lunedì 18 aprile 2011

QUESTIONE DEMOCRATICA ED EUROPA.


Come ho avuto modo di sostenere a più riprese in questo blog, la questione democratica è sempre più all'ordine del giorno. Si configura sempre più come conflitto interno ai poteri dello stato, come delegittimazione della sovranità popolare con la legge elettorale che priva di preferenze sui candidati i cittadini, come bipolarismo che anichilisce ogni pluralismo che provenga dalla società civile, infine come pervasione della vita politica di un populismo reazionario di stampo criminale e razzista, con alla testa un boss che se non ha la maggioranza, ricatta e compra i deputati. Con un Parlamento ridotto a un mercato delle vacche. Berlusconi compra gli "onorevoli" e attacca frontalmente la magistratura, uno dei poteri dello Stato, e ogni protesta sociale civile o fortemente conflittuale, si scontra con un muro di gomma, mentre le opposizioni poco o nulla fanno di fronte a una situazione che scivola tragicamente verso lo stravolgimento del nostro sistema politico e costituzionale. L'approvazione del processo breve è solo un ultimo dei tanti passaggi politici. In un paese civile e democratico, un premier con così tanti procedimenti penali in corso, con accuse infamanti come lo sfruttamento della prostituzione, la corruzione, non saebbe rimasto al suo posto cinque minuti di più. Ma in Italia ormai sono saltati i limiti della decenza e i poteri forti di appartenenza pitreista e mafiosa, si concentrano attorno al premier per far saltare il banco della democrazia e invadere il paese con la logica del puro arbitrio dei potenti. E' il concetto stesso di citoyen per come si è configurato dalla rivoluzione francese in poi, che viene rottamato. E la Repubblica Italiana diviene territorio dichiaratamente in balia alle forze sociali dominanti, alle cricche e ai comitati d'affari più sordidi. Ecco lo scenario attuale, a cui si aggiunge la strada obbligata per restare in Europa, che chi governerà nei prossimi anni deve far percorrere agli italiani: ridurre il debito pubblico con misure di tagli alla spesa che provocheranno rivolte sociali, perché sulla spesa pubblica ci campano milioni di famiglie. Solo un regime che va al di là del consenso espresso elettoralmente può varare misure così impopolari. Questa è la posta in gioco, in un Europa che si è rivelata poco solidale con i paesi in crisi, e con i migranti che vengono, come dice giustamente il cardinale Tettamanzi, a condividere il benessere che l'occidente stesso ha "grazie" alle rapine su queti popoli. Vien quasi da pensare che neppure l'opposizione ha tanta voglia di prendere tra le mani questa patata bollente e che la situazione va sempre più imputridendo proprio anche per questo. Europa o non Europa, la questione democratica e la questione del lavoro, arriveranno nei prossimi mesi a un conflitto sociale di vasta portata, a cui le forze di regime possono rispondere con violenza e con la soppressione di diritti fondamentali. Ci sono tutte le condizioni. Più in generale, l'Italia, porta d'accesso dell'area sud del Mediterraneo, incarnerà per prima l'epoca in cui le contraddizioni di classe, sociali, salteranno anche nei paesi dell'Eurozona. Anche in questo senso va letta la reazione francese alla politica italiana sui migranti. Un pretesto elettorale di Sarkozy, certo, ma anche qualcosa di più. E' dall'Italia che l'Europa inizierà a franare. Sin'ora, paesi periferici come Grecia, Irlanda e Portogallo, hanno solo portato una pressione economica di cui farsi carico come comunità europea, ma nulla di più. Anche le tensioni sociali greche sono state ricondotte a problema di ordine pubblico in un contesto ancora troppo poco omogeno per crisi sociale internazionale. Non sarà così per l'Italia. Già nel Nord Europa sono in atto risposte anti-europee, come in Finlandia, dove ha vinto la destra e ha fatto un balzo il partito di estrema destra "Veri finlandesi". E già la comunità trema per la rottura dell'unanimità per l'appoggio al Portogallo. Il preludio di una frantumazione di cui non conosco i tempi, ma di cui vedo già ben chiara la tendenza. E' in Italia che le forze democratiche e di sinistra devono assumersi in via obbligatoria e non più rinviabile, la responsabilità di gestire il conflitto politico verso la sconfitta dele forze reazionarie delle destre, anticostituzionali ed eversive nei fatti. Una lotta senza quartiere per la democrazia e per uscire dalla crisi con una ricetta diversa da quella che ci vuole far assumere la cricca delle banche centrali europee. Paradossalmente il migliore europeismo è proprio questo. Non l'Europa delle banche, ma l'Europa dell'emancipazione sociale e del lavoro, delle tasse sui redditi parassitari e sulle speculazioni e della redistribuzione della ricchezza sociale e di risorse a favore di cittadini e imprese.

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