domenica 13 dicembre 2009

RIPRENDERSI LA PIAZZA E LA MEMORIA





I manifestanti si riprendono la piazza. Come è giusto che sia. Cosa c'entrano la Moratti, Formigoni, la generazione politica che non ha voluto andare a fondo a queste cose, che ha accettato, che ha confuso, che ha coperto? Dobbiamo riprenderci le piazze, il diritto a manifestare la nostra rabbia. Dobbiamo ripercorrere il filo della memoria che ci lega al nostro passato. Perché il passato è la chiave di lettura del presente. Il rischio nel '69 era un colpo di stato come quello dei colonnelli greci, come quello cileno. Un golpe che aveva bene descritto in un pamphlet (credo s'intitolasse "Strategia del colpo di stato") uno dei sommi teorici del golpismo, uno che oggi strapagano e che fa l'ospite fisso come opinionista e stratega nelle trasmissioni televisive, commentando le mappe di Vespa, ogni volta che la NATO e gli USA operano come "polizia internazionale". Il suo nome è Edward Luttwak. Quel signore sa tante cose, era una think tank del Centro Studi Strategici negli USA, un riferimento per la C.I.A. Ha descritto in modo minuzioso come condizionare la politica di un paese come l'Italia (lo prendeva d'esempio), disattivare i sindacati, impadronirsi dei media (ma guarda un po'!). Un piano fatto di bombe e squadrismo fascista e poliziesco, descritto con altrettanta maestria da Licio Gelli, il gran maestro della loggia massonica segreta P2, alla quale appartenevano militari, politici di governo, giornalisti. Una modalità sperimentata in Argentina, con il colpo di stato dei generali Videla e Massera, nel quale la filiale argentina della P2, la Loggia Pro Patria ebbe un ruolo fondamentale. 
Anche nell'Italia degli anni '60 e '70 ci sarebbe stata una politica di sterminio degli oppositori, di torture, di desaparecidos. Successivamente questo non sarebbe stato più possibile, con la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda. Ce l'hanno risparmiata perché l'establishment d'oltreoceano a quel punto non l'avrebbe permesso. Non certo per filantropia: lo sviluppo dell'Europa comunitaria, il mutamento degli equilibri internazionali, presupponevano altri scenari.
Ma nel '69, queste furono le premesse e l'humus politico in cui nacque la strage di Piazza Fontana. I fascisti Freda, Ventura e soci, furono solo manovalanza. Ma ci sono alte cariche dello stato, ci sono uomini dei servizi che sono implicati, questo lo si sa.  E nulla di tutto questo è diventato verità storica e politica. Dopo quella strage è rimasto un buco nero per decenni. Un buco che c'è tutt'ora e che ha fagocitato tutte le stragi successive, le connivenze tra mafia e politica, tra governanti e corpi occulti dentro lo stato. Chi doveva pagare non solo non ha pagato. I mandanti sono rimasti impuniti e hanno completato l'opera nel corso degli anni, facendo nascere un partito dalle ceneri della P2: Forza Italia. Basta solo guardare a che razza di repubblica delle banane siamo diventati, al di là delle foglie di fico che tira fuori Napolitano. Per l'Italia, il piano di "rinascita democratica" di Gelli in alcuni punti (conquista dei media e spicconamento della Costituzione) sembra la copia carbone dell'ascesa di Forza Italia e della sua politica. 
Solo con la forza popolare, civile democratica, non violenta ma che si autodifende, che ritorna nelle piazze, che occupa i luoghi del potere che sulla carta sono nostri, di noi cittadini, sarà possibile portare il paese a una normale situazione di democrazia. Non dobbiamo più essere disposti ad accettare. Ad accettare il potere delle mafie, il potere della grande industria e del capitale finanziario responsabili dell'impoverimento del paese con le loro speculazioni. Ad accettare la svendita delle risorse e del bene pubblico come l'acqua a privati rapaci.
Arriverà il giorno in cui tutti questi conti verranno saldati. Con la galera per chi ha cospirato, per chi ha trasformato l'Italia in un paese di conquista per la criminalità organizzata, per chi l'ha trasformata in una pattumiera inquinata, per chi ha stravolto le regole del mercato del lavoro a uso e consumo del profitto e della speculazione più bieche. Verrà questo momento, stiamone certi. Verrà.

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