venerdì 19 agosto 2011

IMPARARE DALLA NOSTRA STORIA.


Cito due punti dell'intervento di G. Marinos, membro dell'Ufficio Politico del Comitato Centrale del KKE al 12° IMCWP - Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai - 3-5/12/2010 - Tshwane - Sudafrica

"Siamo in opposizione al Partito della Sinistra Europea, in cui la Die Linke tedesca svolge un ruolo di primo piano, perché difende l'Unione europea imperialista e dipende da essa. La sua strategia socialdemocratica di gestione del sistema che promuove con l'assistenza del capitalismo alle campagne diffamatorie contro l'URSS e il socialismo edificato nel 20° secolo, da una posizione anticomunista e antistorica, diffonde confusione tra i lavoratori e impedisce lo sviluppo della coscienza di classe politica." (...) "Per questo motivo il doloroso rovesciamento del socialismo in Unione Sovietica e negli altri paesi socialisti, e in tutti i cambiamenti controrivoluzionari causati dalla corrosione opportunista, non modificano il carattere della nostra era quale epoca di transizione dal capitalismo al socialismo."

Il perché di questa citazione è presto detto. Senza sminuire i meriti del KKE nella battaglia sociale anticapitalista in Grecia, quale forza interna e propulsiva del movimento operaio e di classe, la prima domanda che mi viene spontanea è: ma non abbiamo imparato nulla dalla nostra storia? Ci sono ancora forze politiche comuniste che ritengono l'URSS un'esperienza progressista, di liberazione umana dal lavoro salariato e di affermazione della classe operaia, dele masse contadine e della società intera dallo sfruttamento capitalista?

Se non si capisce il legame indissolubile tra libertà democratiche e civili, in cui l'URSS-Patto di Varsavia ed esperienze analoghe non hanno certo brillato, e lo sfruttamento dei lavoratori in un sistema che si basa ancora sull'appropriazione di lavoro umano a favore di un'elite o un'oligarchia in questo caso di stato, non si va tanto in là. Così come la visione del partito comunista come partito unico e la sua forma partito "classica". Abbiamo visto che questo ambito, pur di massa finché vuoi, è stato espressione tutt'al più momentanea della democrazia diretta dei lavoratori e della masse popolari.

Dobbiamo capire il perché poi questa "forma partito" sia diventata nei fatti esattamente come qualsiasi forza politica borghese egemone in un sistema capitalista qualsiasi, nel limitare questa democrazia sociale e di classe, nell'irregimentare nel nome del socialismo le masse operaie e contadine in una realtà politica che ha una sola linea. Le situazioni di eccezionalità (aggressioni imperialiste esterne, controrivoluzioni interne, necessità di sviluppo economico, ecc.) non sono giustificazioni, perché un processo riviluzionario si troverà sempre in una situazione di eccezionalità, ma più in dettaglio, perché non esistono giustificazioni, pena: lo snaturamento della rivoluzione comunista stessa.

Esistono pertanto nella sinistra due tendenze profindamente erronee: la prima, quella che nel nome di "sacri principi" (sacralizzare in modo laico?), non fa in conti con la storia e si schiera spesso con i peggiori tiranni semplicemente perché "antiperialisti" (non era Stalin che sosteneva che l'emiro che si contrappone all'imperialismo è alleato del movimento operaio? Raccontiamo questa storiella alle donne nei regimi intergralisti islamici! E se il partito comunista siriano mi dice che in Siria c'è un processo riformista contrastato da forze islamiste, mi metto a ridere... il riformismo dei carri armati, grazie, già visto). Sono i CONSERVATORI. Anche in Italia ci sono segmenti politici che si rifanno all'ortodossia comunista, e vedono per esempio la Cina come paese socialista, considerandola un modello o esperienza di uno sviluppo del comunismo. Aberrazioni da iperanalismo cattedratico. Orfanismo alla ricerca del vecchio papà.

Parlo per esempio dell'Ernesto, di cinarossa.org e dei vari gruppuscoli filocinesi. Occorre avere il coraggio di affermare che costoro ostacolano la liberazione della classe operaia e delle classi popolari sfruttate divenendo funzionali alle forze borghesi e ai capitalisti, che in Cina di grassi affari ne fanno eccome, a discapito dei lavoratori cinesi totalmente privi di diritti sindacali (ma è socialismo, compagni!). Perché non vedono come la Cina, al di là delle loro stravaganti considerazioni da arrampicata sugli specchi, sia retta da un'oligarchia di sfruttatori, che la limitazione delle libertà democratiche e civili è organica al supersfruttamento con salari da fame dei lavoratori industriali e agricoli. Che le aree in cui non vi è ricchezza sociale non sono un limite da colmare nello sviluppo economico, ma sono esattamente funzionali al profitto capitalistico delle multinazionali che vanno a sfruttare la manodopera in quel paese. Forse che gli operai cinesi sono diversi da quelli nostrani? Qui giustamente si urla come aquile a ogni attacco padronale, e là?

La Cina è un grande carcere a cielo aperto a servzio completo per gli sfruttatori del pianeta.

So che la parola che sto per dire farà accapponare la pelle a chi pensa ancora al socialismo del '900 come a un'esperienza positiva: pluralismo. Si può pensare a una società di transizione che non limita le libertà che nascono dal popolo, dalla classe, ma le amplifica. Non parlo di una banale democrazia borghese, che oggi sta andando verso un fascismo imperiale ed economico, con un capitalismo sempre più in crisi.

Questo è autoritarismo ammantato di democrazia, ma in realtà c'è il controllo dei media, il monopolio della forza e della giustizia. In pratica c'è l'egemonia delle reti canaglia, dele lobbies. E qui gioca la seconda tendenza erronea, già fuori dalla sinistra stessa: i TRADITORI. Sono quelli che hanno sposato questo sistema così com'è e appoggiano tutto: rapporti tra capitale lavoro, spoliazione della ricchezza sociale nel nome dei mercati, guerre di rapina e quant'altro. In Italia la maggior forza di costoro è il PD. Un asse che va da Bersani a Di Pietro, passando per il populista Beppe Grillo.

E dentro questo solco ci sono anche certi INNOVATORI, ossia quelle soggettività politiche che partendo talvolta da considerazioni anche giuste sull'arretratezza di una politica comunista "ortodossa", finiscono però col buttare via l'acqua sporca col bambino, approdando a un mero appiattimento politico come le socialdemocrazie e quella "sinistra" filocapitalista del tutto interna al pensiero unico imperialista.

Tendono a confondere la democrazia borghese con la democrazia in generale, pensano che non possa esistere altra forma democratica, non comprendono che la battaglia sociale per i diritti dei lavoratori e delle masse popolari va inquadrata in una lotta politica per l'abolizione delo sfruttamento, degli attuali rapporti tra capitale e lavoro. Tradiscono gli ideali e la prospettiva stessa del comunismo e finiscono con l'essere le mosche cocchiere del capitale e dei traditori. Vendola e il suo protagonismo che ha ridotto la politica a una versione pseudo-libertaria del culto della persona, è sulla "buona" strada.

Dobbiamo trovare dunque una strada nuova, senza abarbicarci ai vecchi modelli. Come sarà il cambiamento che vogliamo? Di primo acchito, mi viene spontaneo dire: così come abbiamo reso illegale il fascismo per Costituzione, andrebbero resi illegali anche lo sfruttamento delle persone, il monopolio dei media, l'esistenza di cricche di regime che agiscono al di sopra dei dettami costituzionali stessi.

Questo è un buon punto di partenza per comprendere che la democrazia, il pluralismo deve avere dei paletti. E' la "conditio sine qua non" per sviluppare una democrazia pluralista con al centro un sistema legislativo di diritti dei lavoratori, dei cittadini che deve restare INTANGIBILE. Un ambiente "naturale" per portare la società verso il comunismo, verso l'abolizioni dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, quindi delle classi sociali (il che non significa "tutti uguali", ma questo è un altro discorso).

Tra questa configurazione politico-costituzionale che ho messo in piedi col puro buon senso (credo) e il partito unico c'è una differenza abissale. Quest'ultimo è l'altra faccia dello sfruttamento capitalistico e dell'autoritarismo. Dietro il mito roboante del socialismo e del suo partito, c'è stata e ahimè credo che ci sarà ancora in forme più o meno "rinnovate", una casta "da dacia con piscina".

Ma più in concreto, andando più dentro la struttura dei rapporti sociali, va ripresa la visione forte dell'operaismo e dell'autonomia operaia, che è autonomia (negazione, abolizione) dallo sfruttamento capitalistico e dalle sue forme di controllo politico e sociale, è autovalorizzazione proletaria che non esalta il suo essere in quanto tale (elemento comune a tutti i riformismi e le ortodossie), ma punta alla propria abolizione di soggetto alienato nel processo lavorativo e nella sua riproduzione in quanto essere funzionale agli schemi di vita e realzioni imposti dal sistema capitalistico. E questo vale sia a est che a ovest! Questo vale tanto più oggi che il capitalismo non assicura più neppure il salario come mezzo di mera sopravvivenza della forza-lavoro. Nel momento in cui la finaziarizzazione ha reso simbolico e immateriale il valore e concreta la rapina di beni e ricchezza scociale, in flussi inconsulti di capitali che ci stanno portando verso il default dell'econmia mondiale.

Ritrovare un'autonomia di classe significa sabotare tutti i meccanismi del comando capitalistico, far saltare il banco, invadere le strade e le piazze, occupare i i luoghi di lavoro e i luoghi della nostra esistenza sul territorio. Significa non pagare il debito, significa riappropriarsi di quanto appartiene alla collettività, al di là della giustizia borghese. Significa autogestione senza che un capetto venga a dirci cosa va fatto, sostituendosi meramente al padrone. Significa una testa un voto e revocabilità immediata delle rappresentanze direttamente da chi le ha elette, così come sottolineava Marx nella Comune di Parigi.

Si capirà dunque, quanto sia angusta la forma partito che molti compagni ripropongono come un mantra nostalgico.

No al lavoro salariato in quanto tale, sì alla ricomposizione del soggetto umano in un'attività non alienata, ma ricomposta in una dimensione liberata dai tempi del profitto e dalle modalità alienanti per ottenerlo. Al centro è il cittadino, la persona e non il profitto, né per fini privati, nè per piani quinquennali del cazzo (che sono poi falsamente sociali).

E' ovvio che questa è una linea generale che attraversa tutte le mediazioni dovute alle fasi storico-politiche e alle condizioni economiche possibili. Ma è la condizione essenziale per rinnovare il comunismo, "il movimento che abolisce lo stato di cose presente" da un punto di vista autenticamente di classe e oltre le formazioni economico-sociali basate sulle classi. Quel punto di vista che Marx sosteneva essere e diventare universale in un processo rivoluzionario.

Il Marx rivoluzionario era quello dei Grundrisse.



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