giovedì 17 dicembre 2009

LA REALTA' DEL PAESE: E' CHE SI VA VERSO L'AUTORITARISMO


La realtà del paese è quella di milioni di famiglie che non arrivano alla fine del mese e fanno fatica o non riescono a pagare l'affitto. A Bologna, per Natale sono in arrivo tremila sfratti. Le aziende che chiudono, piccole, medie in primo luogo, ma anche grandi, non si contano più. Milioni senza lavoro, con la cassa integrazione che sta finendo. Il rischio di una bancarotta dello Stato, sulla strada dello stato greco, è sempre più concreto.
La realtà del paese è questa, mentre piovono souvenir sulla faccia del cavaliere e il clima da rissa si sta trasformando in un un gioco al massacro. Ci sono tutti gli elementi per una stretta autoritaria che azzeri ogni forma di opposizione. E' dell'altro giorno la dichiarazione del coordinatore dei giovani berlusconiani di Treviso, che reclama (cito): "Una legge per abolire Rifondazione e l'Italia dei Valori".

Quello che però tutti si dimenticano è che le democrazie occidentali si reggono su una classe media maggioritaria, che alimenta con il consenso i ceti economico-finanziari e quelli politico-burocratici che detengono il potere effettivo, il tutto basato su un patto sociale con le principali associazioni sindacali, che bene o male rappresentano milioni di lavoratori del pubblico impiego e del privato. Burocrazie e banche, capitale e corporazioni, che regolano con i media e nelle istitiuzioni le relazioni sociali, economiche e così via.
Ma il problema oggi, è che la classe media e le classi più popolari si stanno precarizzando in una caduta verticale di potere d'acquisto, in sempre meno capacità di consumo e di risparmio, in aumento del debito pro famiglia. Tutto questo alla faccia della teoria dei "due terzi" dei vari economisti "riformisti". I due terzi oggi sono cittadini che non ce la fanno più.
Ecco perché, venendo meno le condizioni economiche tipiche dei patti sociali che hanno caratterizzato il dopoguerra e il resto del Novecento nei paesi dell'occidente capitalistico, viene meno anche la soglia di democrazia, pur condizionata dai gruppi finanziari chi detengono il controllo dei media, che regolava la vita politica e sociale del paese. A questo si aggiunge una tara tutta interna al sistema politico italiano: i mai sopiti germi, o tendenze alla cancrena autoritaria, che ci trasciniamo dietro dal fascismo e da ancor prima.
Queste condizioni portano l'Italia a una situazione esplosiva.

In condizioni normali, una classe dirigente è in grado di ricambiarsi secondo una dialettica democratica. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti, dove la politica neocom neoliberista, petroliera e guerrafondaia di Bush, fallimentare su tutti i fronti, ha dato vita a una controtendenza rappresentata da Obama. Pur con tutti i limiti.
In Italia questo è possibile, ma molto difficile, a ben guardare lo scenario che si sta prefigurando.

Di Pietro non ha la statura di un Giacomo Matteotti. L'opposizione non ha la cifra dei partiti socialista, comunista, dei popolari degli anni '20, all'inizio del fascismo. E la Repubblica non è l'Avanti di quegli anni. Ma il linciaggio a cui sono sottoposti, il clima di caccia alle streghe, dovrebbe portare la sinistra e quella parte di centro legato ai valori della Costituzione repubblicana, a gestire questa situazione di eccezionalità con più coesione. Senza quei distinguo "pro domo mea" che caratterizzano le politiche ambigue e inciuciste del PD, tanto per fare un esempio. Un'opposizione ferma, democratica, civile, che non ripeta gli errori degli anni della strategia golpista e della tensione. Ossia: il PCI ebbe una grave responsabilità nel lasciare che forze politiche alla sua sinistra intraprendessero cammini suicidi, fino al terrorismo. Finché non si riconoscerà che il brigatismo è figlio degenere di un'epoca storica della sinistra, questi errori possono essere ripetuti.
Oggi manca la forza di coesione di una forza unitaria socialista, comunista, della sinistra, in grado di intercettare i conflitti sociali, operai, dei lavoratori, del mondo del precariato e dei migranti, delle identità attaccate nei diritti (gay per esempio). Di riassumere e rappresentare dentro e fuori le istituzioni quanto si muove nel paese, la larga opinione laica e di sinistra che oggi non ha sponde e si autorappresenta da sé senza politiche e strategie di lungo respiro.
Ancora non si è capito che la questione democratica, intrecciata a quella morale, è la quistione (per dirla alla Gramsci, ma con i concetti di Berlinguer) fondamentale in questa tragica fase politica.
L'autoritarismo è dietro l'angolo. Qualcuno faccia qualcosa per evitarlo, please.


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