venerdì 11 febbraio 2011

E' CADUTO GIU' L'ERNESTO!

Duri e puri hanno deciso: fuori da Rifondazione e dentro il PdCI di Diliberto. Ovviamente nel nome dell'unità dei comunisti e per la costruzione di un grande partito comunista. Che vive solo nella loro testa.
Sono i "compagni" de L'Ernesto, rivistina, in realtà corrente degli orfani dell'URSS, che oggi, alla ricerca di nuovi riferimenti (ne hanno un fottuto bisogno), definiscono paese socialista la Cina dello sfruttamento bestiale, quella dei dignitari di partito e dei capitalisti di Shanghai che volano a Ginza-Tokyo con i loro jet privati per comprare Prada e andare con le puttane delle soapland nipponiche. Quella della pena di morte e della censura sulle centinaia di milioni di sudditi di partito. Perché lo sostiene Castro.

Fa specie che questi strenui difensori dei diritti sindacali e democratici dei lavoratori italiani, non abbiano la stessa attenzione verso i minatori cinesi che crepano nel ventre di una Cina che deve svilupparsi inquinando e massacrando per i profitti dei nuovi ricchi di Pechino.

Ecco con chi abbiamo a che fare se parliamo di comunisti italiani. Non mi stupisce quindi se in Italia non esista una forza politica comunista e anticapitalista seria.
I problemi di Rifondazione Comunista sono stati e probabilmente resteranno le correnti interne. Questi grumi di antiche certezze senza basi materiali, che evidenziano l'incapacità di mettersi in discussione e in gioco.

Rifondazione è nata con questa tara: i soriniani, i falcemartello, i trotzkisti, gli ernesti. Mai soggetti pronti a mettersi in gioco, ma spezzoni di un residualismo autoreferenziale, che non ha nulla dell'intelligenza politica del PCI degli anni '30 (dopo lo svoltismo demenziale ben inteso), della Resistenza, del dopoguerra. E neppure di una sinistra eterodossa, operaista che tanto ha contributo nelle sue varianti a rileggere il marxismo rivoluzionario nelle nuove condizioni storico-politiche, economiche e sociali e a sviluppare forze politiche di rottura sociale negli anni '70 con i nuovi movimenti dell'autonomia di classe.

Rifondazione non ha mai potuto rinnovare seriamente una teoria e una prassi marxista, il pensiero comunista, il suo modo di essere in una società a capitalismo avanzato, in questa era contrassegnata dal neoliberismo e dalla globalizzazione capitalistica e dalla distruzione dell'ecosistema e delle risorse del pianeta. Non ha potuto a causa di tutto questo vecchiume. Quello che ha fregato
sin'ora Rifondazione Comunista sono state le correnti interne che l'hanno devastata. Più che correnti, spifferi patetici e ininfluenti sulla scena politica italiana. Ma per una piccola forza, soggettività incancrenite sufficienti per mantenerla zavorrata a un comunismo novecentesco, fatto di nostalgie formato t-shirt e di dichiarazioni velleitarie di un reale rinnovamento.

Ora appare tutto un po' più chiaro. Cosa ci si può aspettare da chi pensa che in Cina ci sia il socialismo? Da chi vive di miti del passato, da Trotzky alla rivoluzione cubana, senza prendere il meglio di queste esperienze, analizzare seriamente cosa non ha funzionato, il perché, e andare oltre?
Perché i soggetti autenticamente rinnovatori non hanno fatto piazza pulita di questi nostalgici di uno stalinismo senza Stalin, di un URSS senza Breznev, di una Cina senza diritti umani e civili? Per fare numero?

Questi campioni dell'entrismo e del fuoriuscitismo hanno appoggiato Ferrero all'ultimo congresso di RC per far fuori i bertinottiani e Vendola in primis. Poi quando Rifondazione è diventata il fantasma di quello che era (ed era già molto poco) ... op-là concordano con Diliberto, altra direzione comunista senza masse, la costituzione di un che cosa non si sa.
Insomma, degli imbecilli senza rimedio. Le masse proletarie italiane attenderanno con ansia il loro prossimo passo: quale komintern, quale ulteriore scissione. Sempre nel nome dell'unità dei comunisti. Magari attorno al socialismo del terzo millennio: la Cina di Jintao, con la benedizione di Fidel. Mettiamoci allora anche la Corea del Nord di Kim Jong-il, perché no? Che tristezza...

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