giovedì 9 giugno 2011

BATTISTI CASO CHIUSO. E SARA' IL CASO.


Stamattina, alle cinque ora italiana, un uomo dal volto stanco è uscito dal carcere della Papuda a Brasilia, dopo quattro anni di tira e molla tra governo italiano e quello brasiliano. La Corte Suprema brasiliana ha dato torto al ricorso dell'Italia e rimesso in libertà l'uomo più perseguitato dalla stampa e dall'opinione pubblica nostrana negli ultimi vent'anni. Il simbolo di una stagione di lutti e lotte, gli anni '70, su cui ancora in realtà non è stata messa una pietra sopra, non c'è stata una chiusura condivisa.

E' un volto che riassume bene la stanchezza che viene spontanea nel ripensare ad anni tragici, ben più complessi delle versioni demagogiche che vanno in voga a destra e a sinistra, con i forcaioli di sempre, quelli che avrebbero buttato via la chiave a Valpreda e basta, quelli che la P2 e lo stragismo sono stati una risposta a dir poco legittima al pericolo comunista e quelli che i morti in piazza, ai posti di blocco, la caccia alle streghe su tutto un movimento non sono mai esistiti, sono fatti neutri nella contabilità di una reazione dello stato al terrorismo e all'estremismo violento, che liquida la ricchezza delle istanze, le aspettative, le pratiche di rottura sociale e politica che un'intera generazione non certo venuta dal pianeta papalla ha posto in opera in quegli anni.Tragici eppure strordinari, come li definiscono Primo Moroni e Nanni Balestrini, gli anni dell'Orda d'oro.

Ma il mainstream mediatico e sostenuto da tutta la partitocrazia si è messo in moto, tra cartelli bipartisan al Parlamento Europeo che dichiarano Battisti un assassino, nella migliore tradizione del KKK e delle reazioni forcaiole più ottuse, e minacce di ritorsione, chiacchiere e fole, chiacchiere e spacconate, chiacchiere e distintivo. Come se l'Italia non avesse altri problemi da discutere nel luogo massimo della comunità europea e nel paese. Come se ognuno dovesse per una sorta di liturgia delirante dare il suo segno di isteria inconsulta, altrimenti "non sta bene".

Poco importa se negli altri paesi, quelli civili, come la Francia, le opinioni sono diverse e tutte con la medesima dignità. Poco importa che il fior fiore dell'intellettualità mondiale stia combattendo da anni perché a Battisti vengano riconosciuti i diritti a un processo regolare e non inquinato da pentiti ai limiti della demenza, in condizioni di contumacia (qui è possibile avere un'informazione esaustiva sul modo in cui è stato gestito l'affaire Battisti dai giudici italiani).

Che Battisti sia un assassino così come indubitabile era la fede nazista di Hitler, è un fatto che non lascia scampo ad altre opinioni, che criminalizza in Italia chiunque non la pensi così. Così assistevamo nei mesi scorsi alle liste di proscrizione sugli autori che avevano aderito agli appelli pro-Battisti mettendo all'indice i loro libri in tutto il Veneto, da parte di esponenti fascisti di Lega e PdL (perché fascisti sono con questa azione), e nel silenzio omertoso di un PD impermeabile a ogni ayttacco alla libertà di stampa che non sia una scorreggia contro Berlusconi.

In questo paese pietà l'è morta per una visione garantista autentica, che non siano i piagnistei arroganti di un presidente del Consiglio che smantella i dispositivi di indagine per inquinare le prove a suo carico in fatti di varia natura che ben conosciamo. Anche a sinistra i tifosi della magistratura osannano i magistrati a prescindere e su fb è un susseguirsi di pagine pro Borsellino, pro Falcone, pro De Magistris, che farebbero pure piacere, se questo fanatismo non celasse un giustizialismo acritico, una visione della legalità imbecille e astratta. Come se la lotta dei giusti, da Gandhi a Luther King e Rosa Parks, non avesse avuto come condizione per la giustizia sociale e per i diritti la violazione di leggi ingiuste e partiche politiche non sempre legali.

Ecco, questa la melma mefitica che sobbolle ai piedi di Battisti, che aleggia sulla sua vicenda. Ora però basta lo diciamo noi. Lo diciamo noi che abbiamo visto e compreso il dramma di un uomo che non è più un proletario armato. Forse per il comunismo sì, ma questo non è reato. O non lo è ancora. Il dramma di una persona che è stata strumentalizzata esattamente come i parenti delle vittime del terrorismo, per una ragione di stato che non ha proprio avuto ragione. O per lo meno non solo lui l'ha avuta. Un prigioniero, esule e poi ancora prigioniero e poi latitante e prigioniero ancora, che ha subito la persecuzione di una condanna mai rimessa in discussione. I giudici dell'epoca non potevano sbagliare. Il teorema deve esistere per sempre. E Battisti ne è la prova.

Ora però basta lo dice anche il tribunale di un paese sovrano: dopo un giudice, dopo l'allora Presidente del Brasile Lula, oggi anche la Corte Suprema, sei voti a tre. Un Brasile moderno e democratico, non un Brasile dei gorillas. Un paese civile. Quindi, il caso è chiuso. E' proprio chiuso. Il resto sono le chiacchiere della grande rappresentazione dei pulcinella e delle guardie.


(altre info: http://www.carmillaonline.com/)

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