venerdì 24 giugno 2011

LA RICETTA PER USCIRE DALLA CRISI GLOBALE? IL SOCIALISMO.


La Grecia al collasso, la disoccupazione giovanile europea tra fasce d'età dai 15 ai 24 anni: 44,4% in Spagna, 36,1% in Grecia, 31,3% in Irlanda, 28,5% in Italia, 27,4% in Portogallo, ma non se la passano bene neppure i paesi più forti, Francia al 20,3%, Finlandia al 20,9% (fonte Der Spiegel).

Il grande problema è il debito pubblico di gran parte dei paesi della zona Euro. L'Italia è a rischio di collasso con i suoi conti pubblici e c'è il concreto rischio di un effetto domino provenienente dall'insolvenza della Grecia.

La questione vera è su quali presupposti è nata questa Europa, su quali basi. Il privato delle grandi banche e delle concentrazioni finanziarie, della piena libertà dei flussi di capitali a livello internazionale, in altre parole l'economia di carta telematica, il monetarismo è ciò che guida ogni politica nazionale e la politica della banca centraloe europea e del FMI.

Di fronte a questo grande collasso imminente, l'unica soluzione è azzerare i debiti, certo alla Castro, quando Fidel diceva che i paesi del terzo mondo rapinati di risorse dal debito con il FMI non devono pagare. Che paghino gli speculatori, che vadano a fanculo le agenzie di rating, che le banche rendano conto al centesimo su quello che fanno coi soldi dei correntisti e dei clienti di titoli, obbligazioni e quant'altro.

Per oltre un trentennio e passa abbiamo sentito il ritornello "privato è bello", che il mercato è il naturale regolatore dell'economia di un paese come del pianeta.
Balle, stronzate. Occorre un controllo da parte della collettività, quindi dello stato rispetto le scelte di politica monetaria e sul debito pubblico, sulla gestione delle risorse e dei beni comuni, sulla redistribuzione della ricchezza sociale. Invece questo accade solo sul prelievo fiscale, chissà perché, è?

Quindi, il cambio tanto auspicato dagli indignados e dai movimenti precari e dei lavoratori di tutta Europa, non può che basarsi su una rivoluzione del pubblico, dello stato, che esce dal primato dell'economia per entrare in quello della politica. Perché scegliere di dirotare soldi sulle fasce sociali più deboli è politica. Forse non risponde alle esigenze della borsa, ma a quelli dell'interesse collettivo sì.
Il privato si ferma dove subentra l'interesse collettivo che ci dice che prima viene la qualità della vita dei cittadini, poi e forse ma poi, il profitto.

Ecco perché la soluzione è il socialismo. Nelle forme possibili nell'epoca attuale, ovviamente, ma sempre di socialismo si tratta.
Tante analisi economiche servono a ben poco. I cosiddetti "tecnici" che piacciono alla destra come al centro-sinistra, devono lasciar posto alla politica. Non ai politici, alla politica: è altra cosa da questa partitocrazia che vive di corruzione, clientele, se non peggio, di criminalità mafiosa. E' la politica del bene comune, del primato dela collettività su ogni interesse privato.

Questo è un concetto che le orecchie dei vari Bersani non ascolteranno mai. No intiendo. Li faremo intendere noi, saldando i movimenti che stanno crescendo in Europa, da Atene a Madrid, passando per Roma e Parigi, con l'unico progetto politico possibile per riportare diritti di cittadinanza e qualità della vita, democrazia reale e difesa del bene comune e dell'eco-sistema: il socialismo.


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