giovedì 27 settembre 2012

L'INSURREZIONE TRANSNAZIONALE E' ALLE PORTE.


Le notizie che arrivano dalla Spagna, il Parlamento spagnolo circondato da una massa di cittadini spagnoli che invocano la democrazia e la repubblica, che chiedono al governo Rajoy di andarsene, le cariche brutali della olizia, i deputati costretti a uscire scortati, ovviamente sono state messe sotto tono dai nostri media.
Se poi nelle stesse ore c'è il calo delle borse, i media, dopo le prime notizie che legano la fuga degli speculatori dai titoli europei all'incertezza del recupero dei crediti data dalla conflittualità spagnola, poi correggono il tiro cianciando, come su Radio Capital (Gruppo Repubblica... house organ di regime) di paura per la recessione spagnola: come se questa fosse una novità e come se al contrario non siano le politiche recessive del neoliberismo a garantire il flusso di danari nelle casse dei creditori blasonati, franco-tedeschi o anglosassoni, banche, fondi e compagnia cantante.
E il giorno dopo? Sciopero generale in Grecia, con scontri feroci. Ed ecco Eu e FMi che si dividono su come gestire la restituzione dei debiti greci: una dilazione i primi, che pensano a una situazione che precipita, una ristrutturazione del debito i secondi, che come tradizione vuole, già sperimentata sui popoli del terzo e quarto mondo, esigono il guidardone, senza stare tanto a guardare a questioni come la stabilità, cosa che riguarda gli europei.

Ma il dato di fondo che va letto da queste vicende e dalle risposte date dagli esecutivi e dai centri di comando del capitale d'occidente, è duplice.

Uno: i governi dell'oligarchia politico-finanziaria cominciano ad avere paura, perché sanno che quello che sta avvenendo in Spagna, in Grecia, e che le proteste non meno vaste a Lisbona di qualche giorno fa, che hanno imposto il governo portoghese la sospensione di una legge che imponeva ennesimi tagli ai servizi sociali alla popolazione, sono le avvisaglie di una situazione insurrezionale in tutto il sud Europa.
Il neoliberismo, ossia l'economia del debito che impone in Europa un imponente trasferimento di risorse e ricchezza sociale dalle cittadinanze agli speculatori, che sottrae salari, reddito, lavoro a decine di milioni di persone, ha svuotato le democrazie costituzionali, ha ridotto i sistemi parlamentari a semplici parlatoi sul nulla e i governi a meri esecutori di politiche decise altrove, nelle stanze dei centri di potere oligarchico.
I tumulti spagnoli, greci e portoghesi, sono comunque la miccia di una situazione esplosiva, un conflitto destinato a propagasi in altri apesi, non ultimo l'Italia.
Di questa situazione di rapina da parte dei potentati e di uso criminale della loro crisi ormai anche qui, sempre più cittadini e lavoratori ne hanno coscienza. Inevitabili gli sviluppi anche in Italia.
L'insurrezione transnazionale potrà essere l'epilogo nel fronte sud dell'Europa, con forti ripercussioni anche in Francia e in Gran Bretagna, in altri paesi ancora, fino al cuore stesso del potere capitalistico europeo: la Germania.
La rivoluzione è un'onda che si propaga e le masse (la primavera araba è l'ultimo dei tanti "insegnamenti" della storia) imparano velocemente. Ci sono giorni che valgono secoli. E oggi siamo sull'orlo di un forte cambiamento economico-sociale. I nostri nemici lo sanno già. E molto dipende anche da noi.

Due: i tumulti, le forme di sciopero selvaggio, l'occupazione dei luoghi del potere e delle decisioni, il sabotaggio finalizzati all'ingovernabilità e alla caduta di consenso, sono la strada giusta.
Solo così si possono creare contraddizioni nel campo avverso e aprire la situazione politica a nuovi scenari, incidere sui rapporti di forza.
Il programma minimo è nelle cose: non pagare e avviare un audit poplare di debito odioso verso la finanza che ha esautorato le democrazie rappresentative, ricostruire una sovranità costituente e popolare che parta dalle forme di democrazia dal basso, diretta, le uniche espressioni della politica realmente partecipate dai cittadini e democratiche.
Da qui, va da sé che solo con il controllo democratico dei cittadini e dei lavoratori con nuove istituzioni repubblicane sui gangli vitali dell'economia, dei mezzi di comunicazione, delle reti in cui passano i flussi di informazioni vitali per la riproduzione sociale, con la cooperazione, al nazionalizzazione di banche e utilities portanti, con nuove forme di attività collettivistica nel campo della produzione e dei servizi (a partire da quelli alla persona, alle infrastrutture). Un  controllo democratico sul mercato con la creazione di una moneta sovrana al servizio del comune e non delle banche.
Alla sottrazione crescente di ricchezza sociale, di beni comuni, di salari e reddito, occorre rispondere con una richiesta molto semplice: reddito di cittadinanza per tutti. Il diritto a una vita dignitosa e felice, prima ancora di qualsiasi prifitto e plusvalenza.
Un programma così uccide di fatto l'era del profitto. I più non ne piangeranno la sua dipartita mai troppo presto prematura.

Solo così è possibile uscire da un'era di guerra sociale dei più forti contro i più poveri, contro i proletari e i ceti medi proletarizzati, da un'era di guerra diffusa nel pianeta, per la tutela e l'affermazione del dominio imperialista sulle risorse energetiche, sul mercato del lavoro, contro gli altri attori dell'economia mondiale (Cina, Russia, ecc.), contro il declino del dollaro e dei centri dell'economia occidentale. Una situazione di barbarie prmanente e di catastrofe militarista, ambientale, alimentare, di caduta delle conquiste democratiche raggiunte nel Novecento, a cui il neoliberismo ci ha portato.

Il ruolo di una sinistra che sia veramente tale, è quello di favorire con ogni mezzo le forme di aggregazione costituente delle masse popolari, lavorare per collegare i movimenti, per riunificare su un progetto politico condiviso tutte le realtà sparse dell'antagonismo di classe, a livello internazionale. Il sio ruolo è quello di contrastare, isolare e battere le opzioni populiste e reazionarie, che sotto la bandiera dell'antieuropeismo nazionalista cercano (vedi Alba Dorata in Grecia) di instaurare governi fascisti e xenofobi: un'eventualitò molto vicina soprattutto in una fase di caos e di forti tensioni sociali.

Il terreno del confronto tra forze di sinistra, dunque, non parte da patetici cartelli elettoriali (il PdCI è in pole position per unirsi al PD...), ma da un progetto di potere costituente che sia punto di riferimento reale nei movimenti di massa.
Non è più tempo di tessere e di conte (se mai lo è stato).
E' tempo di distruggere la gabbia del neoliberismo con la forza del popolo che si autorganizza e che irrompe sulla scena politica devastando i progetti e i dispositivi di comando del regime oligarchico finanziario.
I comunisti devono porsi al servizio e alla testa al tempo stesso di questi movimenti.

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