sabato 26 marzo 2011

LE QUESTIONI SUL TAPPETO.


Cessate il fuoco e osservatori internazionali sul posto. Iniziative e pressioni per mettere attorno a un tavolo le parti. Queste sarebbero state le cose da fare sulla crisi libica, se non avessimo avuto una Francia alla ricerca di un protagonismo e di un controllo nel sud del Mediterraneo e il resto dell'Europa o complice o inerte o pilatesca.

Un'unità europea e una politica conseguente a livello internazionale che non esistono. Esiste solo l'Europa del monetarismo, che sostiene le politiche finanziarie di attacco alla spesa sociale e di sostegno ai potentati bancari e finanziari.
Esiste l'Europa di socialdemocrazie compromesse con questa politica, incapaci di un'iniziativa per il rilancio di politiche sociali a favore del lavoro e dell'economia reale: quella di chi produce e fa commercio di beni materiali, quelli che nutrono i cittadini, che creano case, infrastrutture, che valorizzano la cultura nei più diversi ambiti, e non l'economia immateriale che crea crisi dal nulla, da problematiche finanziarie e non dalla ricchezza reale e dall'attività concreta di un paese.

In Italia poi, la questione è ancora più drammatica. Interi pezzi del paese, di comparti economici sono nelle mani delle mafie e della criminalità organizzata. Il sistema sanitario lombardo è pieno di collusi con la 'ndrangheta, l'economia napoletana è controllata dai racket della camorra, dalla gestione dei rifiuti al pane, con il controllo criminale dei canali distributivi e una produzione di beni scadenti, senza controllo. Inquinamento (in certe zone sono aumentate le malformazioni ai feti), cibi avariati, ma il PD con le sue primarie pilotate dalla camorra non fa bella figura.

E proprio il PD si dimostra ancora una volta forza di alternanza a un regime asservito alle politiche di potenza, che calpesta l'art.11 e sostiene la guerra. Fu D'Alema, durante il suo governo, a coniare il termine di "missioni umanitarie" nel 1999. E da allora si è visto un Kossovo in mano a governi criminali con trafficanti d'orrgani umani, migliaia di vittime postbelliche da uranio impoverito e dobbiamo sentire ancora un Veltroni vantarsi da Santoro per i "successi" di quella missione.
Un partito per nulla pacifista, con mille ambiguità: dalla questione del lavoro (Fassino, Renzi e Chiamparino con la Fiat e non con la FIOM), al nucleare (c'è una componente nuclearista), all'acqua (Bersani sostiene la privatizzazione).

Le questioni sul tappeto, alla fine sono proprio queste. E a parte la sinistra radicale, i movimenti, che pure ci sono, non hanno una sponda istituzionale.
Il problema dunque non è quello di rifondare un essere comunisti. Sì, questo è un aspetto importante. La questione vera però è quella di rifondare la politica di fronte a un autoritarismo che si manifesta con un monopolio bipartisan dei media da Mediaset alla Rai lottizzata, con i comitati d'affari presenti in tutti partiti sino al PD che orientano le politiche antipopolari, le politiche di guerra, di appropriazione e gestione provatistica se non criminale del bene comune come l'acqua.

Non mi interessa avere ragione sulla questione di una prospettiva economico-sociale comunista. Mi interessa che anche soggettività e cittadini che si richiamano a un autentico socialismo e liberalismo possano tornare alla politica su principi condivisi. Lo si è visto che senza questi principi che ci dicono che la guerra non è mai uno strumento per dirimere i conflitti tra nazioni e popoli, che non si può cedere alla criminalità, che non si può consegnare il futuro dei lavoratori e dei giovani al solo punto di vista del capitale industriale e finanaziario, non esiste una morale politica.

E tutte le vacche in questa notte della ragione diventano nere. Dal piduismo berlusconiano al consociativismo (nei fatti) osceno del Pd.

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