sabato 5 febbraio 2011

LA LOTTA DI CLASSE NON ESISTE PIU'?


Questo refrain lanciato da Emma Marcegaglia e raccolto qua e là da più esimi sostenitori del neoliberismo, è la più sonora mistificazione di quello che sta avvenendo nella società contemporanea. Quello che i rappresentanti più autorevoli di una classe possidente, i capitalisti, vogliono dirci è che la lotta di classe operaia, proletaria non esiste, o comunque non ha più senso.
Non esiste perché la società sarebbe cambiata. Non ha più senso perché l'economia globale pone problemi "oggettivi" come la crisi, la competitività per stare sui mercati, che presuppongono "inevitabilmente" la concertazione.

Nulla di nuovo, ovviamente. E' il vecchio inganno di Menenio Agrippa, che con la parabolina del ventre e delle membra, convinse la plebe lavoratrice a interrompere uno dei primi scioperi che la storia conosca, nell'antica Roma. Ma almeno lui era corretto, identificando nel ventre gli insaziabili appetiti di una classe patrizia. L'inganno dell'era moderna ha molti volti: nazionalismo pro-guerra, interessi generali contro la crisi, ma un unico comune denominatore, ossia l'inutilità e il superamento della lotta di classe, tutti insieme appassionatamente.

Peccato che la lotta di classe esista ancora, eccome. E il primo a farla è proprio il ventre, che i nostro moderni "stomaci de fero" definiscono imprenditoria che lavora. Ma il lavoro per "digerire" è ben diverso dal lavoro per "procacciare cibo". E proprio per mangiare e digerire quantità maggiori di cibo, il ventre ci inventa palle su interessi nazionali anti-crisi, legittima così l'aumento del lavoro delle membra, riduce diritti, peggiora le condizioni di lavoro. Se non è lotta di classe questa.

Il pensiero forte e il suo mainstream mediatico coincidono esattamente con la negazione della propria e altrui lotta di classe. La resistenza FIOM a Pomigliano e Mirafiori diventa riottosità priva di radici, dunque insensata. Stessa logica di chi, come Chiamparino, Fassino e Renzi, accetta la quadra della FIAT spostando gli orizzonti delle possibilità padronali di sfruttamento e lesione dei diritti del lavoro ben oltre quelli dei contratti confindustriali, perché in realtà, si sa, i ceti produttivi di cui parlano i dirigenti PD sono operai e padroni insieme, in ritrovati interessi comuni.

Il nodo è proprio questo. Lo spartiacque. Landini, segretario della FIOM, lo ha bene espresso in una difesa delle condizioni di lavoro, delle regole del contratto e dei diritti sindacali che sono tutt'altro che corporativi. Ma come sindacalista, ovviamente, non entra nella dimensione del "politico". Per questo la lotta sindacale senza una sponda politica, senza un senso politico, una direzione politica del conflitto di fatto è un'anatra zoppa. Qui si torna al Lenin della lotta politica versus i limiti del rivendicazionismo economicista operaio.

Lo spartiacque dicevo, è proprio nella demarcazione tra pensiero debole che accomuna gli italiani tutti, nella migliore delle ipotesi in un "bene comune" informe e per questo ambiguo, e un pensiero forte che riconosce la lotta di classe, questa sì come fatto oggettivo.
Uno spartiacque che attraversa anche la sinistra. Se non si capisce questo, difficilmente sarà possibile ricostruire un soggetto politico.

Il rischio è quello di fare la fine dei gruppi della sinistra radicale che si richiamano al comunismo a parole, ma che di sicuro non hanno saputo ereditare la capacità politica, la tattica, il metodo di lavoro, che ha distinto la tradizione del movimento operaio e comunista italiano. Purtroppo, in questa fatta ci metto anche Rifondazione Comunista.
Basti solo pensare alla limitatezza d'analisi della composizione di classe e delle classi sociali per come sono oggi, che la gran parte delle forze neocomuniste fanno. Una visione ristretta, rimasta all'analisi classica di Marx, con qualche imbellettamento sull'operaio sociale. Una missione altrettanto limitata: difendere il fortino del lavoro salariato e/o dipendente, precario o meno che sia. E basta.

Tuttavia, ripensare ai lineamenti che assume la lotta di classe nei paesi a capitalismo maturo, comprenderne le alleanze sociali possibili in questa congiuntura, è diventata una necessità vitale. Perché di sopravvivenza di una visione alternativa al capitalismo si tratta e di una vitalità politica rivoluzionaria pure.
I mistificatori della lotta classe, o per lomeno, i loro beneficiari sono un coacervo sempre più ristretto di interessi di parte, lobbistici, di casta, i poteri forti di un capitale finanaziario che ha saputo permeare l'intera società con la sua narrazione falsa e drogata.
Di contro c'è una polverizzazione sociale dei soggetti che però oggi può trovare un percorso unitario e un'alternativa comune.

Non c'è solo il lavoro dipendente. Nel precariato e nella subordinazione ci sono anche le piccole realtà produttive e commerciali, il popolo delle partite IVA, il nuovo sfruttamento spacciato per imprenditoria, o l'imprenditoria spacciata per capitalisti.
Se non si fa in fretta a ripensare ai soggetti della lotta di classe a individuarli. Ci sarà poco da fare. Molto poco. Dopo che nulla si è fatto.

Nessun commento:

Posta un commento