venerdì 21 ottobre 2011

LE TRE OPZIONI.


Sui fatti del 15 ottobre si può stare a discutere quanto si vuole, ma il punto è che la sinistra radicale italiana, quella che contrasta il sistema capitalistico e che idealmente aspira a una società socialista , al comunismo, vede in campo oggi tre opzioni.
Può sembrare una riduzione, uno schematismo, ma la questione, secondo me, sta così:

A. la prima opzione è quella che si colloca dentro il centro sinistra e che considera indispensabile un'alleanza con forze politiche come il PD e l'IdV, che si riconosce nelle primarie del centro-sinistra e che si limita a influenzare quella che è una linea politica dominante di questo assetto, del tutto interno alle logiche e alle ragioni dei centri di potere finanziario e capitalistico; io la definirei la falsa opzione; dentro questa opzione ci sono SEL, i Verdi, i Comunisti Italiani, la sinistra sindacale CGIL con la FIOM e in larga misura Rifondazione Comunista, che sta con un piede in due scarpe, la sua crisi, la sua scissione e la sua emorragia di militanti degli scorsi anni è stata data proprio dalla sua incapacità di costruire un soggetto esterno a questa palude ambigua, a questo contesto che serve solo a riprodurre segreterie e un ceto politico burocratico, cianciando di rivoluzioni e lotte operaie

B. la seconda opzione, la più estrema, rappresenta solo se stessa, non si pone il problema di comunicare a tutta la classe e riproduce liturgie e vecchie pratiche autoreferenziali; ha preso il peggio dell'esperienza degli anni '70: non la violenza come molti cianciano ripetendo il disco vendita dei media di regime, ma l'autoghettizzazione riguardo il resto dei movimenti e delle realtà sociali e sindacali, il volere sovrastarli senza alcuna dialettica che non sia quella della totale mancanza di riconoscimento delle altre soggettività, un'autorappresentazione di se stessi e basta, quell'estremismo tanto combattuto da Lenin e dai comunisti in genere, che non solo non porta da nessuna parte ma riduce la conflittualità a uno scontro militare, a una guerriglia permanente, al di là delle fasi e dei contesti; in questa opzione ci sono le teste pensanti che hanno preparato i fatti del 15 ottobre, interni a quell'area eterogenea e tutto sommato poco definibile dei centri sociali;

C. le terza opzione è quella di chi si pone il problema di ricostruire una sinistra anti-capitalistica nel movimento operaio e sindacale, nei movimenti in generale, che tiene ferma la barra del timone verso un'alternativa politico-sociale al capitalismo, verso una rivoluzione comunista e che lavora ogni giorno per costruire il soggetto politico dentro la classe; che ha capito che fare le mosche cocchiere del PD è controproducente, e che si tratta semmai di fare leva sulle contraddizioni interne al centro-sinistra, inevitabili con lo sviluppo della crisi, del disagio e della macelleria sociale, poiché PD, IdV e centro moderato rappresentano (non solo politicamente, ma per costituzione, ontologicamente) l'alternativa filocapitalistica al terzo polo e alla destra reazionaria berlusconiana, non certo un'alternativa popolare per i settori sociali subalterni, quindi è qui che casca l'asino e che cascherà sempre di più; in questo ambito si muovono una miriade di forze comuniste, le USB, i COBAS, Sinistra Critica, ma soprattutto il meglio che sta emergendo dai movimenti, in un dibattito disorganico che tuttavia attraversa tutta la sinistra radicale, comprese parti della FIOM e della sinistra CGIL, compagni di Rifondazione e dei Comunisti Italiani inclusi.

È a questa terza opzione alla quale occorre guardare e sulla quale è necessario lavorare con metodo. L'unità dei comunisti deve diventare un appello vero, forte, ma soprattutto trasversale a tutte le realtà che sono in lotta. Quindi, nel lavoro politico, di massa, la costruzione di un fronte unitario anti-capitalistico deve essere all'ordine del giorno non oggi... ieri. Un fronte ampio che comprenda realtà di movimento non necessariamente comuniste, ma comunque in lotta anche solo su terreni specifici, contro i vari aspetti della politica neoliberista dei governi e delle false opposizioni.

Qui mi fermo, perché da dire ce ne sarebbe e non poco, su quali forme di organizzazione politica, su come intervenire per favorire autorganizzazione e democrazia diretta nelle realtà operaie e sociali in lotta, nei movimenti. Soprattutto su una piattaforma unitaria, su un progetto politico in grado di aggregare parti importanti della società italiana. Aspetti che non sono conseguenti all'intenzione di costituire un percorso unitario dei comunisti, ma una doverosa e urgente premessa.

Un'ultima cosa. Al di là di ogni scimmiottamento estemporaneo, che da farsa può trasformarsi in tragedia, non certo in processo rivoluzionario, il vero cuore dell'esperienza e della teoria politica dell'operaismo e dell'Autonomia Operaia, può vivere solo dentro un processo concreto di autorganizzazione della classe, di crescita dell'autonomia di classe. Il contropotere è democrazia diretta nei luoghi di lavoro e nel territorio, è occupazione di spazi, è laboratorio permanente di esperienze di autorganizzazione, pratiche e forme organizzate che vanno estese a tutte le soggettività, a tutti i cittadini, a tutto il corpo sociale: quel famoso 99% di cui oggi si parla, al di là dei muri ideologici e religiosi. Questo progetto deve funzionare come altra e possibile società, come città futura.
Tutto l'opposto di un riconoscimento e un'internità acritici di una democrazia rappresentativa completamente svuotata delle sue funzioni e della reale partecipazione popolare, foglia di fico di un regime bipartisan che è diretta espressione ed emanazione della troika finanziaria europea e dei veri sovrani della società: i centri di potere del capitale finanziario. Ma anche del tutto diversa da un'ottusa e inconcludente autoreferenzialità.



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