mercoledì 6 ottobre 2010

"PICCOLE" CENSURE, FASCISMO QUOTIDIANO.


I media non ne parlano, ma anche chi naviga in rete e legge notizie fuori dal mainstream, le legge come storie ordinarie. Parlo delle modalità in cui sistematicamente i "tutori dell'ordine" rimuovono cartelli e striscioni durante manifestazioni pubbliche. Esternazioni fatte da singoli cittadini o da aggregazioni di cittadini, che non vengono ritenute consone col carattere della manifestazione: Napolitano in visita, Berlusconi di passaggio, ecc. Con Ratzinger a Palermo, tra le solite varie, i tutori di cui prima, si sono permessi di entrare in una libreria dove era esposto un "I love Milingo" e di rimuoverlo.

In realtà, se consideriamo che la nostra Costituzione non solo ammette, ma favorisce la libertà di espressione dei cittadini, polizia e carabinieri dovrebbero al contrario consentirla, se civile e non violenta, se non scade in apologie di razzismo, terrorismo, ecc. se non costituisce insulto a capo di stato, e via dicendo. I poliziotti sono persino arrivati a sequestrare una bandiera italiana a margine di una manifestazione della Lega. Che paese è questo, dove la propria bandiera viene considerata come elemento di provocazione? Io non sono nazionalista, ma seguendo la logica dello stesso Napolitano, il Tricolore dovrebbe essere valorizzato e quindi essere presente in qualsiasi contesto pubblico.

La maggior parte di queste esternazioni non insultano e non minacciano nessuno. Sono solo scomode ai potenti del momento, ai personaggi della casta che usano i soldi nostri di contribuenti per utilizzare le nostre forze dell'ordine in funzione censoria e con un'arroganza arbitraria che vìola i principi stessi della Costituzione. Con i nostri soldi praticano lo squadrismo fascista. Perché come si può definire l'entrare in un negozio senza mandato, che ha tutto il diritto di esporre ciò che vuole e che non sia offensivo o illegale, se non un atto di squadrismo fascista?

Almeno nel fascismo l'inibizione di questi diritti era cosa chiara e riconosciuta da tutti. C'era una legalità fascista. Oggi invece, a parole e sulla carta costituzionale ti dicono che puoi esprimere le tue idee liberamente (liberamente significa in ogni contesto), ma ti negano la cosa in funzione della casta, che sia politica, industriale o finanziaria, o ancora mediatica.

E' anche da questi particolari, ai quali la cittadinanza obnibulata dalle vulgate propagandistiche di regime, dalle ville monegasche e dai culi delle veline (quella meno attenta è spesso resa all'oscuro di tutto) si è ormai assuefatta, che si vede come sia in atto un processo di fascistizzazione della società civile, del territorio, delle nostre piazze devastate delle loro speculazioni edilizie, dei nostri palazzi. Questa occupazione di potere nelle istituzioni, centrali e amministrative periferiche, questo esercizio arbitrario e arrogante del diritto del più forte, questo uso altrettanto arbitrario della polizia, è esercizio fascista del potere. Più nella versione Al Capone, visto che qui di prefetti di ferro (e di Borsellino ex FUAN saltato per aria) non ne abbiamo più, ma abbiamo tanta collusione dei politici con i poteri criminali e mafiosi.

E' un fascismo post-italiano, dove dentro ci sta tutto: il razzismo e le invenzioni padane della Lega, le spedizioni del PdL a convegni scomodi, l'ignavia complice di chi si arroga il diritto di essere "opposizione" e di fingere di fare genericamente i tuoi interessi. In realtà esiste un reticolo vergognoso e infame di scambi, favori, dove tutto quello che non riguarda il tanto sbandierato bipolarismo, può essere calpestato, ignorato, rimosso esattamente come i cartelli dei cittadini dissidenti.
E' il gesto brutale di chi si crede depositario della politica e ti dice che il tuo cartello, quello che sei tu, le tue idee non contano nulla. E' il Sordi del Marchese del Grillo: io so' io ... e voi nun siete un cazzo", in salsa destrorsa, legaiola o pseudo-democraticista.
E' l'ordinario lavoro che la casta fa di rimozione di tutto quello che ha il sapore di un'autonomia di pensiero da parte della popolazione allontanata dai luoghi della "politica vera". E questo è fascismo. Dei peggiori, perché non dichiarato, ma deliberatamente esercitato con dovizia e arroganza.
La storia insegna che tante "vuvuzuelas" per essere tali devono assordare. Che l'autonomia di pensiero, o meglio l'autonomia politica di soggetti e forze sociali che iniziano a muoversi, non può non fare i conti con la politica di regime, contendergliene gli spazi e i momenti di manifestazione sociale e politica. Oltre che ad avere momenti proprio di autocostruzione (è un rapporto dialettico tra questi due aspetti della praxis). Questo il regime tutto lo sa. Ed è per questo che l'atto di togliere uno striscione è un atto sì fascista, ma fascista in tutta la sua deliberata politicità.

Ed è per questo, che le forze dell'ordine sono state ancora una volta ridotte a sgherri di regime. Ma attenzione: questa volta non siamo più in presenza di un'estrema sinistra violenta nelle piazze, ma di cittadini, forze dichiaratamente democratiche e a difesa della Costituzione stessa.

La linea tendenziale è chiara: sbaragliato l'antagonismo sociale antistatale degli anni '70, ora la strada è ben spianata per inibire qualsiasi espressione di dissenso. Leggi: i gruppi dirigenti dei partiti della Prima Repubblica non difendevano lo stato, ma i privilegi di chi ne aveva la gestione.
Perché, come insegna Gramsci, sono i fenomeni sociali e le politiche che ne derivano che vanno letti con una visione ampia. I fatti non vanno presi in sé e circoscritti secondo un meccanicismo miope, antiscientifico e antistorico.

E ancora una volta il PD, come fece il PCI negli anni '70, si chiude il naso e non guarda più. Non guarda il timpano fracassato e le bruciature sulla pelle del brigatista Cesare di Lenardo, tanto per fare un esempio. Fa di più: crea teoremi, come il buon Calogero ha fatto sull'autonomia operaia. Oggi Bersani e soci, arricchiti dalla folta pattuglia post-democristiana, non cagano lo squadrismo poliziesco sul dissenso, e auspicano una sua funzione anti-Movimento 5 Stelle, anti-sindacalismo di base, ecc.

Si lamentano per qualche urlo e qualche cartello a una festa "democratica", strillando all'anti-democrazia. Ma la "democrazia" è solo la loro. Questo è il punto. Per questo, è auspicabile che una valanga di dissenso popolare si rovesci nei luoghi che loro hanno deputato attraverso la potenza dei media, a luoghi dove si fa la politica che conta.
E' come vedere un picchiatore con la mazza dei media tra le mani che pesta un poveraccio dotato di vuvuzuela. I primi ad essere anti-democratici sono proprio loro. Perché da Berlusconi a Veltroni, la paura è quella di rivedere un protagonismo politico di massa. Ecco perché vengono rimossi striscioni e cartelli scomodi. Chiaro, no?

Un'ultima parola, va spesa per fare un giusto accostamento ai regimi bananieri e del cosiddetto "socialismo reale", dove la pratica di attaccare i dissidenti era costante e fatta con scienza e coscienza. Mi pare che la logica del cartello tolto, dei dissidenti portati in questura per non aver fatto altro che manifestare delle idee, sia la stessa logica del breznevismo più rigoroso.
Alla faccia di chi ieri si sgolava l'ugola per parlare della liberticida URSS e oggi trova normale un siffatto atteggiamento di polizia e carabinieri nostrani. Anzi: le disposizioni sono sue o dei suoi amici.
A quando la Lubianka?

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