sabato 17 dicembre 2011

L'ALTERNATIVA POSSIBILE (1a parte)



In rete stanno girando interventi molto interessanti sulla crisi e sul modo di dare una risposta a quella che ormai ha il carattere di un'involuzione della società capitalistica nella fine della democrazia rappresentativa.
Oltra al tema forte dell'insolvenza, ci sono dei tentativi originali di proporre percorsi possibili che ricreino livelli di vita dignitosi e decenti, forme di partecipazione popolare e comunitaria alla costruzione di un'esistenza altra possibile.
C'è chi parla di "esodo", di "strutture della sopravvivenza" e di "buoni" (una moneta complementare) come Francesco Berardi, Bifo, qui, o chi sottolinea il carattere di "potere costituente" delle più significative esperienze di lotta sociale e di autorganizzazione, come Toni Negri qui.
(In realtà Negri, come sempre, dà contributi fecondissimi sull'analisi dello stato, del capitalismo e delle lotte sociali)

Non è un caso che è proprio da quel vasto filone operaista e dall'autonomia in generale (Negri e Bifo ne sono due autorevoli rappresentanti), nascono le analisi più acute, che riportano all'attualità temi centrali dell'autonomia di classe come il "contro-potere" e la riappropriazione.
Che indubbiamente sul piano strategico rappresentano il processo marxiano della distruzione dei rapporti di produzione e sociali capitalistici nella socializzazione dei mezzi di produzione e delle forze produttive (comprese le risorse energetiche e i beni comuni di Madre Terra).

Detto per inciso, dalle rovine della tragica svolta militarista, nelle sue varianti fochiste o di autonomia del politico nell'uso delle armi, che ha dato l'accellerata alla fine spaventosa dell'antagonismo rivoluzionario sul finire negli anni '80, non è potuta nascere neppure una soluzione politica sulla prigionia. Tuttavia, come un'araba fenice, solo l'operaismo risorge con quella sua visione precorritrice del precario attuale, così ben delineata nell'operaio sociale, nella scomposizione della classe e nel decentramento produttivo.
E questo la dice lunga sui movimenti carsici della filosofia della praxis, come Gramsci definiva il marxismo come metodo d'analisi e di azione critica nella società borghese.

Chiuso l'inciso, divengono chiare alcune cose. Vediamole:
a) la fine dei patti sociali che avevano consentito la pace sociale nei centri dell'imperialismo, l'esistenza dei ceti medi produttivi e non e di aristocrazie operaie
b) la crescita e l'estensione di un proletariato sociale attualmente privo o scarso di un'identità di classe, una pauperizzazione di strati sociali di piccola e media borghesia, che le politiche di neoliberismo selvaggio in atto e di rapina costante della ricchezza sociale ad opera di cricche di banditi finanziari e dei loro complici di governo
c) la fine della democrazia rappresentativa borghese, con la concentrazione dei poteri decisionali nelle mani di circoli ristretti che agiscono fuori dalle istituzioni parlamentari; il cittadino torna ad essere suddito di un capitalismo sovranazionale e di lobby corporative, senza la possibilità di incidere sulla propria esistenza materiale e collettiva; muore la sovranità borghese, si chiude il ciclo lungo delle democrazie occidentali nato con la rivoluzione francese
d) la crisi sistemica, che è crisi di scarsità crescente delle risorse energetiche nel pianeta, di struttura sulla sovrapproduzione di capitali e di merci a cui si innesta la crisi da finanziarizzazione selvaggia, crisi politica di sovranità popolare persino nelle democrazie borghesi occidentali, crisi di esistenza materiale nell'impossibilità alla sopravvivenza per sempre più persone nel mondo, fenomeno che coinvolge anche i centri del capitalismo, apre alla possibilità del comunismo come movimento che abilisce lo stato di cose presente e che realizza una formazione economico-sociale più evoluta, basata sulla socializzazione; la crisi sistemica più in concreto apre a una fase di lotte sociali che si pongono IMMEDIATAMENTE su un piano di potere costituente, di appropriazione di ricchezza sociale, bene comune, mezzi di riproduzione sociale e di produzione di nuovo senso (la semiotizzazione di cui parla Bifo).

Questo in linee generali. Logicamente occorrono passaggi intermedi e si pone forte la questione della transizione. Ma ciò che muore è l'autonomia del politico in sé, in specifico per come si è posta nel sistema democratico rappresentativo, e il "riformismo" inteso come miglioramento a favore delle classi popolari dei meccanismi che regolano l'esistenza della formazione economico-sociale capitalista e delle sue istituzioni politiche e costitutive.
Del resto, nei socialismi e socialdemocrazie di partito, nei laburismi, il riformismo nella sua migliore accezione era morto già da tempo. In Italia questa morte si può datare addirittura sin dagli anni '70, con la politica dei "sacrifici" e l'attacco del PCI all'antagonismo sociale, all'"altro movimento".

Dalle considerazioni fatte per punti poc'anzi, discende la questione del potere costituente della classe e dei settori sociali che per condizioni oggettive si pongono come alleati nella fase e nella lotta contro il capitale finanziario e i suoi istituti reali di comando.
Il tema dell'insolvenza da solo è inadeguato a esprimere tutta la carica potenziale che lo sviluppo di un movimento antagonista può esprimere. A questo deve essere aggiunto il tema della riappropriazione comune dei mezzi di produzione, delle merci, del tempo, dei luoghi e degli spazi di socialità, dei momenti di vita liberata, dei beni e delle risorse presenti nei nostri paesi, di riconquista del territorio.
Un esempio, ma è solo un aspetto. Bifo parla di "
Ma l’appropriazione deve diventare il paradigma della prossima fase di espansione del movimento, manifestazione specifica dell’insolvenza. Insolvenza significa costruzione delle strutture della sopravvivenza (ristoranti popolari, case collettive, strutture di autoformazione) che ci permetteranno di sottrarci al debito materiale della miseria e al debito simbolico della solitudine, insomma ci permetteranno di cominciare a vivere.
Insolvenza significa anche rifiuto di pagare il debito simbolico che fa del capitale l’orizzonte insuperabile dell’azione sociale: rifiuto di subire e riconoscersi nella semiotizzazione finanziaria del mondo, sperimentazione di altre semiotiche, altre forme di organizzazione del territorio, della produzione, della vita quotidiana.
In particolare dobbiamo sviluppare quelle forme di azione, che già hanno cominciato a manifestarsi, che puntano a disarticolare lo strumento monetario, anello centrale della catena dello schiavismo contemporaneo. Occorre sperimentare forme di scambio indipendente dal dominio monetario." (Bifo "i buoni sono buoni, dalla sua pag fb)
Orbene, se immaginiamo a un ciclo produttivo liberato, possiamo pensare a una rotazione sul lavoro e a modalità diverse non di sfruttamento in questo ciclo mutuate dalle "forme di scambio indipendente dal dominio monetario".
(segue)

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