sabato 22 settembre 2012

E APRIAMOLA 2

Chiedo venia, non sono un filosofo e non ho la laurea. Per cui mi limito a fare analisi che descrivono quello che vedo nella società, con un po' di letture e di documentazione. E ovviamente i fondamenti base del marxismo, che poi è il mio punto di vista. Quello che una volta era in voga definire le potenti lenti del materialismo storico e dialettico.

La mia considerazionde sul clientelismo e la criminalità organizzata come uno degli elementi di freno a una sacrosanta rivolta sociale come quella spagnola o greca, non vuole certo essere un verso al cretinismo antiberlusconista dilagante. Tutt'altro.
Se qui in Italia non capiamo che questa non è una "zona d'ombra", ma un dispositivo di "cattura del comune" vero e proprio, non andiamo alla sostanza della questione, ossia quanto questo aspetto incida.

Cosa crediamo alla favoletta (questa sì tipica dell'armamentario ideologico populista, qualunquista, manichea, che attraversa grillismo, travaglismo, pidismo e compagnia bella) del politico che si imberta i soldi e chi s'è visto s'è visto?
Con l'economia del debito (mi piace l'impianto definitorio e descrittivo di Lazzarato), nel nostro paese c'è una forte polarizzazione tra fasce sociali beneficiarie di ricchezza sociale, sempre più ristrette, con un ceto medio devastato e in più piccola parte ricomposto su altre modalità di rendita (fine del piccolo risparmiatore) e fasce sociali sempre più vaste, soggette al peso del debito, alla precarizzazione selvaggia, all'etica e alla condizione dell'utente che perde diritti sociali, alla salute, all'istruzione, al reddito indiretto nei servizi alla persona, diventando debitore integrale. I servizi diventano debiti, il lavoro diventa massimizzazione di pluslavoro a condizioni salariali in busta o a partita IVA falsa roidotte all'osso.
Ma nel primo caso va incluso anche tutto ciò che gira attorno al sistema di corruzione, appalti, all'intergrazione tra mafia e stato, criminalità organizzata e capitale: una fetta di PIL piuttosto consistente. Per esempio, il sistema dei partiti, o i sistemi di governance nelle pubbliche amministrazioni, non sono dei semplici contesti in cui operano ladri che rubano alla collettività: questa è la storiella morale che nasconde il fatto ben più importante, questo è un sistema di distribuzione del reddito, di creazione di rendite, ha una sua base sociale che vive di questo e una massa più in basso che vive nel ricatto e nella precarietà, nel poter avere un appalto, una commessa, un posto temporaneo.
Questi sistemi sono dispositivi che generano consenso attraverso clientele, pratiche illegali come la corruzione, ma anche il ricatto su segmenti classe lavoratrice iperprecarizzate. Rappresentano un modello di gestione del potere amministrativo, ma anche un'efficiente organizzazione e divisione sociale del lavoro, un dispositivo di comando sulla forza lavoro, sugli utenti e sul territorio. Guardiamo, altro esempio, alle cooperative bianche o rosse che siano, quelle che decidono del futuro stesso dei "board di governance" delle PA. Sono diventate così potenti che i giochi si sono ribaltati: le amministrazioni sono i loro comitati d'affari, così come lo sono e di altri soggetti consorziati che si gestiscono il potere locale, il potere sulla res publica, sul comune.

Quindi, compagni, ritengo che la mia analisi non sia "marziana", ma del tutto marxiana e non va svalutata nel gorgo dei luoghi comuni. Certo, è semplicemente abbozzata, con molte pecche probabilmente. Ma basta sforzarci di vedere ciò che accade nei nostri contesti di vita e di lavoro per capire e tentare un'analisi. Spinoza e Focault aiutano, ma non sono a Borgonuovo di Sasso.
Se non comprendiamo in specifico questo, rischiamo di ragionare per categorie astratte.
Davvero pensiamo che basti aver individuato nuove e discutibili centralità nella classe, e le sempiterne e revisioniste "posizioni erronee in seno al popolo" (il socialismo novecentesco) per far quadrare il cerchio?
Troppo facile, troppo semplice. Forse occorrerebbe mettere la stessa vis che si impiega per dare metaletture generali dell'"impero", nell'analisi concreta della situazione concreta.
Quando Formenti nel suo contributo parla di un post-operaismo a rimorchio dei movimenti anarchici, registra anche il ritardo in cui versa l'analisi e l'organizzazione dell'autonomonia di classe nel nostro paese. Si può e si deve discutere di questo.

Oltre al fattore prima descritto, ci sono altri aspetti che stanno ritardando (ritardando, non bloccando, capiamoci) una rivolta sociale diffusa organizzata. Uno è legato anche (non solo ovviamente) a questo dispositivo di cattura del comune e di organizzazione del lavoro sopracitato: la frammentazione del corpo di classe, la sua scomposizione.
Un altro ancora è l'aspetto ideologico di cui fa cenno Negri, ma come elemento culturale diffuso nella sinistra nel quadro di una situazione più generale che deriva da una ragione più ampia e "operaista": la sconfitta del movimento antagonista negli anni '70, che ha interrotto pratiche, coscienze, conoscenze, formazioni organizzate, collettivi e soggettivazioni rivoluzionarie. E' rimasto un fluire carsico di queste soggettivazioni (vedi centri sociali e altre aree dell'antagonismo), ma flussi portanti sono stati interrotti dalla repressione delo stato, dal cambio neoliberista che obbligava l'autonomia di classe a salti di qualità. Che non sono stati fatti, poiché era venuta meno la forza sociale d'urto e l'intelligenza collettiva per compierli adeguatamente.
Negri forse si riferisce all'egemonismo del pensiero post-marxista ortodosso (dal berlinguerismo al PD), già debole e parte del pensiero unico neoliberista (che con l'avvento delle nuove tecnologie mediatiche e del comando ideologico e spettacolare... non dico berlusconiane sennò accendo automatismi critici avulsi, ha ammazzato definitivamente l'egemonia culturale della sinistra che esisteva nel dopoguerra), si è amalgamato ad altre forme di pensiero prevenuto, facile,  costitundo il bagaglio culturale di certa insofferenza qualunquista. Dentro facebook non abbiamo che esempi che ci infestano le palle da mane a sera.
E, sempre Negri, si riferisce alle forme di autorappresentazione liturgica del vetero sindacalismo della triplice, incorporato nel comando della produzione, nel sistema di comando più in generale del capitale, proseguono come zombie (calpestate spesso dal capitale, dalla FIAT), travolte in non poche circostanze da antagonismi di fabbrica, sociali, che però non trovano sponde, soggettività coese e porgettuali in grado di far scoppiare la luxemburghiana scintilla del'organizzazione comunista di massa.
E Negri parla anche di un socialismo novencentesco che permane nei partitini e partitelli della sinistra che tenta di essere neoistituzionale, i maggiori artefici dell'inesistenza di un soggetto politico serio.
Ma tutti questi fenomeni, a mio modo di vedere, sono secondari e residuali. Dov'è la forza sociale del PD? Nei salotti televisivi c'è poca massa critica. E dov'è il forte movimento operaio sindacalizzato, che per il socialismo isola gli untori? E dove la sinistra di classe? Più impegnata a guerre di bottega che a ricostruire un percorso collettivo e un progetto politico unitario anticapitalista e di potere costituente di classe.

Sono i movimenti del conflitto sociale ad avere aperto spazi di sviluppo di soggettività e di elementi di programma minimo che spiazzano tutta questa merda del passato.
Ecco perché parlo di "autostrada" per una sinistra rivoluzionaria che voglia davvero porsi sul terreno di un lavoro politico serio. Una SR che, ammettiamolo, è inesistente sul piano politico, del soggetto.

Ma in conclusione, tranquilli, la rivoluzione ci sarà e la rivolta è nell'aria. I dispositivi formali o informali di disciplina e controllo del capitale sul proletariato e le classi popolari, i soldi e le modalità di esistenza e di riproduzione sociale dei sistemi camorristici e mafiosi sulle popolazioni del mezzogiorno, i sistemi clientelari emilo-toscani rosso-bianchi, non fermeranno l'occupy italiana. Che non sarà nelle forme di occupy e non sarà solo italiana. I movimenti cresceranno anche e nonostante tutto il loro spontaneo armamentario della mitologia del lavoro e della Costituzione, a dispetto della nostra spocchia intelettualoide da Cassandre dalla lingua complessa  e spesso indecifrabile ai più.

Ma occorre cambiare passo. 

Occorrono inchieste serie sulla s/composizione di classe, che non parlino solo di alcune tendenze e non della complessità. Occorre affrontare i nostri punti deboli, uno importante su tutti: il modo di produzione capitalistico nella sua fase post-fordista ci mette davanti a una classe polverizzata. Bello il tentativo di dare una veste cognitiva alla "cosa", una lettura della classe che parta almeno da un bandolo della matassa. Ma è un cul de sac. Non esiste solo il Teatro Valle. E l'irruzione degli operai dell'Alcoa sulla scena politica nazionale, con il loro "armamentario" da mitologia lavoristica della sopravvivenza scompagina un po' il quadretto, visto che Marikana è molto lontana.

Quindi, scusate compagni, ma manca ancora il soggetto politico che agisce sulla totalità e la complessità della classe, dei settori sociali che in varie modalità sono subalterni allo stato, al capitale, che subiscono le politiche neoliberiste: quel 99% (percentuale simbolica, non effettiva, non sto a fare i conti qua...), di cui una vasta percentuale non ha ancora capito che è in atto una guerra sociale nei suoi confronti da parte di "90 milioni di persone, (...) vero e proprio “blocco sociale” (che) opera sui mercati di Borsa «come un partito informale ma solidissimo, in grado di determinare l’andamento dell’economia e di condizionare in modo determinante la politica»" (Gattei, la Germania contro tutti, carmillaonline.com)
Per tornare a stravolgere gli assetti del comando e a sviluppare autonomia proletaria, la classe va presa tutta. Tutto il pacchetto, compagni. Pacchetto ideologico novecentesco e costituzionalista incluso, mettere le mani nella merda, please. La battaglia politica va affrontata. Altrimenti finiamo con il ricostruire riserve indiane ai margini... dell'autostrada.





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