione, né nelle grandi questioni come  l'occupazione, l'istruzione, le pensioni, e il PD stia appogiando un governo non eletto da nessuno, gestito da un uomo dei poteri finanziari statunitensi e mondiali (Goldman Sachs, Trilateral), né nell'ambito delle pubbliche amministrazioni e delle governance locali. Il PD, d'altra parte, è con i poteri forti perché le sue consorterie e i suoi uomini più influenti sono parte del sistema di gestione clientelare che s'innerva in ogni ambito della governance amministrativa.
Vicende come quella di Penati a Sesto San Giovanni, o della cooperativa del fratello di Vasco Errani presidente della Regone Emilia Romagna, non sono casi isolati, ma una modalità consolidata di spartizioni, prebende, fino ad arrivare a un uso illegale della cosa pubblica.
Dalla destra post-piduista ai poteri forti del clerico-fascismo, dal cooperativismo e dal sistema bancario "di sinistra" ai sistemi criminali delle mafie, si può facilmente individuare una geografia dei poteri in tutta la penisola, isole comprese. Dove il confine tra la spartizione semilegale della cosa pubblica e il controllo mafioso su parti dell'economia locale è veramente labile.

Ma a questo punto occorre ricostruire una narrazione della critica politica e sociale a questo stato di cose. Perché nei media e nel mondo della cultura (salvo qualche rara eccezione) non ve n'è traccia. Così come, di conseguenza, non v'è traccia di una soggettività politica che sia in grado di tradursi in opposizione forte, organizzata a questo sistema antidemocratico diffuso come una piovra nel tessuto sociale e civile del paese.
La resistenza sindacale della FIOM e di parti della CGIL nel mondo del lavoro è per questo un'anatra zoppa perché non ha sponde politiche ma crede di averle in una parte dell'avversario delle politche di redistribuzione equa e democratica della ricchezza sociale e del bene comune, perché non individua la questione e s ritrova priva di un progetto politico generale, che sia di alternativa politico-sociale, al neoliberismo e ai suoi frutti perversi di degrado della politica istituzionale e di uso clientelare e paracriminale del sistema amministrativo locale.
Così come i movimenti antagonisti, dal NoTav alle realtà di lotta che sorgono spontaneamente nel mondo del lavoro e nella società civile, non hanno sponde forti in una sinistra che sia soggetto alternativo e confliggente a questo sistema spartitorio e di gestione del potere.
Questa solitudine politica dei settori sociali che si organizzano dentro e fuori dalle organizzazioni storiche del movimento operaio, viene rincarata dalle scelte scellerate di SEL verso un sostegno aprioristico al PD, dall'isolamento delle forze politiche anticapitalistiche e comuniste come Rifondazione Comunista. Dall'incapacità o dall'indisponibilità di dare una lettura di classe secondo i  parametri dell'autonomia delle soggettività, della loro irriducibilità a questo sistema di potere pervasivo, secondo un ritorno al protagonismo dei movimenti, all'autorganizzazione, alla democrazia diretta costituente.

Per ricostruire un soggetto alternativo, occorre riprendere un discorso "antico", ma ancora molto attuale. Non è un caso che da sempre le forze politiche del cattolicesimo del socialismo e dell'eurocomunismo, e i oro attuali eredi, sparano ad alzo zero sulla storia e le ragioni della sinistra rivoluzionaria, dei movimenti antagonisti degli anni'60 e '70 e di quelli autogestionali dagli anni '80 in poi.
Se andiamo a vedere gli avversari politici del Movimento degli anni '70, delle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria di quegli anni, Autonomia Operaia e Lotta Continua in primis, ma in modo più diffuso le più diverse realtà del Movimento questi avversari sono stati sin dall'inizio sostanzialmente due: il PCI e Comunione e Liberazione. Non è un caso.
Due forze che si sono ritagliate la funzione politica di contrastare il Movimento e l'autonomia di classe: chi nelle università, chi dentro il movimento operaio, di criminalizzarlo e colpirlo attraverso la provocazione preordinata (vedere i fatti che sono culmnati l'11 marzo 1977 con la morte di Francesco Lorusso).

Il ciclo di lotte definibile come seconda ondata, dopo il '68, ossia: il periodo che va dal '75 al '79/'80, ha prodotto una ricchezza in cultura politica e in pratiche di lotta, tale da aver allarmato sia il potere democristiano che la forza politica che già allora usava la forza sociale e sindacale del movimento operaio per gestire forme di governance locale. di burocrazia di Stato e il proprio ambito imprenditoriale.
Si era agli albori del decenramento produttivo e la piccola e media impresa del tessuto produttivo emiliano-romagnolo andava costituendo un modelo produttivo per la realizzazione di valore e lo sviluppo della produttività nel controllo sul ciclo produttivo scomposto. Come vediamo, c'è continuità tra questo primo momento di comando "riformista" sulla forza-lavoro e il passaggio alla precarizzazione del neoliberismo totalmente assunta nell'ideologia del lavoro "socialista", dove resta solo l'involucro mitologico in un paesaggio produttivo segnato dal comando selvaggio, quasi schiavistico, del cooperativismo appaltatore di una pubblica amministrazione clientelare che fa da committente. Nella crisi della piccola e media impresa, in questi ultimi anni è li, nel pubblico privatizzato che il sistema PD-coop realizza la massimizzazione dei profitti privati. Nell'appropriazione del comune, nella gestione mafiosa (non è azzardato dirlo, se consideriamo la parola nel suo effetto estensivo in un ambiente sottoposto a leggi di "do ut des", di spartizione, ecc.).
Negli anni '70 però, a rompere le uova nel paniere, è stato questo movimento autonomo, trasversale nei vari segmenti di classe: dall'operaio massa dei poli industriali e della grande industria all'operaio sociale della riproduzione diffusa sul territorio. Un movimento nato come risposta all'inattivismo del PCI su questioni di carattere sociale e politico, un movimento proletario che individuava nell'analisi e nella prassi quegli elementi sopra descritti, mandandoli all'aria con una forza critica e materiale che non si vedeva da piazza Statuto, ma con maggore maturità e coscienza degli ideologismi dottrinari che hanno per esempio caratterizzato il Movimento Studentesco nel biennio '68-'69 e i vari gruppi m-l.
La critica sociale del Movimento degli anni '70 è stata non solo momento di rottura con le vecchie e nuove forme di comando statale e d'impresa, ma momento di ricomposizione su un progetto di rivoluzione sociale con un forte valenza riappropriativa: riappropriazione della vita, del tempo e del modo di essere in fabbrica e nel territorio, dell'autogestione, del politico come autorganizzazione, della cultura e del sapere, della merce e della qualità della vita, di un senso laico e libertario dell'esistenza dell'individuo. Tutto l'opposto del mito del lavoro, della fabbrica, del produttivismo socialista o socialdemocratico, o eurocomunista "berlingueriano". Tutto l'opposto di una società disciplinare a comune denominatore della visione capitalista e di quella socialista. Un'esplosione di radicalismo irriducibile nel cuore dell'Europa delle socialdemocrazie e dei laburismi, delle ortodossie "comuniste" ormai asfittiche a est come a ovest e legate allo stalinismo come modello di egemonia nella politica, nel lavoro, nel realismo culturale e scenografico di un sistema economico-sociale oltre cortina.
Il forte scontro tra forze oscurantiste del cattolicesimo reazionario e fascista (nel comprimere la liberazione dei corpi, delle identità, dei sessi), alleate naturali del capitale e di altre forze ormai reazionarie come il PCI, è stata la conseguenza di quesata esplosione, la risposta politica controrivoluzionaria a un processo rivoluzionario che andava nascendo nel paese europeo che più aveva forte l'imprinting della resistenza e dell'anticapitalismo.
Non è un caso dunque.

PCI e CL, queste forze reazionarie, nel corso di questi decenni, hanno capitalizzato la vittoria politica sul Movimento, iniziando incontrastate un'occupazione degli apparati statali, delel strutture dei media e dell'informazione con un esercito di think tank che hanno lavorato per rimuovere il concetto stesso di autorganizzazione e conflittualità sociale, sclerotizzando la politica a forme di rappresentanza eterodirette dall'alto.
Il Berlusconismo, che ha dato il colpo di grazia all'egemonia della sinistra sulla cultura, già in crisi dopo decenni di tv democristiana, è stato l'epilogo di un lavoro fatto dalle forze "cattocomniste" da diversi versanti (ma convergenti) che gli ha creato terreno fertile per l'ascesa.
Questi apparati politici e la loro pervasività manu militari con l'appoggio dele forze repressive e dello Stato, hanno costituito il sustrato su cui poi si è affermato il pensiero unico del neoliberismo.
Cosa è stata infatti al polituca del PCI dopo gli anni ' 70 se non la comleta adesione alle politiche dei fruppi capitalistici dominanti, sul lavoro, di diritti sociali e della persona, sull'istruzione e la cultura?
Sarebbe lungo e inutile qui produrre la lunga pletora di fatti. Quello che mi preme sottolineare è che l'opposizione sociale non può non ripartire da ciò che ha subito la grande cesura degli anni '80: l'autonomia di classe. Non per vezzo continuista: la situazione economca, politca e sociale è totalmente diversa da 35 anni fa. Ma per ridare alle masse popolari e ai movimenti che nascono spontaneamente nel conflitto sociale, settori sociali condannati all'oblìo politico e che subiscono il peso di questa crisi e l'assenza di soggettività, la possiblità di un ritrovato protagonismo politico nell'antagonismo al capitalismo neoliberista.
Oggi non c'è più la separazione tra "movimento operaio" e "altro movimento". Le forze politiche di regime (chiamiamole per quello che sono) non hanno più una base sociale che possa tenere alle scosse telluriche della devastante crisi che viviamo. Hanno cricche ristrette di burocrati che mantengono (finché possono) la pace sociale con la clientela, il ricatto, con la gerarchia delle spartizioni.
Non esistono più "aristocrazie operaie e impiegatizie" in un mondo del lavoro quasi totalmente precarizzato. Settori sociali garantiti che possano fare da base sociale (milioni di persone) ai partiti del regime spartitorio neoliberista e di rapina del bene comune. Esistono di contro "praterie infinite" per il lavoro politico rivoluzionario delle forze dell'antagonismo e dell'anticapitalismo. L'altro movimento, oggi, PUO' ESSERE Il MOVIMENTO.

Occorre rendersene conto al più presto per creare un soggetto politico che raccolga le più diverse pluralità dell'opposizione politica e sociale, che inizi a muoversi FUORI E CONTRO questo sistema di potere che ha esautorato la sovranità popolare consegnando il paese ai centri del potere finanziario in lotta tra loro: filoamericani e filotedeschi. Consegnando la governance a "esperti" in una visione univoca e autoritaria dell'economia, della politica, del sociale.
Solo l'autonomia proletaria e delle masse popolari subalterne, la rivolta sociale con pochi chiari punti sostanziali può riportare il convitato di pietra, il popolo, nell'agone dello scontro politico, può incidere sui rapporti di forza, oggi tutti sbilanciati a favore dei poteri forti del capitale.
In specifico: lottare contro verminaio delle coop "rosse" e bianche, denunciare la collusione con i burocrati sindacalisti della triplice, significa andare a toccare un nervo scoperto importantissimo: la gestione del comune.
Ovviamente non mi riferisco a tutte le cooperative. Sarebbe importante avviare un'inchiesta su questo sistema di potere per far ripartire nel settore dei servizi alla persona e nei settori interessati dalla ripartizione delle risorse finanziarie e delle politiche di gestione del comune (infrastrutture, sanità, istruzione, ecc.) lotte contrattuali sul salario e sulle condizioni di lavoro, sulla precarietà. Lotte sociali per strappare reddito indiretto a queste cricche, traducibile in qualità ed estensione dei servizi sociali.
Lotte riappropriative di spazi, servizi, strutture a livello locale perché la gestione del comune è lotta per il potere sociale, per poter decidere della nostra salute, della nostra istruzione. La crisi è una clava che il capitale usa per estorcere sempre di più ricchezza sociale e risorse della collettività. Può essere anche un'occasione per estromettere il capitale dai dispositivi di estorsione e cattura di ricchezza e beni.
Occupare e autogestire, scioperare, denunciare le spartizioni e la mala politica, unire lavoratori e utenti (che poi sono gli stessi cittadini nelle due forme diverse) nelle comuni battaglie, rendere impossibile la vita a chi usa i soldi pubblici per il solo profitto (altro che valori del cooperativismo!), gli strumenti da mettere in campo sono tanti. Con la forza popolare dal basso sarà possibile dare colpi forti e decisivi a questa cancrena del tessuto sociale.
La fase della rivolta sociale, della distruzione dei dispositivi di comando e di gestione eterodiretta dall'alto, della disattivazione delle sinapsi ideologiche del sistema delle gerarchie, è importante per realizzare la pars construens che è simultanea (non c'è un prima e un dopo): rimette in connessione le persone tra oro, ricrea una comune sociale, un senso di appartenenza, rompe le gabbie della supina accettazione del debito, del disservizio, del lavoro usurante, della paga di  merda.

sabato 18 agosto 2012

RIFLESSIONI SU MARIKANA: Il CAPITALE C'ENTRA ECCOME!



Rainews24, ossia il telegiornale che paragonato agli altri è della serie: "il più sano c'ha la rogna", alla fine del pezzo sulla strage di Marikana, recitava pressapoco così: la Lonmin (la multinazionale britannica proprietaria della miniera di platino) non c'entra.
La narrazione in pratica è: questi eventi sono il risultato di un forte scontro tra organizzazioni sindacali dei minatori e i capitalisti non c'entrano.

Oltre alla implicita vena razzista di questa considerazione, variante meno diretta del "sono negri incolti, gli dai un po' di libertà e si scannano tra di loro", va riaffermato con forza che è proprio vero l'opposto: nelle democrazie capitaliste, anche le più avanzate, il profitto viene prima di ogni altra cosa, delle condizioni di lavoro, della vita umana. E lo stato è il garante, il difensore di questo principio eretto a unico sistema che muove la società e, per questo intangibile.
Possiamo anche andare a vedere l'oggetto del conflitto aspro che ha contrapposto organizzazioni sindacali dei minatori tra loro (l'AMCU che vuole la triplicazione del salario e l'Unione nazionale dei lavoratori delle miniere, vicina alla Confederazione sindacale Cosatu e all'African National Congress), ma questo non ci serve per comprendere che i cuore della questione è il conflitto tra capitale e lavoro. Con buona pace di chi pensava che il superamento dell'apartheid e la nascita di una società democratica in Sud Africa portasse alla soluzione dei forti problemi sociali.
La miseria è rimasta, lo sfruttamento selvaggio pure, perché compagnie multinazionali come la Lonmin (la terza a livello mondiale nell'estrazione di platino) hanno mantenuto le loro proprietà, hanno conservato il loro dominio sulla forza lavoro, hanno imposto le loro condizioni di lavoro e di vita bestiali sugli operai.
Il che ci porta ancora una volta a confermare la validità dell'analisi marxiana delle società capitalistiche, dove lo Stato, in vari modi, nelle varie epoche, è lo strumento del dominio di classe del capitalismo sul resto delle classi sociali che, come in una scala gerarchica, hanno il posto che compete loro nella produzione sociale.

La nozione di democrazia, nella società classista del capitale, non può prescindere da questa realtà sociale e dalla configurazione dello stato in questo contesto storico. Non può prescindere al di là del grado di libertà civili e democratiche di cui una cittadinanza può godere.
Il Partito Comunista del Sudafrica, appena due giorni prima dalla strage, si appellava alle forze di polizia ponendole quali arbitri nel dirimere i forti contrasti interni al movimento dei minatori. Dimostrando così, ancora una volta, la miopia del comunismo di stretta osservanza ortodossa, staliniana, di fronte alle questioni dello scontro sociale tra capitale e lavoro.


La democrazia capitalista, che sia in Sudafrica o in Italia, in Germania o in Messico, in Russia o nelle Filippine, contiene il germe della repressione violenta sulle classi popolari e sui lavoratori, nel caso in cui questi innalzino il livello delle rivendicazioni sociali e del lavoro e, con esse, i livelli di autorganizzazione, di democrazia diretta, il livello dello scontro.
Dunque, la democrazia capitalista è totalitarismo mascherato, ma pur sempre tirannia.
Lo stiamo vedendo nella crisi generale, in cui i poteri forti legati ai centri finanziari, hanno iniziato a esautorare in Europa i governi, come in Grecia e nella stessa Italia con Monti.

Se vediamo le cose da questo punto di vista, capiamo bene come la disinformazione funzioni ormai "di default" su fatti come quello di Marikana. Il controllo sull'informazione è così totale che spesso non c'è neppure più bisogno delle opportune veline correttive. Questo è il modo in cui si manifesta il pensiero unico del capitale nel sistema dei media. Ormai in modo automatico, come un aereo che ha il pilota appunto automatico e in cui solo in certi momenti del volo necessita di correzioni volontarie.

I fatti di Marikana devono farci riflettere sulla traiettoria che può prendere lo scontro sociale anche qui da noi, nei paesi del sud Europa principalmente: quelli più devastati dalla crisi capitalistica, dove i think tank del capitale l'hanno già previsto: sollevazioni popolari sono imminenti.
Lo stato capitalista non fa sconti: chi tocca i piani del governo di turno, chi mette in discussione l'appropriazione privata di risorse, di beni comuni, di forza lavoro, dunque chi tocca i profitti, muore.
Comprendiamolo per creare organizzazione, per costruire un filo rosso, una continuità di progetto (insolvenza con audit popolare sul debito, reddito di cittadinanza universale, riappropriazione del comune ed esercizio di forme di cooperazione e autogestione liberate dai tempi e dai modi della riproduzione capitalistica) e di azione tra le varie lotte specifiche e tra soggetti, per fare il salto di qualità dell'internazionalizzazione delle lotte sociali, con la consapevolezza che possiamo vincere solo se il nostro attacco sociale viene portato in più paesi e in modo coordinato.
Questo è il lavoro politico da fare.

martedì 14 agosto 2012

I PADRONI SONO SEMPRE VIRTUOSI...



Quello che fanno i capitalisti, va sempre bene. Vuoi per una sorta di autoregolamentazione del mercato (vedi neoliberismo), vuoi per la mitologia del padrone che "s'è fatto da sé", dell'imprenditoria come valore positivo a prescindere, da s
empre lo Stato e tutti i suoi governi elargiscono soldi ai capitalisti industriali e finanziari "per il bene della collettività". Lo hanno fatto decine di governi democristiani con la cassa del mezzogiorno, vero "mordi e fuggi" per il grande capitale, che impiantava al sud, grandi cattedrali industriali nel deserto e poi, una volta avuti i soldi, chi s'è visto s'è visto.
Lo ha fato Draghi con la BCE: centinaia di miliardi alle banche europee, che si sono ben guardate dal finanziare le aziende per contribuire a rilanciare una politica antirecessiva, ma sono tornate a speculare sulle piazze finanziarie. Tutti nostri soldi ovviamente, della collettività che paga come Pantalone. Lo sta facendo oggi il governo sulla faccenda dell'Ilva: vuole dare tanti bei soldini a Ferrante e Clini lo argomenta sostenendo surrealmente il contrario: il provvedimento dei giudici porterà a bloccare tutto, messa in sicurezza e produzione. Ci spieghi allora Clini che garanzie può dare un menefreghista spregiudicato come Ferrante, che da decenni dispensa tumori a tutta Taranto e provincia. In base a quale legge della "bontà padronale" questi soldi potranno essere usati per mettere in sicurezza gli impianti incriminati?
Visto che da una vita i soldi vengono dati ai Ferrante e ai Marchionne di turno senza alcuna contropartita.