sabato 8 settembre 2012

E APRIAMOLA, LA DISCUSSIONE.


Su questo sito:

Qualche questione sullo stato dei movimenti: apriamo la discussione"

Ci sono spunti piuttosto interessanti per un dibattito interno al movimento antagonista sulle prospettive di una ripresa di un ciclo di lotte sociali autonome e di cambiamento radicale, rivoluzionario della società capitalistica. Con un occhio particolare alle esperienze di Occupy e alla situazione italiana.
Pertanto consiglio la lettura dell'inervgento di Negri, prima di affrontare le mie considerazioni.

Come sempre Toni individua della questioni importanti, ma su altre sono meno persuaso.
Giustissime le considerazioni sui centri sociali, almeno certi, che hanno fatto dell'autoreferenzialità e dell'"autoimprenditorialità", del localismo, la loro bandiera.
Sorvolo sull'annnosa questione del "lavoro materiale" e "immateriale" e sulla centralità del lavoro cognitivo (le figure del lavoro salariato sono molto più complesse, frammentate e inoltre è fuoriviante cercare delle centralità oggi), che meriterebbe una trattazione a parte.
In buona sostanza non credo che occupy non abbia attecchito in Italia a causa della tradizione "socialista" novecentesca che permea la sinistra, partitini e partitelli inclusi. Penso piuttosto che in Italia ci siano vasti e radicati “ammortizzatori sociali” illegali, criminali, clientelari, come l'economia sommersa, il clientelismo e il familismo nelle pubbliche amministrazioni, le mafie che gestiscono pezzi fondamentali dell'economia, anche quella emersa e legale.
Il che significa: lavoro e rendita, quindi reddito. In Spagna non  mi risulta un tasso così elevato di evasione, di corruzione e di collusione tra pubblico e malaffare, mafie, consorterie e cricche corporative con tutte le loro cordate e corti dei miracoli. 
Ciò costituisce un vero e proprio "modello produttivo", di riproduzione sociale, di ripartizione della ricchezza sociale.
Inoltre in Italia con la crisi, la precarizzazione, la flessione del lavoro dipendente "garantito" si riduce l'aristocrazia operaia e impiegatizia: la base sociale storica dell’”eurocomunismo”, dei sindacati. Si sgretola la composizione storicamente data dal dopoguerra agli anni '80  del ceto medio,  che si restringe anch'esso e si ricompone all’interno di questa zona d’ombra ed è per questo che la "socialdemocrazia" e il post-democristianesimo variamente di marca “sinistra DC” (l'impasto di cui è fatto il PD) cercano altri referenti e trovano più facile assecondare gli appetiti finanziari e appaltatori dei grumi forti di potere, coop incluse, che cogestiscono con i poteri mafiosi, ciellini il pubblico, i servizi, il territorio. Nel PD le "anime candide" muoiono sotto i colpi dei faccendieri, che ora hanno campo libero, perché i voti li vanno a rastrellare da chi beneficia o vive il ricatto del reddito e del salario redistribuito nelle forme sopra citate. Ecco il perché dell’inciucio ABC, ma più strutturalmente, la ragion d’essere dei partiti di regime, l’ontologia della casta politica in sé.
Il sistema spartitorio dei servizi e delle opere pubbliche dentro l'asse coop "rosse" e Compagnia delle Opere, per esempio, ha modellato una struttura salariale, di sfruttamento della forza lavoro, creando un regime di precarizzazione da una parte e di riformulazione della gestione del comune dall'altra, godendo di una continuità dei cicli di produzione dei servizi e del cemento e godendo di crediti privilegiati.
Un modello produttivo che crea consenso, acquiescienza, nel ricatto di chi può esercitarlo da una posizione dominante.
La precarizzazione crea dipendenza in tutti i sensi. La redistribuzione del reddito a partire da ambiti di lavoro garantito di medio alto livello e di rendita più o meno occulta, nel caso del management, diffonde consenso.

Se non vi fossero questi ammortizzatori reali, avremmo sicuramente anche qua un forte e generalizzato scontro sociale. Pensare che il freno sia l’imprinting socialista e comunista novecentesco è dare un’interpretazione soggettivista dello stato dell’arte italiano della lotta di classe.
Altro che egemonismo del socialismo novecentesco! (un'egemonia persa anche nel mondo della cultura e dell'arte con l'avvento del berlusconismo e l'omologazione degli "intellettuali" al pensiero unico). L’autonomia di classe e l’antagonismo verrebbero fuori anche con le vecchie contraddizioni, perché la lotta di classe va oltre gli elementi soggettivi che possono influire ma non stabilire il grado del conflitto.
Ci dovremmo pertanto misurare con l’ultrademocraticismo legalitario, costituzionalista, con quelle aree politiche che pensano ancora al costituito ormai morto e consunto e non al costituente. Ci dovremmo misurare con l’etica del lavoro e capire in che modo far emergere la comune rivoluzionaria che va oltre il lavoro salariato, oltre il rapporto capitale/lavoro, che affermi l’era del reddito di cittadinanza universale, di una riproduzione sociale un funzione del soggetto collettivo e non dei profitti (qualunque destinazione abbiamo) e del privato. 
Ma questa è una battaglia politica per linee interne, all’interno di chi vuole rimettere al centro il welfare, i beni comuni, la vita della collettività. Dovremmo e dovremo trovare una piattaforma comune e un terreno comune di iniziativa, di offensiva di classe.
Le forze dell'autonomia proletaria avranno a che fare con un "costituzionalismo" sano e molto spesso ingenuo. Si troveranno davanti masse di lavoratori che vedono nel lavoro l'unica prospettiva per la propria esistenza, elemento di dignità soggetiva.
Che si fa? Ci si avvita dentro le sacche di lavoro cognitivo in lotta?
Pensare che esperienze come il teatro Valle siano il prodotto di una forza sociale centrale nel conflitto di classe è fuorviante. E i milioni di lavoratori nelle imprese produttive, della grande industria ma anche delle PMI? E i lavoratori autonomi, spesso forza lavoro salariata con unico datore?
Ancora una volta viene da pensare che fabbrica, università e scuole, più o meno grandi concentrazioni del lavoro come ospedali, teatri, il territorio nelle questioni che spingono alla mobiltazione vasti settori di cittadinanza (No Tav), siamo il punto di partenza, dove la classe si ritrova quotidianamente o su questioni eccezionali, dove quindi è più facile mettere in moto un'intelligenza collettiva, forme di autorganizzazione e di lotta.
L'autonomia riparte da qui, sempre.

La questione vera è il lavoro comunista per favorire la formazione di dinamiche riappropriative e di gestione del comune. Questo è programma immediato e generale insieme, gestibile al di là delle visioni "socialiste". Formazione dei consigli, autogestione, riappropriazione, autonomia e contropotere in definitiva: sono aspetti che sono sempre emersi nel percorso della lotta di operaia e di classe. Semmai siamo noi autonomi, che vediamo ancora una vecchia linea di demarcazione tra movimento operaio (sveglia, il PCI non c'è più!) e altro movimento operaio. Oggi le nostre proposte hanno davanti un'autostrada.
Poi ci saranno partiti veterocomunisti che partono dal solito progettino. Ma perché, un audit sul debito con la FIOM non va bene? Sarà l'autonomia proletaria  a forzare l'orizzonte ponendosi come soggetto che lavora sulla potenza della classe, della sua autorganizzazione, della sua riappropriazione di ricchezza sociale. Sarà la dialettica interna all'opposizione sociale e alla sinistra di classe a ridefinire rapporti di forza, direzione del processo rivoluzionario.

Per concludere, due parole su OCCUPY.
E’ vero: occupy ha vinto perché ha riformulato l’orizzonte della politica rivoluzionaria, il protagonismo dei movimenti di massa. Usando “vecchi” termini, a cui mi sento ancora legato, ha riposto al centro dell’anticapitalismo e dei movimenti proletari la democrazia diretta, l’autorganizzazione, quell’autoattività delle masse tanto cara a Rosa Luxemburg. Quel farsi potere della classe, che è autonomia e contropotere.
Occupy lo ha fatto con nuovi linguaggi e nuovi stilemi dell’agire, dell’aggregarsi. Prendiamone spunto, ma in Italia la questione avrà forme sue, originali. Questo sì, proprio a causa di un fattore K duro a morire.

Nessun commento:

Posta un commento