lunedì 4 luglio 2011

ANCORA UNA VOLTA...


Il copione è sempre lo stesso, come quello di undici anni fa. Abbiamo una mobilitazione popolare pacifica ma risoluta, fortemente partecipata, con decine di migliaia di dimostranti, cittadini, famiglie, studenti. Abbiamo poi, puntuali come l'agente delle tasse, dei non meglio qualificabili black bloc (non mi risulta che i valsusini parlino tedesco o chissà cosa) che arrivano e scatenano la guerriglia.
Abbiamo le forze dell'"ordine" (doveroso il virgolettato) che attaccano tutto e tutti, finendo col caricare anche chi black bloc non è. e colpendo il vero target: i manifestanti NO TAV. Il bilancio finale è di decine di feriti tra manifestanti e agenti di polizia. I
nfine abbiamo i veri destinatari del pacco regalo, i media, che il giorno dopo riportano gli espisodi enfatizzando la violenza di una minoranza di provocatori e riportando le dichiarazioni deliranti del mainstream politico, da Napolitano a Maroni, passando per Fassino.
Finalmente (per i destinatari) dek pacco regalo, sulla questione dei No TAV volano parole pesanti come "eversione", "terrorismo", "delinquenti", "tentato omicidio".

E' una tecnica collaudata, che tra i boschi di una valle che ha conosciuto gesta ben più nobili, come quelle delle Brigate Garibaldi durante la Resistenza, non poteva mancare. L'obiettivo è la delegittimazione del movimento NO TAV che, tra imbecilli con fionde e agenti anfetaminici, è ciò che interessa di più la cricca di regime, che su quest'opera inutile e devastante, che foraggia coi soldi nostri in modo bipartisan tutti i comitati d'affari sponsorizzati da puttanieri e baffini, ha puntato molto.


Alla luce di questo e altri "business" bipartisan, è ancor più inaccettabile il tentativo di criminalizzare qualsiasi espressione antagonistica ai disegni del predetto regime di casta e partitocratico (perché di questo si tratta, svegliati Vendola!).
Questo accade, black bloc o no, all'atto stesso che i NO TAV, bastonati ferocemente l'altro giorno da PS e CC, cacciati via dal presidio, passano a pratiche di autodifesa più che legittime della valle. Accade nel momento stesso in cui la lotta si allarga attraendo realtà di movimento, come i comitati aquilani, forze della sinistra di classe, ambietalisti, cittadini, iniziando a far paura a governo e "opposizione" PD, uniti nel solito inciucio.

E sulle pratiche di lotta, tra antagonisti ce lo si può dire: la chiave di lettura in generale non è violenza o non violenza. Perché c'è da chiedersi quale sia allora il confine tra provocazione e lotta. Il confine lo fa una pratica sociale che si legittima nella popolazione nel contesto in cui si produce. Come la Resistenza!
Per esempio, non c'è dubbio che in Grecia non mi metterei certo a stigmatizzare episodi di guerriglia sociale che hanno le loro ragioni e radici nella devastazione del sistema-paese ad opera di speculatori internazionali e banche europee, con la complicità di un "socialismo" ellenico al soldo di costoro.
Attenzione: non condivido (sono non violento), ma comprendo.
A volte l'autodifesa della propria esistenza e delle prospettve a una vita dignitosa, si può esprimere anche con mezzi estremi. Papandreu e tutto il mondo devono capirlo, con... un timbro di ricevuta un po' rovente, ne convengo, che il popolo greco non è disposto a subire povertà, indigenza, miseria.

Gli atti di violenza durante la manifestazione NO TAV del 3 luglio però, non li condivido e non li comprendo. Chi arriva da fuori con mazze e fionde, senza rapportarsi con il contesto politico, con il tessuto sociale, con il movimento di lotta, è solo un provocatore che, se genuinamente cretino e non al soldo di qualche servizio a caso, pensa che la guerriglia scateni la massa per far avanzare una non meglio precisata rivoluzione sociale.
Qualcuno insegni a questi imbecilli che la rivoluzione non è un pranzo di gala, dove vai con lo smoking dei fumogeni e le biglie d'acciaio. La tragedia dei valligiani che lottano per non far distruggere il loro territorio, va rispettata, non strumentalizzata.
E' una lotta democratica e civile. Come quella degli indignados spagnoli.

A volte la società civile, i settori sociali più colpiti dalle politiche dei potentati, possono anche passare in casi estremi a forme di lotta violenta, non per questo meno democratiche, comunque legittime e comprensibili. Ma ci passano loro, autonomamente, come patrimonio di lotta comunemente acquisito e dato per necessario dalle circostanze politiche della fase, del contesto. Non hanno bisogno di cattivi maestri. Mai.


Oggi in Italia, che non è ancora la Grecia, c'è bisogno di unità di tutti i settori sociali, di tutti i movimenti che si contrappongono allo scempio (che non è solo berlusconiano) del bene pubblico, alle politiche di rapina sui cittadini e di comando sul lavoro sempre più precario e privo di diritti. C'è bisogno di una via democratica a un'alternativa politico-sociale, di vere forme di democrazia di base che facciano sorgere dalle macerie della crisi dei partiti, oltre il marciume della partitocrazia, un progetto di altra società.


Dobbiamo dare valore alla lotta civile e non violenta, perché la società che deve nascere da questo verminaio attuale, è una società civile, non un terreno di caccia per nuovi Pol Pot o apprendisti stregoni della transizione. E' il prodotto di una cultura del conflitto saggia, che trae legittimità dalla forza del popolo, dalla sua coscienza.

Non la violenza di qualche nuovo esegeta di rivolte e guerriglie che neppure ha mai visto, c'è bisogno in questo paese, ma della forza del popolo. La forza che abbiamo visto con la grande manifestazione delle donne di "se non ora, quando?", la forza dei comitati popolari che nonostante l'ignavia del PD hanno saputo costruire la grande vittoria referendaria.

Abbiamo bisogno di democrazia a partire proprio da noi cittadini.
Qui, questo è il terreno dei comunisti. Perché questo esercizio del potere democratico dal basso, questa vasta partecipazione politica alla lotta, è esattamente l'autonomia di classe: operaia nel mondo del lavoro e del precariato, dei cittadini per il bene comune e il proprio territorio da Terzigno alla Val di Susa.

L'autonomia di classe crea coscienza diffusa, crea consapevolezza del proprio potere nella società: la classe in sé diviene classe per sé. Questo è il processo democratico che va favorito. A volte per cambiare il volto della storia ci vuole un niente, quando ci sono le condizioni storico-politiche. Guardiamo come in Spagna il presidio permanente della democrazia di base si sia creato e abbia riempito le piazze in poche ore.

Di contro, a chi pensa con quattro molotov di essere avanguardia e di tracciare una via, va detto: hai preso il peggio delle esperienze di lotta degli anni '70! Quanta arretratezza! Quanto schematismo massimalista!
Nell'era in cui le rivolte arabe viaggiano sui social network, che cazzoni quelli con le spranghe!

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