domenica 3 giugno 2012

LA DITTATURA DEL COGNITARIATO?



Sul concetto di centralità.
Oggi, quello che definisco come post-operaismo, sostiene di fatto una sorta di centralità del lavoro cognitivo nel processo di produzione del capitale (che a sua volta è divenuto capitale cognitivo) e quindi come conseguenza “logica” assurge i soggetti che rientrano nel ruolo di lavoratori cognitivi a componente di classe più avanzata e quindi centrale rispetto al resto delle soggetività di classe.
In buona sostanza, quello che con l'operaismo era stato superato: il concetto di centralità operaia, dopo il ridimensionamento quantitativo e qualitativo dell'operaio massa, a favore di un operaio sociale diffuso in tutto il modo di produzione capitalistico, rientra dalla finestra con un'altra centralità, per altro piuttosto opinabile.
Questa è la prima osservazione: la categoria di operaio sociale aveva di buono che coglieva i mutamenti del capitale variabile, la sua scomposizione e frammentazione sociale in relazione al decentramento produttivo e alle nuove forme di produzione diffuse nel territorio, slegava l'identità di forza-lavoro salariata all'oggetto del suo lavoro: il prodotto, il servizio in quanto tali.
Usciva da questo legame perverso che è alla base della mitologia del lavoro, in quanto produzione di cose che muovono la vita sociale.
Usciva dal feticcio, dalla reificazione del soggetto produttivo.
Al contrario parlare oggi di forza-lavoro cognitiva, significa legare ancora una volta il soggetto al processo produttivo e alla merce, al prodotto che produce, conferendole una sorta di centralità “leniniana” sul resto della classe salariata, reintroducendo una sovranità élitaria di una specifica composizione di classe sul resto della classe.
Ciò che va messo in discussione è il concetto stesso di centralità, che anche se viziato aveva un senso quando la centralità della classe operaia era quella dell'operaio massa rispetto alla classe contadina e alla piccola borghesia, al sottoproletariato. Aveva senso nel fordismo.

Ritengo che l'operaio sociale non sia superato. Cambiato nella configurazione dell'organizzazione e della divisione sociale del lavoro sì, ma comunque sempre composizione di forza-lavoro frammentata, polverizzata, decentrata di lavoro manuale e intellettuale, nella produzione e nell'erogazione di servizi.
Pertanto, non esiste una centralità nella classe salariata. La classe salariata in sé (mettendoci per salario anche il reddito da lavoro autonomo, le false partite iva o quelle da sub appalto) è centrale nel processo conflittuale e rivoluzionario in quanto classe sociale che produce anche la negazione del capitale, nella socializzazione di ciò che è alienato e privato a chi possiede la forza-lavoro per sopravvivere.
Non esiste quindi alcun proletariato cognitivo trainante (perché diviene centrale la produzione di advertising di comunicazione? Via!) sul resto della classe.
Se poi allarghiamo il campo della formazione economico-sociale del capitale giuto alla sua fase suprema di dominio reale globale nel sistema-mondo, vediamo come la classe operaia intesa come operaio massa, non è diminuita. Al contrario, è accresciuta attraverso la crescita di un proletariato industriale nei paesi asiatici e del terzo mondo, in cui il capitale ha effettuato la delocalizzazione: Cina, India, aree dove tra l'altro c'è uno sviluppo e che tendenzialmente stanno determinando uno spostamento del baricentro economico internazionale del capitalismo.
Valerio Evangelisti, scrittore e intellettuale della sinistra rivoluzionaria, ebbe ad affermare qualcosa del genere: è difficile sostenere che le lavoratrici di un call center siano lavoratrici cognitive.
Credo che sia esattamente così. Qualcuno può obiettare col fatto che la tendenza del lavoro, anche quello più manuale sia quella di “cognitivizzarsi”, in quanto rientra in una rete informatizzata che determina l'organizzazione e la divisione sociale del lavoro. Dove persino chi consuma, svolge lavoro cognitivo e valorizza il capitale (ad es. quando compili un ordine d'acquisto online o scrivi su un blog). Possiamo certo spendere tempo ad analizzare quanto plusvalore viene prodotto da queste pratiche riproduttive molecolarizzate nella rete. Ma non andiamo avanti di un passo sulla ridefinizione di un corpo sociale salariato.
Sono sofismi.
Tornando alle lavoratrici di un call center e mettendoci anche gli operai della Fincantieri, a differenza di un web designer d'agenzia, costoro conserveranno pur sempre una maggiore identità di classe (o potenzialmente possono rigenerarla nel contesto dato) poiché fisicamente coivolti in un medesimo ambiente di lavoro, con tempi e ritmi di sfruttamento, con condizioni contrattuali pur specifiche, ma comuni.
Le connessioni tra soggetti in rete, la virtualizzazione delle relazioni, non danno aggregati in sé. Il virtuale necessita sempre della fisicità, del luogo fisico, del ritrovarsi e agire insieme nel territorio.
Twitter in Egitto avrebbe fatto poco, se non ci fosse stata piazza Taharir.

Anche il concetto stesso di lavoro immateriale è fuorviante. Non esiste lavoro immateriale. Anche il lavoro intellettuale (la definzione marxiana di lavoro fatto di idee e di scrittura, di produzione culturale e di significati, ecc., è ancora attuale) è più che materiale: basta chiederlo a un pubblicitario con gli straordinari che fa in agenzia...
Così come è materiale il layout, o il file in flash. Materiale ciò che pertiene la democritea idea fisica di atomo? Via.
Questa suddivisione della nozione di lavoro serve solo per inventare una nuova categoria centrale di lavoratori che è del tutto convenzionale e arbitraria.

Di fronte a questa sorta di élitarismo classista, universalizzato nella visione indistinta di “moltitudine”, si tratta di riportare al centro della soggettività oggettivamente e soggettivamente rivoluzionaria, la classe come elemento sociale complesso nei processi di riproduzione sociale dell'esistente, nella accumulazione di capitale, nella valorizzazione.
Un'inchiesta di classe seria, deve partire da questa complessità, che però è facilemente sintetizzabile nella condizione di proletariato salariato.

Nessun commento:

Posta un commento