lunedì 17 ottobre 2011

ESTREMISMO, MALATTIA INFANTILE DEL COMUNISMO.

Nulla di nuovo sotto il cielo. I rivoluzionari che si autorappresentano, che confondono l'avanguardia politica con le masse, il soggetto rivoluzionario con i movimenti e che quindi dimostrano incapacità nel relazionarsi con i movimenti stessi, si bastano a loro stessi in liturgie inconcludenti, ebbene questi sono affetti da estremismo.


Una malattia della sinistra rivoluzionaria e del movimento comunista già ben descritta da Lenin novant'anni fa e passa. E io che leninista lo sono sempre stato e lo resto, valuto i fatti di Roma con questi parametri.


Non stigmatizzo la violenza. La guerra è storicamente la prosecuzione della politica con mezzi violenti e la violenza politica può essere nelle sue forme di guerriglia urbana una delle pratiche di massa dei movimenti. Se la violenza viene adottata dalla grande borghesia attraverso gli apparati polizieschi dello stato e dall'imperialismo attraverso truppe di élite che con mezzi militari sofisticati aggrediscono le popolazioni civili e le guerriglie di mezzo pianeta, non vedo perché non la debbano adottare in date corcostanze storico-politiche la classe operaia e le masse popolari in generale, sotto la direzione delle avanguardie politiche.
È così per la lotta di liberazione del popolo palestinese e per tante altri focolai di lotta popolare nel mondo.

Ma detto questo, gli errori politici di alcuni spezzoni dei centri sociali che hanno attaccato in piena manifestazione banche, agenzie del lavoro e quant'altro sono sostanzialmente due, no proprio tattico-politico, l'altro strategico:
1. l'aver alzato lo scontro in un contesto che era fatto non di "compagni di strada" avvezzi all'autodifesa militante, ma di famiglie e attivisti pacifici, mettendo a rischio l'incolumità della stragrande maggioranza dei manifestanti. Ciò è avvenuto perché appunto non c'è alcuna intenzione da parte di questi di lavorare nel movimento, ma solo di autocelebrarsi come duri e puri. Sono altro e lo si può ben desumere qui. Hanno sancito così la loro esternità al movimento stesso, proprio nella loro autorefernzialità che non riconosce diversità, una pluralità che è inevitabile in ogni ambito di autoragnizzazione e di movimento e che ne costituisce la ricchezza peculiare e non l'oggetto di polemiche di "parrocchia". Si sono posti o come rappresentanti di una frustrazione esistenziale fine a se stessa o come avanguardie senza masse, come componente minoritaria che rimette in scena in modo frusto e acritico, stupido e anacronistico quelle radicalità di prassi e autorganizzazione che avevano un senso politico negli anni '70, ma che oggi sono del tutto improponibili; e qui veniamo alla questione strategica.
2. Riusciremo a fare avanzare questo movimento globale, che interessa ormai paesi in via di sviluppo, come paesi a capitalismo avanzato, solo se lavoreremo allo sviluppo di forme di democrazia sociale, diretta, di partecipazione popolare dal basso di tutte la parti più mature delle classi popolari colpite dalla politica monetarista e dal capitalismo selvaggio dei banchieri e del grande capitale. Questo è il compito dei comunisti: arrivare a Piazza San Giovanni per costituire come a Madrid e a New York un presidio permanente, una mobiltazione permanente che si estenda a tutte le città. Le forme di lotta sono un di cui. Non trascurabile, poiché la vittoria politica non è legata a uno scontro militare contro gli apparati del regime borghese, ma a una conflittualità diffusa e a un movimento di massa vasta che rompe gli argini della "pace sociale" e sconvolge le istituzioni stesse dell'autoritarismo imperante. E' un vasta lotta democratica, non un "abbattimento dello stato borghese".

Per queste ragioni le pratiche di guerriglia messe in campo da spezzoni di centri sociali e gruppi di dubbia provenienza, sono esattamente l'opposto di ciò che deve essere e fare questo movimento. Nei contenuti e nelle forme.
Nella realtà dei fatti, questi "guerriglieri" hanno fatto il gioco della polizia, quindi del governo e della casta partitocratica, del potere bipartisan che dicono tanto di voler combattere. Tutti questi signori di regime avevano paura di un presidio permanente e della sua estensione in altre realtà terittoriali del paese. Pertanto, al di là delle estrenazioni criminalizzatrici di facciata, hanno visto questo fallimento del corteo con estremo sollievo.
Bersani, Vendola e soci potranno così dividere i "buoni" dai "cattivi" e sostenere che solo un'opposizione ragionevole, tutta interna al verminaio istituzionale e partitico che sostiene le politiche dittatoriali della troika finanziaria europea, può raccogliere questa domanda sociale di cambiamento.

Un bel servizio fatto al falso riformismo della pseudo-opposizione, contro una reale autonomia operaia e di classe. Complimenti.

(PS.: nella foto, automobili in fiamme, che potevano essere di chiunque: anche di un operaio...)

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