venerdì 14 ottobre 2011

15 OTTOBRE 2011: SI APRE UNA LOTTA EPOCALE!

Siamo alla vigilia di una giornata mondiale che sicuramente cambierà il corso della storia. In decine di città in tutto il pianeta, tanta gente scende in piazza, o rafforza e prosegue la mobilitazione contro i signori della rapina finanziaria, contro i governi che la sostengono, per dire basta, il debito pubblico lo paghino coloro che l'hanno provocato.

Non è una delle solite manifestazioni, internazionali come avevamo visto ai tempi della guerra all'Irak o all'Afghanistan. Stavolta nella coscienza civile dei popoli, delle cittadinanze, c'è la consapevolezza che questa è la madre di tutte le battaglie, che decide del futuro di queste e delle prossime generazioni, che non è possibile lasciare le nostre vite, il bene comune, le risorse del pianeta, la vita civile, il lavoro, l'attività umana per come l'abbiamo conosciuta sino ad oggi nelle fauci voraci di un capitalismo finanziario che non conosce altra legge che quelle del profitto fine a se stesso. Un mostro che ci sta distruggendo il futuro.

Una verità elementare che hanno compreso le sinistre radicali di sempre, certo, ma che si va diffondendo velocemente anche la gente comune, cattolica o buddista, o priva di ideologie, di ogni estrazione sociale e culturale, atea o religiosa. Questo è il dato nuovo. La gente comune delle società del capitalismo avanzato, parti consistenti delle opinioni pubbliche che sino ad oggi hanno garantito il consenso nelle società di mercato più avanzate, coloro che sono stati sempre definiti "consumatori", hanno la forte percezione di essere dentro una spirale che porta alla fine della civiltà umana, della convivenza sociale e civile, al declino dell'Occidente capitalistico, delle democrazie liberali. Una fine che avviene nel completo inattivismo e nella complicità delle forze politiche che da destra come da sinistra hanno governato questo consenso, questa convivenza. Una fine sancita da un patto sociale ormai sgretolato.
Tutto questo ormai è chiaro a moltissimi cittadini, operai o impiegati, negozianti o artigiani, parasubordinati e studenti, mentre le condizioni barbare, selvagge dello sfruttamento capitalistico "neocoloniale" di un colonialismo portato "in casa", del degrado da bidonville, dell'indigenza "africana", irrompono nelle società opulente, che diventano opulente ormai per sempre meno soggetti e categorie sociali.


Paradossalmente si pone all'ordine del giorno il cambiamento strutturale, dunque rivoluzionario della società attuale. L'alternativa è la barbarie, è la guerra per la spartizione di quello che resta delle risorse del pianeta, l'acqua, il petrolio, è la rapina a tutti i livelli ad opera di un capitalismo di derivazione anglosassone duro a morire, che ha molto meno da proporre come modello economico-sociale persino di una galera a cielo aperto come la Cina.

Non se ne vogliono andare. E nel loro delirio di onnipotenza, l'unica cosa che fanno è rastrellare capitali, profitti sempre più esigui a causa dell crisi economica di sovraproduzione di capitali e di merci, mantenere il controlo geopolitico di aree del mondo con la guerra. La guerra infatti è l'altra faccia della medaglia di questa politica monetarista di saccheggio della ricchezza sociale prodotta nei paesi, dalla popolazione, dai cittadini. Il controllo e l'accentramento finanziario, questa anarchia apparente che ha in realtà solidi registi nei cartelli dei maggiori operatori finanziari, ha bisogno del controllo militare dei punti caldi e strategici dl pianeta.

Ma la ruota sta girando, perché il dato nuovo è che il capitalismo, quello che anche i soggetti in lotta meno coscienti definiscono genericamente "questo sistema economico e finanziario", non è più in grado di gestire la società, la sua crisi è proprio la crisi del neoliberismo, della dittatura selvaggia del mercato.
Dopo la falsa onnipotenza liberale del keynesismo, spazzato via negli anni '80 con le politicheneoliberiste delle amministrazioni Reagan e Tatcher (e oggi impossibile), non c'è più nulla oltre al delirio delle borse, alle speculazioni coperte acriticamente ciclo finanziario dopo ciclo finanziario, dagli interventi statali.


La ruota sta girando perché le cittadinanze stanno pagando questa ferocia cieca del dominio telematico dei numeri e delle partite di conti, sradicata e avulsa dagli specifici contesti comunitari e nazionali, con una sempre più vasta e irreversibile impossibilità di sopravvivere. E queste condizioni empre più diffuse e implacabili creano coscienza critica embrionale, contrarietà viscerale a questa ingiustizia permanente, sistemica, portano a una prima ricerca anche solo impulsiva e compulsiva di uno sbocco a questa macelleria sociale. Creano antagonismo endemico, che può trasformarsi in qualcosa d'altro solo se cessano le condizioni di questo inferno.

Ecco perché domani è un giorno importante. Perché per la prima volta nel mondo risuonerà la narrazione irreversibile che dice: "da adesso in poi noi ci solleviamo". La mobilitazione permanente, magari con alti e bassi, ma costante e destinata a crescere.
Il 15 ottobre 2011 è il vero inizio di una rivoluzione sociale internazionale che non conosce ideologie, ma soprattutto che non riconosce più l'ideologia del profitto fine a se stesso. E' la morte della politica ufficiale, è l'avvento di una democrazia diretta, partecipata, plurale, ricca di storie soggettive e di aspirazioni collettive che ripartono dall'essere umano, dalle emozioni, dal diritto alla felicità, dalla sovranità sociale degli individui, al di là dei conti in banca, del danaro a strozzo, delle religioni, delle etnie, delle culture, delle sessualità, dei generi. E' l'io umano ricomposto nell'unico modo in cui può esserlo ontologicamente: un "noi" non più retoricamente strumentale all'egocentrismo del potere, ma condizione della ragione e dell'esistenza dell'umanità come entità sociale.

E' contropotere, non potere speculare al potere borghese imperialista. Per questo non servono dittature del proletariato (anche se il proletariato è parte centrale del processo), sarebbero controproducenti; e non sono opportune (e mai lo sono state) le egemonie di partito nella riproposizione della separatezza meccanica della politica dal popolo, ancora una volta riproposta magari con una bandiera rossa a effige.

Non sono neppure vincenti guerre civili, scontri militari contro un regime borghese che epocalmente è assurto alla quintessenza del potere di distruzione di massa, di sparizione dell'umanità con i mezzi della guerra.
Sarà lunga, non sarà facile: abbiamo di fronte un nemico spietato, ma il campo di battaglia, lo spazio vitale è il medesimo tra noi e loro: i rapporti sociali, il territorio, i mezzi di produzione, la vita civile, la democrazia rappresentativa, ambiti in cui un movimento non violento ma determinato può infliggere colpi mortali ai profitti, al consenso, ai meccanismi di rappresentanza, alle elite borghesi e alle caste partitocratiche che sin'ora hanno governato con false democrazie.


E' la vera democrazia, l'autentica sovranità popolare che come convitato di pietra si affaccia in questo terzo millennio. Mai come oggi è chiaro a sempre più persone come democrazia e res oeconomica siano indissolubilmente collegate, anzi: siano un tutt'uno come questione dirimente la sopravvivenza della specie umana, del pianeta, non solo delle comunità sociali.
Proprio ora che i centri del potere finanziario, la troika BCE, FMI e Banca Centrale Europea o la Federal Reserve, dettano la politica economica ai paesi, rivelando il loro totalitarismo, che è la dittatura dei profitti e di chi li ottiene, questa verità è chiara come il sole del mattino a sempre più persone.


Il 15 ottobre allora, è un chiamarsi a battaglia di una comunità internazionale e civile, che inizia a riconoscersi come soggetto trasversale e molteplice, nelle diversità, ma con un unico denominatore comune: la fine della logica selvaggia del profitto per il profitto e l'avvento di una società con al centro le persone e la loro felicità, il loro benessere, con al centro i beni comuni, le ricchezze sociali e culturali prodotte dall'attività umana con l'ingegno, la passione e l'amore, una libera koinè con al centro le speranze, i desideri, i progetti degli individui e delle comunità e dei paesi, come diritti inalienabili.

Alla lotta!






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