venerdì 15 ottobre 2010

UN PESO E DUE MISURE.



Notare le diverse misure nel peso dell’ordine pubblico. Genova, Marassi, 12 ottobre 2010: gruppi di nazionalisti serbi organizzati entrano nello stadio con fumogeni, cesoie, bastoni e quant’altro, mentre la polizia sequestra i succhi di frutta a bambini di 5 anni accompagnati dai genitori. La tifoseria neonazista serba interromperà la partita con disordini e lanci di fumogeni e metterà poi a ferro e fuoco il centro della città esattamente come i black bloks nel G8 del 2000.

Due giorni dopo Maroni dice di essere stato avvisato dai servizi segreti: gruppi esteri si infileranno nella manifestazione della FIOM di sabato 16 per provocare disordini e guerriglia.

Una polizia e dei carabinieri incapaci di gestire la piazza nei confronti di tifoserie che andrebbero stroncate senza se e senza ma, dalle dichiarazioni del ministro degli interni, si rapporteranno con una manifestazione pacifica e di massa in modo ben diverso.


È evidente che qualsiasi cosa potrà accadere domani a Roma, si cercherà di far cadere la responsabilità su quelle forze di opposizione che manifestano. Si dirà che il loro manifestare è causa di tensioni sociali violente. Ci stanno già provando da giorni stigmatizzando le scritte e le uova contro le sedi CISL. Ogni possibilità di criminalizzare il movimento operaio e le sue espressioni più conflittuali viene messa già in campo con dovizia.

Ma quello che "sfugge" alle forze di governo è che la responsabilità di questa situazione, di queste tensioni è solo di chi governa. È di chi nulla sta facendo per contrastare i livelli di disoccupazione e disperazione sociale ormai raggiunti. La piazza non è un’entità astratta, che si muove per provocazioni preordinate. È il termometro di un disagio sociale che sta crescendo sempre di più.

E se scontro sociale sarà, stavolta occorre reagire a qualsiasi lettura eversiva della questione sociale. Eversione è occupare con arroganza lo stato, i ministeri, per fare leggi a proprio uso e consumo, lasciando il paese e i settori sociali più colpiti dalla crisi al proprio destino.

Eversivo è l’attacco sistematico ai diritti dei lavoratori e allo statuto, è la precarizzazione selvaggia dei rapporti contrattuali.


È venuta l’ora di dire che un patto sociale, e quindi una normale convivenza civile, possono reggersi solo se le forze politiche s’adoprano per redistribuire gli oneri di questa stretta economica a partire dai settori sociali più agiati, con meccanismi di protezione economico-sociale verso chi subisce il peso della crisi e scivola verso la povertà.

E invece siamo in balìa di predoni eversivi che pur di rastrellare capitali per sé, per le consorterie finanziarie e industriali che rappresentano, non esitano a fare terra bruciata in ogni ambito dell’economia.

Così non c'è alcun patto sociale: c'è la legge del più forte, che per forza farà pagare dei costi alla società anche sui livelli di convivenza civile e di democrazia.


Un peso e due misure nel trattare l’ordine pubblico, così come un peso e due misure nell’affrontare la congiuntura, che di fatto è crisi sistemica del capitalismo.

Tutto questo è ormai intollerabile per gran parte della popolazione. E lo è ancora di più per quella parte di società civile che si riconosce nei valori dello stato e della Costituzione. L’eversione, a differenza delle lotte sociali degli anni ’70, non è più dalla parte di chi si pone su un piano di difese delle condizioni di vita delle classi popolari.

Ora abbiamo davanti una società civile che chiede più diritti, più tutele, più democrazia, meno politica sporca e affaristica, meno presenza delle mafie nel territorio, più partecipazione popolare alla vita politica del paese.


Tragicamente però, non c'è alcuna sponda politica sana, nessuno che tracci un'alternativa politica e sociale, economica e culturale seria a questo stato di cose.

La crisi del PD ha come concausa la caduta di credibilità che questa classe dirigente dimostra nel proporsi come opposizione al governo. Perché la sua politica è incongruente e ambigua. Non è una politica di classe.

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