mercoledì 25 gennaio 2012

L'ALTERNATIVA POSSIBILE (4a parte)



Una nuova società può solo nascere da contenuti forti che, da una parte garantiscano un’esistenza dignitosa ai cittadini, ai lavoratori, alle donne, ai giovani, agli anziani, e dall’altra mettano in discussione le basi stessi in cui la società capitalistica si riproduce.

LA LOTTA PER LA PACE, mette in discussione l’accumulazione capitalistica e i grandi investimenti che vengono attuati per le missioni belliche, che sono strategiche per il controllo imperialista delle risorse energetiche, per l’organizzazione internazionale del lavoro e per i rapporti di forza tra potenze economiche, per lo sviluppi dei trattati commerciali di riferimento. Mette in connessione i popoli e le comunità per un futuro di relazioni basate sul dialogo e su scambi equi.

LA LOTTA CONTRO LA FINANZIARIZZAZIONE DELL’ECONOMIA E PER NON PAGARE IL DEBITO, mette in discussione la distribuzione dei profitti tra capitale finanziario e capitale industriale, la redistribuzione della ricchezza sociale, la divisione sociale del lavoro e le forti diseguaglianze sociali che si stanno acuendo in questo inizio di millennio anche nel cuore delle società capitalistiche metropolitane. Il trasferimento della governance nazionale dai poteri forti del capitale finanziario e delle élite politiche bipartisan, alla democrazia consiliare, di base, è il riflesso di una lotta popolare vincente che smantella la centralità dei profitti nelle scelte economiche, sociali e politiche del paese, per mettere al centro il bene comune e la qualità della vita dei cittadini, il comune rispetto al privato, il sociale rispetto alle caste e alle cricche.
Questa messa in discussione è lotta politica e azione di riappropriazione e autogestione al tempo stesso. Deve vedere l’unità di tutte le realtà sociali di lotta, il sindacalismo di base e quelle parti di sindacato che hanno ancora connotati di classe, forme di rappresentanza reali e che si pongono a sostegno delle categorie di lavoratori di cui sono espressione vera, in pratiche comuni e condivise. Il fronte è vasto e va dalla questione delle pensioni a quelle dei contratti di lavoro, dell’art. 18, delle privatizzazioni dei beni comuni (la lotta per difendere la volontà popolare emersa con il referendum sull’acqua). Diritto all’insolvenza, nazionalizzazione delle banche, una commissione che agisca sul debito odioso, una piattaforma generale che si colleghi a quelle dei movimenti anticapitalisti di altri paesi europei è fondamentale. Su questo terreno si va a ricostruire quell’internazionalismo proletario e popolare a partire dall’asse Europa-Mediterraneo e oltre, con i movimenti di lotta statunitensi (Occupy Wall Street, esperienza di Oakland, ecc.). La ricomposizione politica dell’antimperialismo e dell’anticapitalismo nei paesi a capitalismo avanzato.

LA LOTTA CONTRO IL RAZZISMO E LA XENOFOBIA, mette in discussione un sistema produttivo che si serve della clandestinità e delle condizioni disumane in cui vivono i migranti per garantire un costo del lavoro basso, creare concorrenza nella forza-lavoro salariata e contraddizioni sociali che mantengono la necessaria divisione sociale del lavoro un esercito industriale di riserva e la precarizzazione generalizzata per massimizzare i profitti. Questa lotta, più in specifico, è LOTTA CONTRO IL FASCISMO E Il LEGHISMO, la pericolosa deriva reazionaria e populista dentro movimenti sociali che nascono in risposta alle politiche di rapina della dittatura finanziaria e del capitale monopolistico, su contenuti fortemente campanilistici (il localismo è altra cosa), antieuropei, e di esclusione sociale.
L’antifascismo militante contro Forza Nuova, Casa Pound e i gruppi neonazisti deve essere implacabile e senza tregua. Il rapporto non può che essere di scontro frontale senza mediazioni. Il contrasto alla Lega Nord nelle zone del Nord Italia dove questa forza è maggiormente presente, deve essere intransigente, in una costante battaglia politica e unità tra tutte le forze della sinistra di classe.

LA LOTTA PER Il RISPETTO DELL'ECO-SISTEMA va a contrastare le logiche della produzione e del consumo del capitale, che con il suo modello incentrato sull'idrocarburo, sull'inquinamento selvaggio, va a distruggere l'ambiente. E' una lotta per difendere le popolazioni e le economie rurali del terzo e quarto mondo dalle rapine e dal saccheggio dell'imperialismo, dalle deforestazioni e dalle produzioni di morte per inquinamento (vedi Bophal), dove si intrecciano diritti sindacali, civili, diritto alla salute a un ambiente a misura d'uomo, al rispetto delle culture e dei modi di vivere delle comunità. E' una lotta contro la monocoltura intensiva e transgenica, contro la dittatura delle multinazionali su centinaia di milioni di contadini e aziende agricole nel monopolio brevettuale delle sementi. E' una lotta per l'acqua bene comune, comprese altre risorse in natura, che devono essere di tutti, delle comunità di appartenenza, per la valorizzazione delle attività umane che creano e trasmettono modalità eco-sostenibili di produzione e consumo, per dare forza all'autonomia delle comunità popolari e delle esperienze di economia di prossimità e di collettivizzazione, di reale cooperativismo. E' una lotta contro il nucleare senza se e senza ma. Anche questa lotta attraversa tutto il globo, tutti i paesi e tutti i popoli, assume forme diverse a seconda del contesto, ma la contraddizione capitale/lavoro e la contraddizione società/natura sono interdipendenti. Due importanti vittorie sono state raggiunte dai movimenti referendari e della società civile l'anno scorso: nel referendum sul nucleare e su quello dell'acqua. Sono risultati che devono costituire la base di proseguimento di una lotta più generale per un modello alternativo di produzione e consumo, di gestione del bene comune e delle risorse. Occorre difendere quanto conquistato, senza recedere e smobilitare. Già sull'acqua il governo Monti sta attaccando in modo subdolo l'esito referendario, con lo scopo di reintrodurre i privati e i profitti e mantenere l'acqua un business. Anche localmente assistiamo a violazioni del mandato referendario popèolare, cme le ultime misure su Hera volute dalla Draghetti, con il consenso bulgaro e in parte estorto ai sindaci della provincia bolognese. L'autoriduzione delle bollette deve diventare una pratica sociale e di lotta diffusa.

LA LOTTA LAICA PER I DIRITTI, punta ad affermare l’emancipazione della donna, i diritti degli omosessuali, contrastando l’egemonia trasversale a tutta la partitocrazia dell’oscurantismo religioso degli ambienti più reazionari della Chiesa Cattolica, dominanti nella chiesa stessa.
In un sistema capitalistico, questi diritti saranno sempre calpestati a uso e consumo delle logiche di profitto e del conseguente controllo sociale, a mantenimento del patto secolare tra Vaticano e Stato nell’esercizio dominio oscurantista religioso sulla società e sulle leggi, sempre come aspetto portante del controllo sociale.
Più in generale, la futura società o è pluralista e garante dei diritti universali, nella libertà di idee, di associazione, di culto, senza discriminazioni etniche, politiche, culturali,di genere, sessuali e religiose, o non è.
La parte fondamentale della Costituzione Italiana va affermata sempre. E’ l’eredità che abbiamo avuto dai nostri padri nella Resistenza, nella guerra di Liberazione dal nazifascismo.
L’imprinting costituzionale, va portato a un livello costituente più alto, poiché il discrimine deve essere non solo sul fascismo e il nazismo, ideologie dell’odio e del culto della superiorità della razza, ma anche sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: non è più pensabile una società basata sull’ingiustizia sociale, sulla diseguaglianza, sulla mancanza di fratellanza nella comunità umana. Alla centralità del profitto non va dato più diritto di cittadinanza. Il liberismo per l’oppressione, lo sfruttamento bestiale, le guerre, la distruzione dell’eco-sistema, porta avanti in tutto il pianeta e su tutti i popoli, è paragonabile al neonazismo. Solo se c’è uguaglianza sociale può esserci vera democrazia, vera tutela dei diritti universali, vero pluralismo.
Questo aspetto è la punta di lancia concettuale che va esercitata nei movimenti, soprattutto in rapporto a chi in parte giustamente sostiene la difesa della Costituzione, quella carta, la cui applicazione materiale oggi i poteri forti hanno messo definitivamente in soffitta, dopo aver condizionato quei livelli minimi di democrazia nel nostro paese e in altri, con il dominio mediatico, le strategie golpiste, le bombe, la repressione sui movimenti. E’ questa la storia reale di oltre 60 anni di Costituzione e di Repubblica Italiana.
Una precisazione importante: puntando il dito sul liberismo, va detto con forza che non esiste un “capitalismo buono”. Il liberismo non è un opzione del capitalismo, è l’unica modalità generale con cui il capitalismo si manifesta. Un’egemonia generale e transnazionale che oggi diventa politicamente più pervasiva, vero totalitarismo post-democratico. Ne è prova l’uniformità di tutte le forze politiche conservatrici da una parte e socialiste e laburiste dall’altra, attorno al pensiero unico del capitalismo come unico orizzonte e del liberismo come unica politica. Questo è stato il brodo di coltura per il golpe finanziario in Europa, per la nascita in Grecia e in Italia di regimi che nulla hanno a che vedere con le democrazie fin qui avute, che definiscono questo sistema politico imposto dai gruppi di potere del capitale come post-democratico.
Per questo, quando si parla di diritti e di laicità, si parla di democrazia reale. Questi aspetti, infatti, non sono avulsi da un punto sostanziale come l’uguaglianza, non è “roba da radicali”, non è materia legislativa per lo Zapatero di turno: è un punto nodale per un programma comunista degno di questo nome, per un processo rivoluzionario costituente. Un ambito decisivo della lotta di classe.

In definitiva, a sintesi di queste lotte, si può parlare di:
LOTTA POLITICA PER IL POTERE COSTITUENTE DELLE CLASSI POPOLARI è la sintesi delle altre istanze, basata sull’autonomia e l’autorganizzazione della classe salariata e di tutti i ceti popolari (la maggioranza della popolazione, il cosiddetto 99%) che hanno l’interesse a distruggere i meccanismi di sfruttamento, di appropriazione di beni e di ricchezza, di tempi e modi di vita dettati dal comando capitalistico per realizzare profitti.
Ancora oggi Lenin è attuale se pensiamo alla coscienza politica e al progetto politico di potere costituente come il momento in cui si esprime tutta la maturità dei movimenti. Esempio concreto: se il Movimento dei Forconi in Sicilia è lotta “economica” con embrioni di progetto politico alternativo confusionari e poco definiti, inquinati spesso da elementi di populismo reazionario, la ricomposizione dei movimenti di lotta su una piattaforma di programma generale e le organizzazioni politiche che lo sostengono, rappresentano il passaggio alla lotta politica per il potere costituente.
In questo ambito, lotte sociali, rivendicazioni economiche, esperienze di autogestione sociale e produttiva e di appropriazione di ricchezza sociale, spazi e momenti di vita sociale, assumono una direzione che va ad orientare politicamente e progettualmente i movimenti e i tumulti successivi.

DUNQUE, non muore il leninismo, che resta vivo e vitale come avanguardia politica che non si sostituisce ai soggetti, ma ne è interno e organico, ne è al servizio. Muore il dogma del partito come entità ossificata e separata dai soggetti stessi. Lo vediamo ancora in quelle forze politiche che si candidano a essere partiti comunisti, vedi Rifondazione, Comunisti Italiani, Partito Comunista dei Lavoratori. Non muore il processo rivoluzionario della presa del potere, ma quella sorta di fochismo che si autorappresentava nell’atto militare. Muore il burocratismo d’apparato, che come unico interesse, al di là dei grandi ideali, ha quello di autoriprodursi in quanto tale.
Il pacifismo militante, l’azione di massa che blocca, occupa, boicotta, autogestisce, si riappropria, fa cortocircuitare i meccanismi stessi della riproduzione sociale del potere borghese.
Con i nostri corpi, con le nostre menti, con la nostra intelligenza collettiva. Con la nostra alterità che non è guerra, che non è dominio sugli esseri umani, che non è distruzione della natura, ma è azione collettiva e creativa universale, razionale e passionale, scientifica e olistica, che comprende anche i persecutori pur confliggendo con essi.


SULL’AVANGUARDIA COMUNISTA.
O è laica, libertaria, anch’essa autorganizzazione in divenire e interna alle più diverse realtà di lotta, o non è. Con meccanismi chiari e trasparenti di rappresentanza e democrazie interne. Superare il gruppismo con leader, capi e capetti, imparare a valorizzare le differenze, ma avere poi la capacità di mettere a sintesi e decidere.

IL "LENINISMO" E’ MORTO. VIVA LENIN!
Sul concetto di sovranità riappare il Lenin di Stato e Rivoluzione. Non il leninismo della manifestazione storica del comunismo novecentesco, con tutta l’esperienza negativa ed elitaria dei partiti comunisti di derivazione terzinternazionalista o quartinternazionalista, ma la dialettica del rapporto tra classe proletaria costituente e stato borghese, tra soviettismo e ancien regime, tra sovranità popolare e sovrano tiranno incarnato nella contemporaneità da classi dirigenti prive di una visione generale della società, così come da poteri forti quasi impersonali, che vivono di dinamiche automatiche, senza confini e senza barriere, dei flussi monetari e degli scambi finanziari, fatti di algoritmi e formule di un’algebra asettica che trasferisce risorse e ricchezze all’elite tiranna delle caste egemoni.
La sovranità è manifestazione di una fisicità irriducibile, è autovalorizzazione delle pratiche sociali di riproduzione di esistenza liberata dalla schiavitù del lavoro salariato, è contesa di luoghi di produzione di merci, di tempo, di senso, di socialità, di affettività, è affermazione di potere della vita collettiva, che cancella il tempo, le azioni e i luoghi dedicati al debito, alla riproduzione di un’esistenza alienata.
La sovranità non esige tributi, ma dispiega la libertà illimitata da essi, dalle liturgie del potere capitalistico che ruotano attorno al feticcio per eccellenza: il denaro.
La sovranità usa parti delle vecchie istituzioni, quelle che servono, per distruggere tutto il resto, ciò che creava egemonia burocratica ed estorsione di beni e di vita, di risorse e di tempo. La sovranità, soprattutto, crea nuove istituzioni, a partire dai consigli, dagli organi del potere popolare, e ha come base costituente la democrazia diretta dei cittadini, dei lavoratori, della maggioranza reale del paese. Che diviene classe per sé e nel contempo parte universale della società, la parte che ricompone il tutto nel processo rivoluzionario.

Nel potere costituente non esiste un contro-stato, ma qualcosa di ben più complesso e globale dello stato borghese stesso: l’attività sociale liberata e liberatrice. C’è tutta la carica creatrice di un ordine nuovo che si declina nel momento in cui si produce socialmente.
Quanto aberrante è stata la definizione di “Stato operaio”! Che divenne persino il nome dell’organo di stampa del PCI.
Nella sovranità delle classi popolari, dei lavoratori salariati che si aboliscono in quanto tali, non c’è lo stato, c’è una transizione diretta all'autogestione. Solo così si può dirimere la questione socialismo/comunismo.


venerdì 20 gennaio 2012

LA SINISTRA INESISTENTE


E' ora di finirla con lo spacciare i moviment popolari come ricettacoli della destra estrema, come antipolitica o come neocorporativismo. Certa sinistra ha coperto la sua assenza nei ceti popolari e nelle lotte che nascono spontaneamente, proprio con questi argomenti un po' snobistici ed elitari.

Diciamola tutta. Nelle lotte di categorie di lavoratori e fasce sociali che scendono in piazza, la sinistra non c'è. E' inesistente. Nel caso del PD è addirittura dalla parte opposta, ben interna alla casta politica che sta puntellando il governo della dittatura del potere finanziario e del capitale monopolistico. I questi giorni vediamo esplodere la Sicilia in un conflitto vasto, profondo, che ha i connotati pre-insurrezionali, pur nella sua spontaneità. Stanotte ci sono stati 150 blocchi stradali, Palermo è senza benzina.

Nel capitalismo globale post-democratico, in questo nuovo fascismo economico in cui tutte le rappresentanze tra politica e società civile sono saltate, in cui il cittadino torna suddito, si torna al tumulto. I movimenti solidarizzano tra di loro, questo Movimento dei Forconi con il Movimento dei Pastori Sardi, realizzando anche forme politiche basiche come il caso siciliano attuale, poco ideologiche, certo manipolabili (vedi Forza Nuova e MPA siciliano), ma sono evidentemente la parte più matura del conflitto sociale.
Se escludiamo la FIOM, parte della CGIL e realtà autonome di base tra i lavoratori dei servizi, non esiste nemmeno più un sindacalismo con un forte orientamento di classe, in grado di coagulare attorno a interessi generali, universalistici, internazionalistici il proletariato, o neoproletariato postmoderno (l'universo precario che comprende ceti medi proletarizzati). Figuriamoci su un progetto anticapitalista, di trasformazione socialista o comunista della società.

A Servizio Pubblico di ieri sera, i soggetti del Movimento dei Forconi intervistati da Ruotolo erano molto variegati: l'autotrasportatore, il contadino, la studentessa, la negoziante, in una ricomposizione dei soggetti sotto un'unica bandiera, che tutto sommato sono rappresentativi della società italiana sofferente, che spiazzano gli esegeti della centralità del lavoro, quando il lavoro è in crisi, quando l'autonomia di classe si configura come una ricomposizione delle diversità sociali attaccate dalla dittatura finanziaria e dalle sue misure deliranti che pone al centro il territorio.

Per saperne di più, l'intervista a Pippo Gurrieri, sindacalista, ferroviere, anarchico ragusano, qui. E infatti, la sicilianità e la definizione di un percorso di cambiamento basato sul totale rifiuto della politica bipartisan e sul concetto di "rivoluzione democratica" erano alla base dei discorsi. Sul territorio, sul municipalismo e il federalismo, sul l'autonomismo nel caso siciliano, i rischi di penetrazione e cavalcamenti di un nazionalimo neofascista o del campanilismo leghista, con tutto il loro portato di razzismo, sono evidenti. E l'arretratezza e l'assenza di qualsiasi intervento organico di una sinistra antagonista e di classe peseranno e non poco sull'identità e sulla direzione politica di questi movimenti. Ma questa è la nuova fisionomia della lotta di classe nel terzo millennio italiano. Se Gramsci un tempo aveva posto la quistione meridionale come aspetto sostanziale di una rivoluzione proletaria italiana negli anni '30 del secolo scorso, se i movimenti bracciantili e contadini avevano un rilievo di cui un partito proletario e comunista non poteva non tenerne conto, oggi dobbiamo comprendere che l'ossatura del tessuto economico italiano, composto da una massa precaria parcellizzata e differenziata e da una piccola e media imprenditoria spesso familiare in forte crisi nell'industria, nell'agricoltura come nel commercio, rappresenta la nuova "quistione".

E con questa quistione occorre fare i conti, con tutti i limiti che un'assenza di una visione comune di classe per sé contiene negli imprinting stessi, nelle genesi conflittuali dei movimenti che si producono dalle contraddizioni sociali ed economiche attuali. Una bella sfida. Ma per chi vuole essere presente.

venerdì 6 gennaio 2012

IL CERVELLO ALL'AMMASSO DEGLI INTELLETTUALI DI SINISTRA.



La chiamo sinistra per capirci, ma ormai di sinistra non ha più nulla. Sono ormai trent'anni che gli intellettuali di questa provenienza appartengono alla koiné del pensiero unico. Le guerre per il controllo delle fonti energetiche da parte delle potenze occidentali diventano “missioni umanitarie”, si disquisisce su come intervenire in un quadro economico-sociale indiscutibile, sposando il neoliberismo delle privatizzazioni e dello smantellamento delle garanzie e delle tutele del lavoro. Ichino con il suo attacco allo statuto dei lavoratori, Cacciari con la sua idea di governance della res publica che sposa la politica della Trilateral per la riduzione della democrazia nella concentrazione delle decisioni in supergoverni “tecnici”, sono solo due esempi, ma eloquenti.

Il punto è che, di fronte ai grandi nodi che il capitalismo ha posto nella sua crisi strutturale sul finire del secolo scorso, un'intera generazione di politici e di intellettuali della sinistra non hanno voluto e potuto trovare una risposta al di fuori di questo ambito. I problemi del capitale sono diventati problemi della collettività, l'interesse del capitalismo, dei gruppi forti e dominanti, sono diventati interessi generali, nazionali. La crisi stessa ha posto al riformismo il grande dilemma: o la contrapposizione nell'interesse delle fasce più deboli o l'ingresso nel mainstream ideologico-politico, nel dogma più devastante della modernità: quello del profitto.

Per questo il riformismo è morto. Se vogliamo dargli una data omega, in Italia possiamo fissarla nella seconda metà degli anni Settanta, con la politica di solidarietà nazionale e dei sacrifici. Un'epoca osannata dal PCI di allora e dal PD di oggi come unità contro il terrorismo e come responsabilità verso il paese. Ma se guardiamo più da vicino la traiettoria che ha avuto la più grande forza politica comunista dell'occidente, possiamo vedere la sconfitta e l'abbandono di un ruolo di forza propulsiva verso il cambiamento della società, per due ragioni. La prima: l'incapacità di comprendere e di organizzare, di dare direzione progettuale e capitalizzarne la forza di un movimento antagonista che scardinava il quadro politico e le arretratezze culturali di quel tempo. Il PCI ha preferito la DC. La seconda è stata l'assuzione del punto di vista capitalistico tout court. L'approdo del togliattismo, della sua concezione di democrazia progressiva al socialismo, a forza correttiva delle storture della società di classe e poi ancora, alla sparizione della nozione stessa di classe, è chiaro.

Aperta questa strada, la sinistra storica italiana, si è fatta agente delle peggiori politiche del capitalismo italiano e di quello internazionale. Il capolavoro, nel governo D'Alema, è stato il coniare il concetto di “missione umanitaria”, che buttava via decenni di pacifismo trasversale nella sinistra stessa e nel mondo cattolico, per sostenere un ruolo attivo nelle politiche militaristiche del blocco NATO. Il grimaldello per scardinare l''art.11 della nostra Costituzione e per partecipare a tutte le avventure militari della NATO.

Mi limito a prendere la guerra come esempio di questo passaggio della sinistra storica alle ideologie dominanti dei centri di potere capitalistico.
Non starò qui a sostanziare l'organicità della guerra alle dinamiche dell'accumulazione capitalistica, al ruolo del welfare di guerra e al ruolo di volano per l'intero sistema che ricoprono i complessi militari industriali. Ma molto semplicemente un'intera intellettualità non si è posta il problema. Un riformismo che non tutela la pace mondiale, che sostiene le campagne mediatiche contro il mostro del momento, che approva la dottrina della “polizia internazionale” per guerre non dichiarate tra stati, e dissimula il carattere reale della guerra contemporanea: il terrore contro le popolazioni aggredite (gli effetti collaterali sono gli obiettivi militari veri), non è più riformismo: è l'altra faccia della destra reazionaria.

Come sia potuto accadere tutto questo, è importante comprenderlo. Perché in questa fase di forte attacco del capitalismo alle condizioni di lavoro e di vita di interi strati sociali, persino dei ceti medi, di debito pubblico come leva per sconvolgere nei paesi a capitalismo avanzato il rapporto capitale/lavoro e il rapporto democrazia/poteri forti e per mantenere più quote di profitto possibili nei conti e nei movimenti speculativi delle holding e dei gruppi multinazionali e finanziari, è urgente ricostruire un pensiero critico, un progetto globale di trasformazione della società verso i bisogni della maggioranza della popolazione italiana, europea e mondiale. Per un modello di produzione e consumo organizzato a partire dal bene comune al benessere di tutti e alla eco-sostenibilità. Parole che suonano come bestemmia e utopia per le dirigenze del riformismo morto, ma che in realtà sono ancora più attuali oggi rispetto a ieri.

Concludo iniziando a dare una prima risposta a questa involuzione ideologica al pensiero unico da parte della sinistra storica. L'adesione al punto vista avverso ha corrisposto a un salto burocratico degli apparati verso l'occupazione clientelare e spesso nepotistica dello stato e delle pubbliche amministrazioni, verso un'imprenditorialità industriale e finanziaria spregiudicata, che spesso ha fatto leva su elementi originari di solidarismo tra produttori come le cooperative.
Ma molto ancora c'è da analizzare, per contrastare questa deriva e recuperare a una coesione progettuale alternativa e a una solidarietà di classe, quella parte di popolo di sinistra che sta già sentendo forte il richiamo della foresta.
Anche i limiti della politica della sinistra radicale e la sua arretratezza nell'interpretare e leggere ciò che sta accadendo e nel proporre un progetto politico forte.

mercoledì 4 gennaio 2012

BOMBARDIERI MILITARI E CARRARMATI SOCIALI


Mentre da una parte il governo Monti va a "onorare" i contratti d'acquisto fatti dai precedenti governi (non ultimo quello Prodi del 2007) di 131 bombardieri F-35 per la cifra astronomica di 13 miliardi di Euro, dall'altra il panzer Fornero parte con il "dialogo" con la triplice sindacale sulla riforma del lavoro, in piena continuità con la logica di dividere ed imporre del precedente ministro Sacconi.
Tanto è vero che, mentre Monti tira fuori la vera carta che voleva giocare: l'art. 18, dopo le false smentite pre-natalizie, dicendo che la cosa non è discutibile (e allora il dialogo a che serve?), dall'altra butta la porta in faccia alla Camusso che chiedeva un unico tavolo di trattativa.

I tempi stringono e, dopo i tagli sulle pensioni e la prima tornata di tasse sulla casa, occorre spingere per precarizzare anche le sacche di lavoro dipendente ancora tutelate.
Ciò che emerge è che la priorità per questo governo dei banchieri e dei gruppi monopolistici italiani ed esteri è fare cassa per continuare ad alimentare la speculazione, per trasferire ricchezza sociale agli hedge founds anglosassoni, alle banche europee, e il sistema del debito pubblico ormai rappresenta il volano per questo territorio di caccia e rapina, che ormai è diventato il nostro paese.
Così come prioritari sono gli investimenti dei complessi militari industriali, in una sorta di welfare di guerra che non si ferma neppure di fronte alla crisi del debito.

Va ricordato alle nostre anime candide che hanno sostenuto da "sinistra" Monti, che parte del debito greco è dovuto all'acquisto a cifre astronomiche di aerei da guerra francesi, di cui la Grecia (come del resto l'Italia) non ne aveva alcun bisogno. Per cui, per le politiche di controllo militare e di guerra della NATO e del blocco occidentale, i soldi ci sono sempre. Non ci sono per dare una vita tranquilla e benessere agli anziani, offrire cure adeguate agli italiani, garantire lavoro stabile e adeguatamente remunerato ai cittadini.

Le due cose: bombardieri e carri armati a rullo compressore sulla spesa sociale, sui redditi dei cittadini e sulle garanzie del lavoro, non sono slegate tra loro. Il sistema economico-sociale della catena imperialista occidentale si alimenta di guerra e di rapina interna che oggi tocca anche i ceti medi. La nostra miseria e precarietà finanziano ricapitalizzazioni da bolle speculative e apparati militari con armi sempre più sofisticate. Solo così infatti, NATO e USA possono mantenere quell'egemonia mondiale messa in discussione dai paesi e dai mercati emergenti (Cina, Russia, Brasila, ALBA, ecc.).
Mentre i nostri distretti industriali si riducono sempre di più, a causa del trasferimento di cicli produttivi in aree dove il costo del lavoro e le condizioni fiscali sono molto più convenienti. La recessione nei paesi capitalisti occidentali diviene il male minore, quando altri mercati, come quello cinese, si aprono agli appetiti speculativi e ai flussi monetari alla ricerca di nuovi investimenti da parte del capitale delle multinazionali, degli hedge found e delle banche di investimento. Il profitto è il vero internazionalista: non conosce confini.

Davanti a questa politica di governo, vediamo un Bersani inebetito, che si appresta ad abbandonare la linea del Piave dell'art. 18, mentre al suo stesso interno c'è chi ha ceato le condizioni per lo stravolgimento dei diritti del lavoro, personaggi schifosi come Pietro Ichino, ben foraggiato e presente da mesi in tutte le televisioni per convincere il "popolo bue" della bontà di una totale deregolamentazione dei rapporti capitale e lavoro, secondo il solito vangelo dei neoliberisti: il mercato è il regolatore che sistema tutto.

Vediamo una Camusso in ritirata, quando il principale e più numeroso sindacato italiano, la CGIL è stata messa all'angolo dal governo di ieri e da quello di oggi, complici le dirigenze vendute degli altri due sindacati CISL e UIL. A nulla è servito l'avvertimento sulle possibili tensioni sociali. Il governo le ha già messe in conto prima ancora di insediarsi. Le veline: operai in lotta uguale humus per il terrorismo sono già pronte e i caccia mediatici, dei soliti pennivendoli sono pronti a levarsi in volo.

Per questo, è importante ricostruire opposizione sociale contro l'attacco della dittatura finanziaria, dei centri di potere del capitale al nostro lavoro, alle noste condizioni di vita, ai nostri redditi e, nel contempo, opporci a un modello politico che si alimenta di guerra.
Acquistare dei caccia ora, spendendo miliardi, è un insulto ai cittadini che vivono con sofferenza questa situazione. E' la riporoposizione e il mantenimento di una logica militare e di dominio che nulla ha che vedere con un modelo democratico e pacifico di difesa. Non abbiamo nemici da cui difenderci se non quelli che abbiamo in casa, quelli sul libro paga della Trilateral e del Bilderberg.


Loro sanno bene che ci muoveremo. Dovremo farlo con intelligenza, costruendo unità d'azione e di progetto tra tutte le realtà sindacali e sociali che produrranno conflittualità sociale. Non abbiamo padroni e padrini nei partiti dell'arco costituzionale: sono supini e complici da sempre a queste politiche e alle lobby che realmente conta sul piano nazionale e internazionale. Dovemo autorganizzarci noi e attrezzarci per una lotta che sarà lunga, molto lunga.

lunedì 2 gennaio 2012

L'ALTERNATIVA POSSIBILE (3a parte)


TRILATERAL COMMISSION E MARIO MONTI: ben più di un conflitto d'interessi. RAPINA PROGRAMMATA.

E' bene sapere chi oggi, nomi e cognomi, sta portando un attacco selvaggio alla nostra vita e al nostro futuro. Un'elite finanziaria, i cosiddetti tecnocrati, completamente funzionali alle "... banche estere per le loro nomine e permanenze in carica. Non hanno alcuna infarinatura di base organizzativa politica nei paesi che governano. Costoro governano perché banchieri stranieri minacciavano di bancarotta i paesi, se non venivano accettate queste nomine. Hanno indipendenza zero, nel senso che i “tecnocrati” sono soltanto strumenti e rappresentanti diretti dei banchieri euro-americani." (James Petras – globalresearch.ca).

Il vero potere che ha esautorato in Grecia e in Italia le oligarchie della democrazia rappresentativa, leggi: le caste corrotte e abarbicate a privilegi corporativi, che hanno svuotato i sistemi democratici parlamentari e i meccanismi decisionali relativi, che hanno ceduto il passo ben volentieri ai veri decisori.

Uno di questi poteri, quello certamente dominante, è la TRILATERAL. Prendo un brano dell'articolo: Il regime di verità del libero mercato - L’Europa, la Trilateral Commission e il gruppo Bilderberg di Giovanna Cracco
"La Trilaterale nasce nel 1973, su iniziativa di David Rockefeller. Il nome rimanda alle tre aree all’epoca punto di riferimento dell’economia del libero mercato, nord America, Europa e Giappone, in cui sono tuttora presenti le tre direzioni regionali, a Washington, Parigi e Tokyo. Nel tempo il gruppo si è allargato, inglobando i vari Stati dell’est Europa e dell’Asia che abbracciavano il neoliberismo, e dai 180 membri iniziali – 60 per ogni area – si è arrivati oggi a circa 400, suddivisi per Paese in base a un principio di rappresentanza stabilito sul doppio parametro Pil/popolazione.
La struttura è insomma quella di un Parlamento globale, ma con meno membri della sola Camera italiana e, soprattutto, non elettivo: si entra a farne parte su invito, e vi si contano soprattutto banchieri (tutti i presidenti dei grandi istituti, compresi quelli centrali delle varie nazioni, della Banca europea, della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, e gli amministratori delegati dei maggiori fondi speculativi); politici (ministri e parlamentari seduti nelle Camere dei loro Paesi e/o in quella europea e nelle commissioni europee); industriali (i rappresentanti delle principali multinazionali: Coca Cola, Nokia, Rothschild, Shell, Sony ecc.); rappresentanti del mondo accademico, giornalisti e soprattutto editori (Les Echos, Le Figaro, Financial Times, Frankfurter Allgemeine Zeitung, El Pais, Politiken [Danimarca], Helsingin Sanomat, The New York Times, Time Magazine, The Wall Street Journal, The Globe and Mail [Canada], New York Daily News, The Asahi Shimbun [Giappone]). Si riunisce in seduta plenaria una volta l’anno, a rotazione nei diversi Paesi membri, e la sua mission è favorire la globalizzazione. Nella riunione del 1975, i tre relatori principali – il francese Michel Crozier, l’americano Samuel Huntington e il giapponese Joji Watanuki – analizzarono la crisi economica del periodo come il risultato di un “sovraccarico del sistema decisionale”: la soluzione proposta fu quella di spingere per un radicale cambiamento, verso la riduzione dell’intervento statale e un rafforzamento del potere politico esecutivo a scapito del Parlamento e degli istituti di democrazia diretta, come il referendum (...)."

Avete capito bene: la riduzione dell'intervento statale e il rafforzamento del potere politico esecutivo a scapito del Parlamento, sta a significare che le democrazie occidentali diventano molto chiaramente e ancora di più dei comitati d'affari dei centri di potere del della finanza imperialista. Questo è il passaggio che stiamo vivendo in Italia e in Grecia. Un banco di prova per i poteri forti sovranazionali, che punta a cambiare la fisionomia stessa delle democrazia occidentale verso regimi economico-totalitari, dove l'attacco alle conquiste avute dai movimenti operai e popolari dal secondo dopoguerra in poi, sul lavoro, sulla sanità, sui diritti sarà selvaggio e spietato.

In particolare, chi siede sulla poltrona di presidente per l'Europa?
Chairman: Mario Monti
Deputy Chairman: Vladimir Dlouhy
Deputy Chairman: Michael Fuchs
European Director: Paul Révay

Qui potete trovare la lista intera dei membri:
http://www.trilateral.org/go.cfm?do=Page.View&pid=6

In definitiva il presidente della Trilateral in Europa è il nostro attuale premier. Non vi fa suonare una certa campana?
Tutto questo perché? Perché ciò che deve passare per risolvere una crisi sistemica di vasta portata come quella attuale è un grande trasferimento di danaro, ricchezza sociale, dalle economie nazionali e quindi dai cittadini, alle casse dei grandi fondi, degli speculatori, di un caputale transnazinale a dominanza anglosassone, a cui non frega nulla delle condizioni sociali dei singoli paesi.
Questo è il compito di Monti. Sempre da Petras:
"I programmi sociali in materia di sanità pubblica, istruzione, pensioni, e tutela dei disabili sono tagliati o eliminati e i “risparmi” trasferiti ai pagamenti tributari per i detentori di titoli esteri (banche).
I pubblici dipendenti vengono licenziati, allungata la loro età pensionabile, e i salari ridotti e il diritto di permanenza in ruolo eliminato. Le imprese pubbliche sono vendute a oligarchi capitalisti stranieri e domestici, con decurtamento dei servizi ed eliminazione brutale dei dipendenti. I datori di lavoro stracciano i contratti collettivi di lavoro. I lavoratori sono licenziati e assunti a capriccio dei padroni. Ferie, trattamento di fine rapporto, salari di ingresso e pagamento degli straordinari sono drasticamente ridotti.
Queste politiche regressive pro-capitalisti sono mascherate da “riforme strutturali”.
Processi consultativi sono sostituiti da poteri dittatoriali del capitale – poteri “legiferati” e messi in attuazione dai tecnocrati designati allo scopo." (James Petras, ibidem)

E la manovra di fine anno sulle pensioni, sulla tassa sulla prima casa (la nuova IMU), di tagli ai servizi, e quella imminente sul mercato del lavoro, e quella che ci aspetta sul mercato del lavoro, vanno in questa direzione. E' solo il primo colpo. Le conseguenze inevitabilmente recessive, poco impotanti per dei pescecani a dimensione internazionale, alla ricerca di un realizzo immediato di profitti, porteranno comunque a un'uscita dall'Euro, a una povertà e a una disoccupazione drammatiche per milioni di cittadini e al grande banchetto di aziende e strutture produttive e commerciali da parte di investitori esteri, soprattutto tedeschi (da qui si spiega la politica della Merkel contarria a una moneta europea sovrana e agli Euro bond), di sfruttamento della manodopera ormai a costo ancora più basso e flessibile, da parte dei gruppi multinazionali e del nostro grande capitale che non vede l'ora dello smantellamento dell'art.18.
Avremo una drammatica chiusura di gran parte delle PMI, sotto i colpi dell'invenduto, del non transato e del fisco aumentato (l'aumento di IVA, IRPEF, ecc.). Un'ulteriore concentrazione della ricchezza e dei mezzi di produzione nelle mani dei gruppi industriali e finanziari e dall'altra una precarizzazine generalizzata dei rapporti di lavoro, una caduta delle tutele sindacali e sul lavoro, settori sociali del ceto medio, piccooa e media borghesia, sul lastrico, in una spirale debito-prelievo-debito sempre più inesigibile, ma strumento forte di alienazione e appropriazione delle proprietà dei cittadini, a partire dalle case.

Ovviamente questa politica di spoliazione sistematica di diritti, servizi, salari, pensioni, qualità della vita, non passerà senza colpo ferire. A parte questa prima fase, in cui gran parte dell'opinione pubblica aderisce non senza poca riluttanza all'amara "medicina", contenta per la caduta dell'oligarca Berlusconi, e abbindolata dalla storiella che Monti "fa le cose per bene", che i tecnocrati sono neutrali nel comminare sacrifici e dolori, persuasa soprattutto che vadano accettati i diktat dei poteri forti europei (che per altro nessun citadino europeo ha eletto...), visti come un male inevitabile.
Le conseguenze di questa politica dei rappresentanti diretti di Trilateral e Bilderberg, della grande finanza imperiale, creeranno gli anticorpi sociali, in proteste greche se non ancora di più.

Ci auguriamo ovviamente che questo avvenga al più presto, perché un paese con forti disordini sociali è meno appetibile per i pescecani che si apprestano a divorare quanto intere generazioni di lavoratori, le nostre famiglie hanno costruito in decenni di risparmi, sacrifici e duro lavoro.
L'importante è comprendere che quando questo avverrà (e in parte sta già avvenendo), l'unica alternativa possibile a questa situazione è una nuova sovranità popolare.
Non più basata sulla vecchia democrazia rappresentativa, ormai morta e svilita dall'occupazione delle istituzioni e del Parlamento da parte di cricche politiche bipartisan, preoccupate solo di comminare privilegi per i propri famigli e per le proprie corporazioni.
Queste cercheranno di tornare in gioco soprattutto a sinistra, cavalcando il malcontento. Andranno espulsi senza tanti complimenti dalle forme di autorganizzazione popolare.

La sovranità popolare di cui parliamo è nella forma della democrazia diretta, dal basso, di potere costituente dei cittadini e dei lavoratori, non solo politico, ma economico, di rete comunicazionale, di potere sociale solidaristico e unificante. Un potere non più "riformista", che si produrrà sul terreno dello scontro sociale sull'appropriazione capitalistica della ricchezza sociale, del tempo lavoro e vita, del bene comune, e di contro dell'appropriazione e socializzazzione di tutto questo da parte delle forme di democrazia consiliare partecipata e dal basso. Sono due forme di appropriazione speculari che si eludono a vicenda, su cui occorre essere molto chiari nella scelta di campo.

Ancora sulla sovranità popolare. Se la grande borghesia esautora i suoi stessi istituti democratici di rappresentanza davanti alla necessità dei suoi gruppi più forti di fare cassa sulla pelle di milioni di lavoratori e cittadini, e ci vende come governo di tecnici una vera e propria dittatura finanziaria, l'unica alternativa possibile come forma di democrazia di transizione è la dittatura transitoria delle classi popolari e del proletariato su questo 5% di ignobili predoni. Senza farci ingannare dalla parola dittaura, questa forma costituente del potere economico-sociale è la forma più alta di democrazia e di reale pluralismo politico tra parti sociali, che pongono come centrale non più il profitto e come elemento regolatore il mercato, ma il bene comune dei cittadini, il loro benessere e un modello di produzione e consumo compatibili con l'eco-sistema.

Non siamo l'Islanda, che ha potuto mandare a calci in culo via una classe politica di venduti agli interessi forti, messo in galera gli alti funzionari di banca responsabili della crisi e mandati a quel paese i fondi olandesi e britannici, realizzando un sistema democratico popolare pur sempre liberale, nella curiosità generale del mondo. L'Italia non è un paese di 300 mila abitanti, ma una delle prime potenze economiche mondiali.
Non ce lo lasceranno fare facilmente. Qui si giocano anche gli equilibri del sistema economico mondiale, non solo europeo. Per questo i toni del conflitto nel nosro paese, potranno avere i toni della guerra civile.

Molto eloquente è quanto una grande banca privata statunitense ha analizzato sulle conseguenze delle politiche finanziarie imposte dai centri di potere finanziario e dai suoi comitati d'affari al governo sulla popolazione. "Sul finire del 2008 un promemoria interno emanato da Citigroup, membro della Us Bank e della Federal Reserve, firmato dal responsabile delle strategie tecniche Tom Fitzpatrick, avvisava di un “crescente deterioramento finanziario, causa di un ulteriore deterioramento economico, in un circolo vizioso” il quale “porterà a instabilità politica […] alcuni capi di stato sono oggi ai minimi di popolarità. C’è rischio di rivolte interne, a cominciare dagli scioperi, perché la gente si sente privata del diritto di poter decidere di sé stessa.”
(http://www.uomoplanetario.org/wordpress/2011/12/occupy-il-pianeta-terra/)

E ancora:
"Per farsi un’idea di che razza di ideologie retrograde alberghino nelle menti che dirigono il Dipartimento della Difesa, vale la pena di dare un’occhiata al rapporto 2007 del Ministero della Difesa americano. Il rapporto, steso dagli strateghi del Mod’Defence Concepts and Doctrines Centre – un think-tank militare responsabile della pianificazione di iniziative – mette in evidenza che entro il 2035 la popolazione mondiale raggiungerà probabilmente gli 8,5 miliardi di persone, un aumento riconducibile per il 98% ai paesi sottosviluppati. Il rapporto riconosce che questo enorme incremento della popolazione avrà luogo in un contesto di enormi tensioni mondiali dovute a crisi economiche, energetiche e ambientali."
(ibidem)

Dunque la controrivoluzione è già all'opera da tempo. E ben prima dei soggetti politici che puntano alla direzione politica dell'antagonismo sociale. Lo si vede nelle misure poliziesche messe in opera con Occupy Wall Street. L'apparato di regime ha lo scopo di chiudere ogni spazio di iniziativa antagonista autonoma da parte dell'opposizione sociale.

Ma potremo farcela se la maggioranza della popolazione parteciperà al conflitto sociale per la sua stessa sopravvivenza. Nelle forme meno militari possibili (non è questa la specularità conflittuale vincente), ma più socialmente diffuse e, proprio per questo, fortemente invasive, come il sabotaggio delle reti avversarie e delle forme di rapina di ricchezza sociale, il boicottaggio, l'autoriduzione delle bollette e di altri beni e servizi, l'occupazione di spazi, luoghi e mezzi della produzione, come inizio di un'autogestione della nostra vita, un sistema sociale in embrione che esclude il gettito per il profitto e le sue regole autoritarie di rapina."

Il nostro compito di avanguardie di una nuova società, in questo momento, è proprio quello di denunciare pubblicamente questo governo e le sue manovre per quello che sono e dove ci stanno portando, valorizzare e riunificare ogni esperienza di lotta dei lavoratori, dei precari, dei cittadini, anche quelle più parziali, sotto un'unica bandiera, ampliare la rete di controinformazione e di condivisione di pratiche ed esperienze antagonistiche.
Spingere più avanti, ove possibile le forme di autorganizzazione e autogestione popolari, contrastare le inevitabili spinte xenofobe e campanilistiche che sorgeranno dal populismo reazionario e parafascista di forze come la Lega. Lavorare politicamente sul popolo di sinistra e nelle basi sindacali, evidenziando le contraddizioni che forze come il PD esprimono, il loro collaborazionismo attivo con i centri finanziari che impongono le peggiori ricette di spoliazione sociale, neoliberiste e di precarizzazione sempre più estesa del lavoro (vedi la ricetta neoliberista di Ichino e dall'altra l'ebetismo pseudoriformista di Fassina). Rafforzare il sindacalismo anticapitalista e antiliberista, tessendo un'unità trasversale tra le varie componenti su una piattaforma comune di azione e di lotta.

Dobbiamo comprendere che un'autonomia di classe oggi è ancora più possible, è sempre più possibile. Anzi, la situazione la esige, nella direzione di una fase rivoluzionaria imminente. Negli anni '70, come novelle cassandre prefigurammo la scomposizione di classe selvaggia, nella prima lungimirante lettura del decentramento produttivo e nella segmentazione territoriale dei cicli di produzione e con essi la frantumazione del corpo di classe. Quello che oggi è il precariato, definisce quasi con esatteza scientifica l'analisi che formulammo sullo sviluppo dell'operaio sociale come nuova figura funzionale all'accumulazione capitalistica e alla realizzazione dei profitti intervendo sul costo del lavoro, sui suoi tempi e modalità di produzione.
Ma appunto, eravamo cassandre perché la fase vedeva ancora una forte tenuta dell'economia capitalistica e del tessuto produttivo sociale che aveva molto da perdere da un conflitto sociale favorevole alla classe.

Oggi non è più così. Si aprono ampie prospettive per un processo rivoluzionario comunista. Come un fiume carsico, il meglio del portato teorico e pratico del marxismo rivoluzionario, l'operaismo, riaffiora alla superficie di un mondo in forte sconvolgimento, con tutta la sua carica virale per incidere sui rapporti centrali tra capitale e lavoro, su questioni come alienazione dei mezzi di produzione e socializzazione, comando capitalistico sul lavoro e la vita da una parte e liberazione, gestione diretta dei mezzi di produzione, dei tempi e degli spazi di vita dall'altra, tra potere economico centralizzato, privato e contro-potere sociale, controrvoluzione e insurrezione.