giovedì 5 luglio 2012

PLUSLAVORO SOCIALE

L'estensione della giornata lavorativa nell'epoca 
del dominio reale del capitale sul lavoro.



E' un'estensione che occupa tutto l'arco delle 24 ore, che si estende persino al consumo. La società è diventata una fabbrica sociale, in cui l'estrazione di plusvalore avviene praticamente in ogni ambito dei rapporti sociali quotidiani, soprattutto nell'accesso all'attività cognitiva in rete, nella quale il tempo per noi stessi e quello dedicato alla valorizzazione del capitale nonha più limiti e confini.

Dopo l'epoca della macchine, avviata con il taylorismo, oggi siamo nell'epoca del general intellect, contrassegnata dall'informatizzazione dei rapporti di produzione, dalla condivisione in rete di informazioni e metodiche produttive e di consumo, di simboli che segnano il valore stesso della merce materiale e immateriale (quest'ultima corre sulla fibra ottica).
E' una riproduzione sociale di rapporti condivisi ma obbligatori, quindi di consenso più o meno coatto, a senso unico che estende la produttività in ogni sfera della comunicazione e del consumo.
E' un sistema per estrarre valore dal lavoro vivo, ma anche per trasferire profitto attraverso una matematica e una semiotica dei valori monetari e mitologici della moda, dello spettacolo, dello sport, dei più diversi campi dei bisogni umani di riproduzione della vita biologica e della socialità.

Non esiste più una separazione netta tra produzione e consumo, tra bisogno e attività per realizzarlo. La sua realizzazione è simultanea e contestuale alla produzione stessa di valore, è comunque lavoro e dunque pluslavoro dilatato a ogni ambito dell'esistenza, anche dentro la propria stanza e davanti al computer, nella chat e nell'acquisto di beni online, o nell'e-mail che spiega all'amico come funziona quel dato applicativo.

A differenza della concentrazione del lavoro in dato luogo, la fabbrica e con date macchine, questo lavoro e pluslavoro non sono commensurabili: sono saltati i parametri del profitto, nella quantità, poiché la qualità è differente: è totale, è assoluta.

In realtà già con la fabrica dell'800 e via via con lo sviluppo del capitalismo e dell'industria, con il taylorismo, assistevamo a una riproduzione della forza lavoro che andava oltre la giornata lavorativa stessa: nel lavoro di riproduzione della forza lavoro fuori dalla fabbrica, in famiglia, della produzione della prole.
Ma era chiaro e quantificabile il lavoro occorrente per riprodurre la forza lavoro che il capitale non pagava. Oggi il plusvaloro è polverizzato in ogni interstizio dell'esistenza, addirittura non viene neppure vissuto come tale. Ma lo è.
E la valorizzazione del capitale, necessita della valorizzazione dei suoi ... valori e simboli, liturgie e stili di vita. Questo pluslavoro non può realizzarsi senza la società del consenso e dell'adesione al pensiero unico, alle sue liturgue spettacolari. Vediamo dunque irrompere nella visione neo-marxiana e neo-operaista della riproduzione dilatata della società borghese, tutta la vitalità delle intuizioni di Guy Debord sulla società dello spettacolo.
Separare valori del lavoro e valori simbolici, atti produttivi e rappresentazioni della vita attraverso la lente distorta dello spettatore totale, diventa come ripensare alla funzione della ruota, quando da centodieci anni esistono già le autovetture.


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