martedì 29 dicembre 2009

LA BAGARRE BARESE.

Le "truppe vendoliane" avrebbero mandato a monte una superdemocratica assemblea del PD, che doveva decidere la candidatura a governatore della Puglia a Michele Emiliano, sindaco di Bari, non certo Emiliano come Zapata, ma portatore del progetto della segreteria nazionale del PD di alleanza con i clericali centristi del'UDC, di mandare a culo l'esperienza della primavera pugliese, dopo che gli scandali alla sanità avevano visti coinvolti proprio esponenti del PD stesso (sic!).
Nel "cuore della patria" di D'Alema, questo e altro. Ma prima di dare valutazioni sull'accaduto e sul contesto, suggerisco, quando si ha un po' di tempo di ascoltare il lucido resoconto di Marco Travaglio sul personaggio D'Alema e sul dalemismo che da anni affligge la politica di quella che sulla carta dovrebbe essere la maggioranza dell'opposizione alle destre, il partito riformista italiano per eccellenza: prima i DS e poi il Pd:



CONSIDERAZIONE POLITICA.
In  realtà, dopo la politica veltroniana che ha trombato Prodi, che con la logica "corriamo da soli", ha portato al suicidio il centro-sinistra e all'avvento del regime berlusconiano piduista e mafioso, questi proseguono con il dalemismo: il corriamo da soli, che poi significa "non con la sinistra radicale", diventa ce ne fottiamo dell'esperienza positiva del governo della Regione Puglia, anzi ce ne approfittiamo della medesima, per coalizzarci con l'UDC e l'IDV (che nonostante gli sbraiti dipietristi sempre partito tendente al centro è...) e sceglierci un altro candidato. Emiliano appunto. L'esito è scontato: con la sinistra spaccata, una disfatta sicura alle elezioni. Ma al dalemismo frega meno di nulla, lo si è già visto con il meno dalemiano Veltroni. Evidentemente contano altri aspetti. Chi fa inciuci con Berlusconi, chi lo ha tenuto in piedi, lui e le sue reti televisive (vedi il discorso rivelatore del risentito Violante al Parlamento) in tutti questi anni, è più legato ai vari comitati d'affari e contesti di scambio di cariche, finanziamenti, e merda varia, che all'impegno democratico e civile di costruire un'alternativa politica, economica e sociale seria alla destra reazionaria.

CONSIDERAZIONE DI METODO DEMOCRATICO.
Ancora una volta, dibattito tra iscritti Pd, condivisione con la base uguale a zero. Le primarie si fanno solo quando ci sono unanimismi bulgari. In realtà al comunismo reale dei vari tromboni ex-PCI è sovravvissuto solo il "centralismo democratico", ovvero: l'esercizio della democrazia nel partito si ferma dentro le stanze della segreteria.
Le "truppe cammellate vendoliane", erano in realtà molto composite: contavano anche molti iscritti del Pd e i Giovani Democratici. Se la situazione fosse stata qualsiasi altra, la ratificazione venuta dal diktat di segreteria, l'assembleona passacarte, sarebbe stata normale, come sempre. In gioco però c'era una delle poche esperienze politiche positive che il nostro paese abbia avuto negli ultimi anni (guarda caso con protagonista anche la vituperata "sinistra radicale"), un'esperienza toccata con mano dalla gente, vissuta con il cuore e la passione civile, la testa, il tempo dedicato, da parte di migliaia di militanti, dal popolo di sinistra pugliese. Quindi non poteva non esserci che questo esito. La colpa? Interamente del gruppo dirigente romano del Pd e del suo dalemismo, ratificato poche settimane fa dall'elezione di Bersani. E degli esimi tirapiedi più o meno periferici, che in Puglia o altrove ci sono da sempre. Centri di clientelismo e nepotismo dentro la pubblica amministrazione e terreno naturale, quindi fecondo proprio di malversazioni e corruttele (e torniamo a quello della sanità pugliese).

CHE ALTRO DIRE?
Che la pratica dell"invasione di campo" in questi consessi di falsa democrazia, dovrebbe divenire pratica comune e costante in ogni situazione locale. Da parte di iscritti scontenti e non interpellati del Pd e da parte della sinistra tutta. Perché se i vertici del Pd si arrogano una linea politica inciuciara e non condivisa con tutto il partito, lo fa sulla pelle di tutti: anche di chi del Pd non è, ma è di sinistra, è un lavoratore in cassa integrazione, una famiglia che perde la casa, un migrante a cui scade il permesso di soggiorno, o che viene messo in un centro-lager di prima e seconda e terza e quarta e quinta e sesta accoglienza. Occorre iniziare da qui, dai contesti a noi più vicini, perché un contesto di destra, clerico-UDC o P2dL sai cos'è: è qualcosa d'altro. Il pericolo per la costruzione di una realtà politica di sinistra e democratica, pluralista ed espressione delle classi popolari e dei movimenti di lotta, viene da chi ha la pretesa di rappresentare la sinistra e azzera, annulla, non considera tutto quello che si muove alla sua sinistra. Il Pd non è più un partito di classe (anzi sì: delle altre classi, quelle a cui sono legate le burocrazie di stato e parastato per fare un esempio...), non è un partito dei lavoratori, non è un partito laico. Che cazzo è? Ricordiamoglielo un po' più spesso che questi signori hanno un debito politico e morale con milioni di cittadini che vorrebbero una vera alternativa. Ricordiamoglielo irrompendo a vox populi nei loro teatrini dei pupi, rompendo le uova nel paniere dalemiano.

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