sabato 27 febbraio 2010

QUINTO STATO: RIVOLUZIONE IN RETE


Nell’intestazione di questo blog, c’è il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, un’opera che è simbolo da sempre della classe salariata, il proletariato, come quella parte della società che nella rivoluzione socialista e poi comunista, espropria del potere e dei mezzi di produzione la borghesia e il suo sistema capitalistico e crea un mondo di eguali e di liberi.

Questo è il nodo della contemporaneità da 150 anni a questa parte. Quarto Stato nel suo valore intrinseco di allegoria di un mondo nascente, è ancora attuale.

Se partiamo da questa premessa, in realtà non esiste un “quinto stato”. C’è solo da realizzare un mondo nuovo a partire dal quarto. Certo, inserendo questioni che ai tempi di Marx e ancor poi, non potevano essere prefigurate, come l’aggressione all’eco-sistema da parte dei centri di potere del capitalismo e della speculazione, di chi mette al centro il profitto e non il bene comune.

Il mio, dunque, è un titolo provocatorio, che risponde al grande assillo pasoliniano della società omologata sul piano sociale e culturale dal potere della televisione. Anche Pasolini non poteva capire, nell’Italia del dopoguerra prima, e del boom economico poi, quanto l’involuzione culturale del medium televisivo avrebbe portato dopo l’unificazione in un’unica koinè le diversità linguistiche e culturali delle mille italie, da nord a sud della penisola, alla creazione di tante isole di arretratezza nel fenomeno dei migranti e del confronto con altre culture. Di mezzo c’è stato il berlusconismo, la genesi dell’uso spregiudicato e oserei dire criminale del mezzo televisivo, che ha portato alla manipolazione dei fatti, della vita, della realtà vissuta dalla koinè. Dalle macerie di una sinistra crociana e neorealista, emergono gli echi da oltralpe di un gigante del pensiero critico contemporaneo: Guy Debord, con le sue feconde intuizioni espresse nei Commentari sulla società dello spettacolo. In Italia del resto, lo spazio culturale lasciato da un PCI culturalmente reazionario, è stato punto colmato, ma con un’inefficacia teorica e di prassi, da sedimenti intellettualistici della nuova sinistra, l’autonomia “creativa” (Zut, A/traverso, ecc.), con il solo positivo intendimento destrutturante, ma non realmente costruttivo. Nel corso degli anni ‘90 Koinè e società nel suo complesso hanno coinciso. Il “quarto stato”, pur esistendo come “classe in sé”, si è omologato nel consenso bipartisan della concertazione “riformista” e sindacale da un parte e dell’uniformità ai valori simbolici, estetici, in definitiva culturali dei media su antenna e carta stampata.

Sto descrivendo le basi culturali, intese come cultura di massa e per la massa, del patto sociale su cui si è innestato il berlusconismo, e su cui si sono tessute le alchimie distorte della politica dei partiti bipolaristi. Le premesse che hanno dato vita, anche dopo la prima repubblica, all’intreccio, ma direi proprio verminaio, del sistema dei partiti in Italia.

Solo che, con lo sviluppo delle contraddizioni del sistema, e con l’accesso a un sistema di informazioni multidirezionale e orizzontale delle informazioni, nel primo decennio di questo millennio, accade una cosa che rimette in gioco energie sociali. Sempre più parti della società escono dalla visione drogata, unidirezionale e piramidale della realtà, i media su antenna e su carta diventano obsoleti, grazie alla rete.

In realtà (realtà... è proprio il caso di dirlo), l’avvento della rete è molto più rivoluzionario di quanto gli esegeti dei media convenzionali dominanti e della classe politica bipartisan inizino a sospettare.

Quando Il Tg 1 di Minzolini ci parla di assoluzione di Mills - un falso che andrebbe denunciato all’ordine dei giornalisti - ecco che appaiono in rete una miriade di risposte, item di ogni tipo che sbugiardano, spiegano, tematizzano. Miloni di persone seguono blog di ogni tipo e natura, interagiscono e dialogano in rete. Un “quinto stato”, o, anzi: e “quinto potere” - la concidenza tra classe di “risvegliati” o “non drogati” e produttori di informazioni, cultura, valori, etica, emozioni, passioni, è pressoché totale - sta emergendo destrutturando su ogni piano, culturale, tecnologico e biopolitico, il vecchio assetto, l’ancien regime della politica, dei rapporti sociali opprimenti e ricondotti verso qualsiasi logica di dominio. È rivolta anti-potere in sé, da Teheran a Pechino, passando per Cagliari.

Paradossalmente, ma poi neanche tanto a ben pensarci, è la rete che, destrutturando con una critica spesso sagace, con un’informazione libera da pastoie finanziarie, i simulacri del pensiero unico del “panino” televisivo, ricostruisce la realtà dei fatti con tutte le sue libere interpretazioni. Ricrea un senso autentico della vita sociale e della realtà. Quindi divenendo una “koiné altra”, si fa “stato”, o meglio dire rappresentante più autentica di un bene comune, con tutto il suo portato di valori civili e costituzionali.

In Italia, è in questo ambito che la sinistra rigenera il suo patrimonio storico di idee e ideali. Un fenomeno come il “movimento viola”, vede accodarsi, per meri e contingenti interessi elettorali, il funzionariato a più livelli del PD e di altre forze residuali della sinistra. Una politica di sinistra che non ha più nulla da dare, che non è più “lavoro di massa dell’avanguardia”, ma infiltrazione opportunistica bella e buona.

Per chi pone al centro la liberazione di questo paese dal potere diffuso delle mafie e del capitale finanziario colluso con esse - di cui il governo Berlusconi è rappresentante e portavoce, elemento politico spudoratamente organico - per chi mette nell’agenda politica come fattore dominante di una fase, la questione democratica, la rete è il terreno d’azione che va dal virtuale alla realtà della lotta politica nella società.

Saldature, è la parola decisiva. Saldare le diverse istanze, in mille centomila, milioni di connessioni, in cui democrazia diviene esercizio delle idee, espressività creativa in rete, dove diritti civili, lavoro e anti-razzismo, nonviolenza e lotta per la pace, difesa del bene comune e della vita del pianeta, si intrecciano e si fondono nella spirale di una rete di fili che esce dalla virtualità della fibra ottica per divenire materialità di uno scontro sociale.

La diffusione di massa delle nuove tecnologie di connessione è la controindicazione della globalizzazione per un sistema che ha voluto avere troppo, dominare ancora di più e che oggi si ritrova a franare tra scandali come i finanziamenti al G8 e la truffa mafiosa di Fastweb e Telecom, senza poter più contare sull’efficacia dei vari tirapiedi alla Minzolini.

La realtà non si può nascondere.

L’inizio della fine per questi signori è alle porte. Mi immagino le risate seppellitrici di Guy.

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