martedì 7 dicembre 2010

IL GATTOPARDO




Quando sento un Bersani che dice: dopo Berlusconi disintossicheremo l'Italia, non so se mi viene da ridere o da piangere. Perché come ha detto giustamente Mario Monicelli, il problema dell'Italia è che, a differenza delle altre nazioni, non ha mai avuto una rivoluzione.
Tutto è sempre stato metabolizzato in finti cambiamenti. Tutto è sempre cambiato senza cambiare nulla.
Ditemi cosa cambierà dopo Berlusconi. Ditemelo. Forse una tassazione più equa e giusta, che non faccia chiudere le aziende per debiti da INPS? Forse che i partiti rinunceranno a occupare le pubbliche amministrazioni con le loro cordate di parenti, amici e affini? O al ricco piatto della TAV? O forse avremo investimenti pubblici oculati, senza sperperi? Leveremo dai coglioni quei boiardi accaparratori di stock option nelle grandi opere pubbliche, nelle grandi aziende statali o semi-privatizzate, nei gangli vitali dell'economia nazionale?
Io ne dubito, fortemente.

Sarà molto più probabile un D'Alema bis, un Prodi ter un Fini primo, un Montezufolo che ci suona come il pifferaio di Hamelin, che farà qualche pseudo-riforma palliativo, ma non toccherà mai i privilegi, le posizioni di rendita, le consorterie che vivono alle nostre spalle di cittadini da sempre. Sacche di garantitismo fatte a gironi, dove in basso vivono i dannati che sperano in qualche commessa di rimbalzo, subappaltata da un subappalto.

Questi signori hanno troppe promesse da mantenere, giochi di potere, equilibri da non alterare, anche a sinistra. Non sono credibili come campioni di un cambiamento radicale, autentico.
Prima ho usato la parola "rivoluzione" in modo improprio. Perché se questo stato di cose che ho descritto venisse superato da una classe dirigente onesta, potremmo parlare di un'onesta democrazia borghese. Non certo di una democrazia socialista.

Tutto sommato è questo stato di cose che impedisce il libero sviluppo di una concorrenza non viziata dai monopoli e dalle lobbies, assassinato da gabelle allucinanti per chi fa impresa sul serio. Tutto sommato si tratta solo di non avere un capitale parassitario, che da sempre campa su prebende e incentivi che governi di destra e sinistra hanno elargito, spacciando questo sperpero di danaro pubblico per i soliti noti, come politica di sviluppo economico.

Il debito pubblico è solo una stronzata, una scusa imbecille. Si dovrebbe fare alla Castro, in culo alle banche, non si pagano gli speculatori. Si va prendere d'imperio il danaro dove c'è, si redistribuisce la ricchezza sociale a partire dalle fasce più deboli e invesgtendo su chi fa impresa sul serio, incentivando le piccole e medie imprese, commissariando i grandi carrozzoni del cazzo.

Ma nessuno di questi individui, legati al capitale finanziario da destra come da sinistra avrà mai non il coraggio, ma proprio l'intenzione di avviare una stagione di trasformazioni forti di equilibri sociali, di scelte industriali ed energetiche. Vivranno come sempre alla giornata, raccontandocela. I gattopardi.

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