lunedì 21 dicembre 2009

MA IL PD CHE CAZZO FA?


Non è un qualche "esagitato di estrema sinistra" a sostenerlo. E' Eugenio Scalfari da La Repubblica di domenica: "Il centro dello scontro l' ha indicato Verdini, sarà sullo smantellamento della Costituzione. Sul passaggio dallo Stato di diritto allo Stato autoritario."
Scalfari giunge a questa conclusione riprendendo le parole di uno dei colonnelli di Berlusconi:  "...smontare la Costituzione e adeguarla alla Costituzione materiale; cambiare il sistema di elezione del Csm e quello della Corte costituzionale; riformare la giustizia separando le carriere dei magistrati inquirenti da quelle dei giudicanti; concentrare nella figura del premier tutti i poteri dell' Esecutivo e sancire che tutti gli altri poteri siano tenuti a collaborare lealmente con lui perché lui solo è l' eletto del popolo e quindi investito della sovranità che dal popolo emana."
Un programma da colpo di stato, effettivo o strisciante, o a puntate che sia. E allora qui si pone un problema: ma che razza di opposizione abbiamo con il PD? Non è Di Pietro a essere estremista. E' la dirigenza dei Democratici a non praticare un'opposizione forte, adeguata ai pericoli seri che sta correndo la democrazia in Italia. La dirigenza PD raccoglie la palla di Berlusconi e gioca di rimessa. Si rapporta con lo sfascista delle istituzioni come se fosse elemento di una destra democratica e moderna, come ce ne sono in Europa. Gioca una partita di calcio con le regole di una partita di calcio, mentre dall'altra parte ci sono avversari con tirapugni, mazze e coltelli.
Uno dei suoi esponenti di punta, Massimo D'Alema, gioca agli inciuci, con la malafede o la miopia politica di chi pensa dii trarre vantaggio da chissà quale compromesso o contropartita. Non sfasci il sistema giuridico con leggi sul processo breve e noi cosa gli concediamo? La repubblica presidenziale?
A questo punto i casi sono due: o la dirigenza del PD sottovaluta l'enorme gravità per il sistema democratico del governo Berlusconi, o cinicamente accetta questo sfascio costituzionale per inserirsi quale parte attiva di una democrazia plebiscitaria e autoritaria.
Il secondo caso bene fotograferebbe lo stato del PD come partito che rappresenta comunque interessi di potere, consorterie che non possono rinunciare alle proprie posizioni nella geografia del potere politico, statale, industriale e finanziario. E sicuramente D'Alema bene incarna l'anima spregiudicata del PD.
L'analisi di Scalfari nell'editoriale di ieri non fa una grinza: "Berlusconi chiede: la legge sul legittimo impedimento come strumento-ponte che lo metta al riparo fino al lodo Alfano attuato con legge costituzionale; rottura immediata tra Pd e Di Pietro; riforme costituzionali e istituzionali secondo lo schema Verdini. In contropartita Berlusconi promette di parcheggiare su un binario morto la legge sul processo breve e di "riconoscere" il Pd come la sola forma di opposizione. Va aggiunto che Berlusconi non pretende che il Pd voti a favore della legge sul legittimo impedimento; vuole soltanto che essa non sia considerata dal Pd come un ostacolo all' accordo sulle riforme. Vi sembra un disarmo bilaterale? Chiaramente non lo è. Chiaramente sarebbe un inciucio di pessimo odore. In una Repubblica parlamentare il dialogo si svolge quotidianamente in Parlamento. Le forze politiche presentano progetti di legge, il governo presenta i propri, il Capo dello Stato vigila sulla loro costituzionalità, i presidenti delle Camere sulla ricevibilità di procedure ed emendamenti nonché sul calendario dei lavori badando che anche i progetti di legge formulati dall' opposizione approdino all' esame parlamentare. Non si tratta dunque di un dialogo al riparo di occhi indiscreti ma d' un confronto aperto e pubblico, con tanto di verbalizzazione. Quanto alla richiesta politica di rompere con Di Pietro, non può essere una condizione in vista di una legittimazione di cui il Pd non ha alcun bisogno e che la maggioranza non ha alcun titolo ad offrire. Come risponderebbe Berlusconi se Bersani gli chiedesse di rompere con la Lega? Che non è meno indigesta di Di Pietro ad un palato democraticamente sensibile ed anzi lo è ancora di più? La conclusione non può dunque essere che l' appuntamento in Parlamento. Il punto sensibile è l' assalto alla Costituzione repubblicana."
Un assalto dichiarato, che oggi non ha alcun argine politico. La gente va in piazza spontaneamente, come lo scorso 5 dicembre. E il PD dov'è?

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