domenica 5 giugno 2011

UN BILANCIO DOVEROSO DEL DOPO ELEZIONI


Facciamo un bilancio sulle ricadute politche delle ultime elezioni amministrative e degli scenari che si aprono in Italia.
Con questa tornata elettorale vediamo un'avanzata delle sinistre in tutto il paese. Si prefigura il declino del berlusconismo e con tutta probabilità, se la partecipazione ai referendume del 12 giugno sarà vasta e si raggiungerà il quorum, il governo Berlusconi sarà ancora più in difficoltà, con rese dei conti interne, fughe neodemocristiane verso un nuovo centro con Casini (vedi la scelta di Scajola), sfaldamento della maggioranza comprata da Berlusconi a suon di denari e poltrone.

Ma questo successo non deve galvanizzare troppo la sinistra. Perché se andiamo a vedere le sue cause, queste non sono certo da attribuirsi a una buona politica di opposizione: il PD ha mancato tutti gli appuntamenti importanti, con una sequela di astensioni e defezioni in Parlamento, con l'ambiguità verso la questione del lavoro (vedi le posizioni contraddittorie sulla questione Fiat e le politiche sul lavoro dove amministra), con il legame inesistente verso i movimenti che si sono sviluppati autonomamente sulle più disparate questioni.
Dall'altra parte vediamo l'azzeramento sulla scena politica della sinistra radicale, cosa che non può essere imputata al solo oscuramento mediatico, che tanta parte comunque fa nel visibilità ai soggetti politici e sociali.
Vediamo un Vendola che esaurisce nei tatticismi e nei compromessi la sua vis iniziale nel popolo di sinistra e non viene seguito a Napoli alla prima tornata, avendo scelto Morcone, il candidato del PD.
Al contrario vediamo settori della borghesia italiana sganciarsi dal berlusconismo e in particolare gran parte del mondo cattolico, che non ha gradito le performance libertine (per usare un eufemismo, visto che qui si tratta di minori e di prostituzione) di Berlusconi. E questa contraddizione in seno al fronte clerico-moderato ha giocato in modo decisivo.
Inoltre, è fisiologico, ed è il male della democrazia rappresentativa, che chi sta al governo e prende decisioni impopolari, ne paghi poi le conseguenze. Ogni apprendista stregone che interpreta gli interessi del potere capitalistico, che sia socialista o conservatore, ne paga poi le conseguenze in consenso sociale ed elettorale. Lo si è visto in ultima battuta con Zapatero e le amministrative spagnole. Ancor prima con la Merkel, a fronte di una crescita tedesca del 4%, il che può sembrare un'incongruenza, ma poi andiamo a vedere quanto e come sono state colpite le fasce sociali meno abbienti germaniche.

Ma c'è un'altra causa, in parte legata al raginamento precedente. Vediamo una resa dei conti anche nel capitalismo italiano, con l'emergere di nuovi punti di riferimento alternativi alla gestione del gattopardo di turno, quello che è stato l'erede del potere democristiano.
E in questa resa dei conti si inserisce l'opzione neocentrosta del PD, capitanata da D'Alema, che con lo strombazzamento dell'alleanza alle provinciali di Macerata, lancia un segnale importante: no alle primarie, quindi no a una democrazia rappresentativa dentro il popolo di sinistra, si ad accordi e a politiche congiunte con il terzo polo, un santa allenaza con le parti non berlusconiane del capitalismo italiano, che mantenga i privilegi di sempre e le preferenze verso la finanza e l'industria parassitaria nostrane nelle scelte di politica economica. Con tutte le ricadute in compromessi e accordi che svendono questioni come la laicità, i beni pubblici e rilancino la solita gestione affaristica o di appalti al ribasso nelle amministrazioni locali. Insomma l'ingessatira dela democrazia italiana a favore dell'oligarchia politica ed economica che sta occupando da sempre le istituzioni e i gangli vitali dell'economia italiana.

Quindi c'è poco da esultare, ma c'è molto da fare rimboccandoci le maniche e vedere le prospettive di cambiamento che stanno affiorando e di cui l'esito delle amministrative e con tutta probabilità dei referendum ne sono solo un timido e prematuro segnale.
Il neocentrismo dalemiano da una parte e il tentivo vendolino di spostare l'asse della politica del PD verso forme più ampie e partecipate di politic rappresentativa e trasversale ai partiti, sono due opzioni divergenti, ed entrambe fallimentari.
La prima fallimentare per le classi popolari, che perdono quel poco che ancora c'era nel PD di sinistra e di democrazia partecipata, di centralità del lavoro, di pacfismo, di tutela del bene comune.
La seconda fallimentare per i movimenti, perché il vendolismo, questa mutazione camaleontiaca di alcuni postulati tipici e vitali per la sinistra radicale, questo stemperamento demagogico delle valenze politiche che costituiscono il cuore vero della sinistra d'opposizione che deve crescere se se vogliamo il cambio (per dirla alla spagnola), ossia l'anticapitalismo, ha dele gambe molto corte e già oggi vediamo i primi scricchiolii.

L'unica opzione possibile non può che partire da questi punti che riassumo in sintesi:
A) la crisi di sistema che sta devastando l'Europa e che ha colpito mortalmente paesi come la Grecia, l'Irlanda, il Portogallo, toccherà in modo profondo anche l'Italia. Ne abbiamo tutti i sintomi e, tra breve il debito pubblico in crescita farà saltare il banco.
B) Le socialdemocrazie e i laburismi non costituiscono un'alternativa al neoliberismo e al monetarismo, alla politica finanziaria selvaggia che detta legge al di là del tipo di govrno che sia in carica. Le misure prese sono solo delle varianti di uno stesso quadro economico intangibile. L'abisso che separa l'economia reale e la vita dei cittadini, in particolare dei settori più disagiati, del mondo del lavoro dipendente e autonomo, del precariato, dalla finanziarizzazione dell'economia di carta e di speculazione di borsa è una questione che nessuna delle parti politiche in alternanza nei paesi europei mette in discussione. Alla fine le risorse finanziarie per chiudere i buchi e disattivare le bolle vanno sempre alla finanza, al sistema bancario, che oltretutto ne fa un uso ulteriormente speculativo. Lescelte del governo socialista greco e di quello spagnolo di Zapatero sono ben eloquenti. Anche in tempi di vacche magre, la scelta è sempre quella di cedere ai diktat del debito verso la banca centrale europea, il FMI, le banche dei paesi della comunità europea, accettando la devastazione sociale, la riduzione in miseria della maggior parte della popollazione, la svendita dei beni collettivi, delle risorse nazionali, delle società pubbliche che gestiscono settori vitali dell'economia di un paese.
Il nostro centro-snistra non farà diversamente. Vendola o non Vendola.
C) L'inasprimento inevitabile della crisi porterà a episodi di lotte sociali vaste, che il centro-sinistra non raccoglierà se all'opposizione e che reprimerà se al governo.
D) Ci attende un lavoro preparatorio nei movimento già esistenti, nei sindacati, nelle realtà di base di ogni tipo per creare organizzazione dal basso. Perché la democrazia diretta, il protagonismo politico dei soggetti in lotta e la partecipazione democratica dei lavoratori e delle più diverse realtà sociali del lavoro sarà l'unico percorso possibile per avviare un reale cambiamento della società italiana, nel quadro di un cambiamento internazionale dei rapporti di forza tra potere capitalistico della globalizzazione e del monetarismo selvaggio e classi popolari che subiscono l'implosione e i limiti del capitalismo giunto a questa fase di impossibilità di ulteriore sviluppo.

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